Il “Piano Economico Finanziario” nelle operazioni di partenariato pubblico privato

Il piano economico finanziario, sopratutto se supportato dal business plan, è uno strumento di “controllo di gestione” che informa l’azione futura consentendone, con un adeguato monitoraggio, l’analisi degli scostamenti dei risultati ottenuti rispetto ai dati previsionali, utile per adeguare le scelte operative successive.

SPORT CONSULTING PIANO ECONOMICO FINANZIARIO

Iniziamo con questo contributo introduttivo l’analisi di un documento fondamentale nella gestione di impianti sportivi pubblici e privati: il Piano Economico Finanziario.
Sgombriamo subito il campo da due equivoci:

  1. Il Piano Economico Finanziario non è il Business Plan;
  2. Il Piano Economico Finanziario è obbligatorio nelle operazioni di partenariato pubblico privato ma è “utile” in tutte le operazioni di investimento nell’impiantistica sportiva.

In questo e in altri successivi approfondimenti analizzeremo alcuni degli aspetti tecnici per la costruzione di un Piano Economico Finanziario (PEF), enfatizzandone il valore e l’utilità ai fini del “controllo di gestione”, ma prima ancora le criticità di redazione tra cui quelle riguardanti la puntuale e corretta determinazione dei ricavi ed ancor più dei costi di gestione, dell’impatto fiscale connesso anche al soggetto “giuridico” gestore (srl ordinaria, ASD, SSD, società cooperativa), la scelta del tasso di attualizzazione per il calcolo del valore attuale netto, ed altro ancora.

In questa iniziale sede è utile quindi condividere qualche definizione per chiarire i due aspetti “equivoci” con cui abbiamo voluto aprire questa rassegna ed orientarsi così poi nella corretta direzione di lettura.
Innanzi tutto è fondamentale comprendere come il PEF non coincida con il “business plan”. Spesso si indicano l’uno e l’altro come fossero sinonimi.
In modo del tutto semplice, chiariamo che il PEF è uno degli elementi di cui si compone il business plan.
Nella definizione Treccani il business plan è il “documento che definisce obiettivi, strategie, processi, politiche e azioni con orientamento a medio termine e che delinea i risvolti economico-finanziari delle stesse. 
Si compone tipicamente di due parti fondamentali, una di natura prevalentemente descrittiva, volta a delineare il modello di business, e una prettamente numerico-contabile, tesa a verificare la fattibilità economico-finanziaria dello stesso.

La parte descrittiva ha la finalità di introdurre il lettore all’esposizione dei dati economico-finanziari, presentando il business e il suo contesto (analisi competitiva e analisi del prodotto-mercato), le strategie e il posizionamento, l’implementazione del piano operativo.
La parte economico-finanziaria, invece, traduce in cifre i dati raccolti nella prima, disponendoli in una serie di prospetti, atti a favorire la valutazione del progetto.”
Il business plan si utilizza sia per finalità legate alla pianificazione aziendale sia per la comunicazione verso potenziali finanziatori e/o investitori: è quindi il “documento” completo, che anche quando non obbligatoriamente richiesto, come nelle operazioni di partenariato pubblico privato, è comunque il fondamento del “piano economico finanziario”.
In altri termini un “piano economico finanziario” estraneo a (o privo di) una analisi del business, della modalità con cui eseguire quel business, dell’organizzazione necessaria per il conseguimento degli obiettivi, dei processi produttivi, del contesto di mercato e concorrenziale, costituirebbe una pura lezione quantitativa di possibili flussi di “ricavi-costi-entrate-uscite” avulsa però da una possibile sostanziale eseguibilità.

Queste sono le parti di cui normalmente si compone un business plan:

  • Executive Summary;
  • Strategia;
  • Piano di Marketing
  • Piano Gestionale
  • Piano Economico Finanziario;
  • Assetto Societario.

Come si può notare il PEF è solo una parte del business plan ed è la sezione che espone i “numeri” dell’idea imprenditoriale.
Parliamo di “idea imprenditoriale” e di “business” anche pensando alle attività sportive dilettantistiche svolte da enti (associazioni e società) senza scopo di lucro (ASD e SSD).
Non deve trarre in inganno l’assenza della finalità lucrativa di queste organizzazioni: ciò che rileva – e che ci consente di utilizzare le espressioni “business” e “impresa” – è l’esercizio di una attività rivolta alla collettività, al pubblico con l’attenzione all’economicità gestionale ed all’ottenimento di equilibrio economico e finanziario senza il quale l’attività stessa non potrebbe esserci o continuare ad essere.

