Adventure playground: più rischiosi, quindi meno pericolosi

Parchi giochi senza altalene o scivoli, ma con buche, barili, chiodi e martelli; forse un incubo per i genitori, ma non per i bambini.

L’ingresso all’Adventure Playground di Berkeley, California. Foto: Rhododendrites (Wikimedia Commons).

Gli adventure playground sono parchi giochi completamente privi dei giochi ai quali siamo abituati, non hanno materiali morbidi, spigoli arrotondati o strutture “sicure” progettate da adulti, ma introducono nell’attività ludica infantile il concetto di rischio controllato, e sembra che ai bambini piacciano più degli altri parchetti. Nascono in Europa nel secondo dopoguerra, ma in tempi recenti stanno diventando un fenomeno di interesse globale.

La storia

Al termine della seconda guerra mondiale l’architetto paesaggista Carl Theodor Sørensen nota che i bambini della sua città, Copenhagen, non frequentavano volentieri gli spazi ludici tradizionali, ma riempivano in compenso siti come cantieri e resti di edifici bombardati. In via del tutto sperimentale Sørensen chiude e mette a disposizione dei bambini un’area non edificata, riempiendola di oggetti come strumenti e materiali da lavoro e permettendo ai bambini di scavare, distruggere, esplorare e costruire il loro proprio spazio di gioco, in maniera completamente autonoma. Il danese battezza questo nuovo concetto di parco giochi skrammellegeplads, in inglese junk playground (in italiano sarebbe parco giochi spazzatura). Sarà poi l’architetto paesaggista inglese e attivista per i diritti dei bambini Marjory Allen a esportare questi spazi prima in Gran Bretagna e poi nel resto del mondo, rinominandoli adventure playground, letteralmente parco giochi avventura.

Gli spazi e gli strumenti

Quando Marjory Allen visita gli Stati Uniti, ne descrive così gli spazi ludici: un paradiso per gli amministratori, un incubo per i bambini. Questi infatti, sostanzialmente costituiti dagli elementi che ancora oggi siamo abituati a vedere in un parco giochi e organizzati alla stessa maniera, presentano ambienti sicuri ma con pochi stimoli, giochi  il cui unico uso viene definito dai progettisti e, generalmente, uno spazio costantemente supervisionabile dagli adulti.
I parchi della Allen, per contro, sono pieni di strumenti e oggetti che invogliano i bambini a decidere autonomamente cosa fare degli spazi a loro disposizione, e prevedono addirittura recinzioni o luoghi di svago dedicati agli adulti: in questo modo viene limitata la possibilità di supervisionare direttamente le attività, lasciando libero spazio alla creatività e all’iniziativa dei bambini.

Il rischio controllato

Il principio che governa gli adventure playground è quello del rischio controllato. In questo contesto il termine rischio ha un’accezione completamente diversa dal termine pericolo; mentre quest’ultimo è solitamente improvviso, imprevedibile e generalmente non controllabile, il primo è noto e in qualche modo gestibile, o perlomeno è governabile il fattore che causa il rischio stesso. Per fare un esempio pratico, nel caso in cui un bambino decidesse di arrampicarsi su un albero definiremmo come pericolo la possibilità che un ramo si spezzi, e come rischio l’altezza stessa dell’albero.
Che un ambiente in presenza di rischio controllato sia più sicuro di un ambiente formalmente in sicurezza sembra un’ipotesi paradossale, ma  si fonda sull’idea che i bambini rispondo positivamente quando vengono trattati “seriamente”: quando viene loro presentata una situazione con una componente di rischio e viene loro permesso di rapportarvisi liberamente tendono a reagire con cautela, mentre in presenza di un ambiente completamente sicuro la tendenza è quella a ricercare il rischio autonomamente e indipendentemente dallo spazio circostante.

Adventure playground o parchi giochi tradizionali?

Oggi i parchi giochi di Sørensen e Allen si possono trovare tanto in California quanto in Giappone o in Germania, e sono sempre più popolari. Vari studi hanno messo a confronto i bambini di città che ospitano adventure parks con bambini che abitano in città con solo parchi tradizionali, e i risultati dicono che i primi sono fisicamente più attivi dei secondi, circa del 18%, oltre che generalmente più creativi. L’esposizione durante l’attività ludica ai rischi controllati, inoltre, produrrebbe bambini con una più alta capacità di individuare e valutare i rischi nella vita reale, e una più alta capacità di problem solving.
In Italia questo genere di spazi ancora non esiste.

Un “junk park” a Governor’s island, New York (Foto da brightthemag.com, licenza Creative Commons).
Un “junk park” a Governor’s island, New York (Foto da brightthemag.com, licenza Creative Commons).