Il Sentiero Valtellina

SPECIALE OUTDOOR – Capitolo 2
Il Sentiero Valtellina, a dispetto del nome che lo farebbe intendere per un utilizzo pedonale, è in realtà un itinerario ciclabile di lunga percorrenza che segue la valle dell’Adda da Bormio fino a Colico. È un vero viaggio nella più grande vallata alpina della Lombardia in un’alternanza continua di ambienti e paesaggi, la dimostrazione di come un fiume, nel suo millenario lavoro erosivo ha saputo costruire un palinsesto di eccezionale bellezza.

(foto F.P. – sport&impianti)

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Un palinsesto che l’uomo, da quando vi si è stabilito nella lontana preistoria, come testimoniano i graffiti sulle rupi di Grosio, ha saputo valorizzare, plasmare e diversificare nelle colture, nei modi di abitare e di vivere. Così che la Valtellina oggi risulta unitaria solo nella morfologia – la classica valle glaciale a ‘U’ come la chiamano i geografi – ma non negli aspetti, che mutano seguendo o risalendo il cammino di fondovalle. Una partizione che ha ragioni storiche – gli antichi Terzieri di Valle – e ovviamente climatiche, ambientali, umane.

Chi percorre la Valtellina in auto raramente si accorge di queste modulazioni. Si muove troppo velocemente in un paesaggio lavorato al cesello che richiede un’osservazione lenta e attenta, ovvero le qualità che sono più consone alla bicicletta o al pedone. Il Sentiero Valtellina ha proprio questo pregio, non indifferente, di dimostrare come un luogo che si è creduto sempre noto sia in realtà un mondo con un’infinità di nuove scoperte e di volti nascosti, pronti a rivelarsi ai vostri occhi.

Dipanandosi lungo l’alveo del fiume, fra le boscaglie e le campagne, il sentiero ha una dimensione prevalentemente naturalistica e già questo potrebbe soddisfare il desiderio di un viaggio a pedali. Ma guardandosi attorno e soprattutto rimirando i versanti della valle ecco che un nuovo senso di curiosità pervade chiunque: un’incredibile tessitura di vigne puntellate alla montagna, declivi di alberi fruttiferi, villaggi di costa distesi sui ripiani glaciali, scenografiche chiese che spuntano dal folto dei castagneti, castelli intatti o magari deperiti ma che anche allo stato di rudere esprimono minaccia e rispetto. Fino ad alzare gli occhi sulle vette, quelle più prossime, meno selvagge, e quelle che occhieggiano per momenti sul fondo delle vallate tributarie, più aspre, alte e torreggianti.

Esiste poi nella Valtellina un paesaggio che non si vede ma si gusta nelle cantine o sulle tavole delle locande. Sono piatti di una cucina sostanziosa, ingiustamente qualificata come ‘povera’ perché di tradizione contadina, e che oggi rivisitata mantiene salde e gelose le proprie qualità. Bastino citare i noti pizzoccheri, cucinati qua e là con lievi ma sempre avvertibili varianti, l’immancabile polenta taragna oppure la sopraffina bresaola, modello alpino di conservazione della carne, i formaggi delle valli del Bitto, le saporose mele, i vini del Sassella, del Grumello e il celebre Sforzato di Valtellina. Un ciclista ha validi motivi per una sosta in ristorante, la necessità di recuperare energie, la Valtellina offre più di una opportunità.

Operante già di diversi anni e quasi risolti gli ultimi problemi di continuità – la connessione di Talamona – il Sentiero Valtellina risulta ben conosciuto e frequentato in valle, ma quasi ignorato al di fuori. In realtà le potenzialità che esso offre sono molto maggiori di quelle di un utilizzo locale. Il Sentiero Valtellina, con le sue possibili connessioni laterali, potrebbe diventare in futuro la chiave di volta di un ‘nuovo’ turismo dolce.

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