L’altro equivoco di cui si diceva all’inizio riguarda l’obbligatorietà del PEF.
Il PEF è richiesto quale documento obbligatorio da presentare alla Pubblica Amministrazione, generalmente ai Comuni, in sede di attivazione di una delle procedure di partenariato pubblico privato di cui al D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50 (c.d. “codice dei contratti pubblici”), tra cui il project financing (finanza di progetto, ex art. 183), il leasing in costruendo (locazione finanziaria di opere pubbliche o di pubblica utilità, ex art.187) e più in generale in tutte le procedure citate nell’art. 180 del codice dei contratti pubblici, in cui vi è il richiamo all’art. 165 del codice medesimo riguardo alle “concessioni” per le quali viene sempre prevista la sussistenza di un “piano economico finanziario”.
In altri termini l’affidamento in gestione di un impianto sportivo pubblico da parte della Pubblica Amministrazione concedente al privato concessionario è sempre subordinato alla presentazione alla Pubblica Amministrazione stessa di un Piano Economico Finanziario.
Di contro, riteniamo indiscutibilmente “utile” per qualsiasi soggetto che intendesse gestire un impianto sportivo privato predisporre un business plan con il suo piano economico finanziario al fine di un’analisi completa preventiva della futura gestione. Attenzione però che anche in questi casi la predisposizione quanto meno del piano economico finanziario diventa necessaria quando si dovesse accedere ai finanziamenti bancari, stante appunto la necessità per gli istituti bancari finanziatori dell’analisi economica e finanziaria preventiva del progetto.

Il piano economico finanziario, e ancor di più se supportato dal business plan, diventa inoltre uno strumento di “controllo di gestione” che informa l’azione futura consentendone, con un adeguato monitoraggio, l’analisi degli scostamenti dei risultati ottenuti rispetto ai dati previsionali, utile per adeguare le scelte operative successive. Tutti gli operatori gestori di impianti sportivi in possesso di un PEF iniziale possono in altri termini confrontare i propri risultati conseguiti nei vari esercizi di gestione con il PEF originario per valutare le differenze, in più o in meno, rispetto ai rendimenti previsti, potendo in tal modo intervenire per correggere, adeguare la propria azione o rilevare la correttezza delle previsioni medesime o constatare la prudenza delle previsioni stesse rispetto a risultati maggiormente più lusinghieri ottenuti.

Il PEF si compone dei seguenti tre documenti:

  • Stato patrimoniale;
  • Conto Economico;
  • Rendiconto Finanziario.

Il primo contiene gli elementi patrimoniali e finanziari dell’iniziativa (crediti, debiti, finanziamenti, investimenti); il secondo espone i ricavi e i costi annuali previsionali; il terzo mostra il “perché” al termine di ogni esercizio sussista una determinata giacenza di liquidità, dando come risultato finale appunto la liquidità al termine di ciascun esercizio e rappresentando in quali aree operative dell’attività annuale si è avuta un’entrata di liquidità (o una mancata uscita, come nel caso dei “debiti”) e in quali invece si è rilevata un’uscita di liquidità (o una mancata entrata, come nel caso dei “crediti”).
L’assenza di uno di questi tre documenti priva di significato l’analisi preventiva. Spesso, infatti, si ricorre ad un’analisi previsionale basata sul solo Conto economico, creando così una carenza informativa e programmatica su aspetti rilevanti, tra cui, in particolare, investimenti e liquidità.

Al fine poi di sintetizzare i risultati economici, finanziari e patrimoniali previsionali, il PEF espone anche degli indicatori, tra cui gli indici di rendimento (valore attuale netto) e gli indici di bancabilità (LLCR e DSCR) di cui tratteremo in un successivo approfondimento.
In questa iniziale introduzione di “cornice” del significato e del valore del PEF ci limitiamo ad aggiungere due ultimi aspetti.
Il primo è che se da un lato il soggetto privato (ASD, SSD, Srl ecc.) realizza il PEF per le operazioni di partenariato pubblico privato convenendone le dinamiche con il redattore dello stesso ed ottenendone una sorta di certificazione di qualità delle previsioni esposte grazie all’”asseverazione” obbligatoria richiesta dall’art.183 del codice degli appalti da parte di idonea società di revisione, dall’altro sarebbe vieppiù necessario che anche la Pubblica Amministrazione fosse sempre più in grado di “leggere” il contenuto dei numeri e delle previsioni al fine di un più adeguato riscontro rispetto ai propri obiettivi di pubblico interesse. Ciò anche eventualmente con maggior ricorso a supporti esterni o a momenti formativi ove non sussistessero adeguate qualifiche interne all’Amministrazione in grado di “tradurre” i numeri, benché asseverati, in termini di “coerenza” con gli obiettivi dell’Ammi-nistrazione stessa.

Il secondo è che la redazione del PEF richiede necessariamente competenze plurime e integrate che uniscano sia la conoscenza degli sport da praticare nell’impianto, sia la conoscenza degli aspetti amministrativi e fiscali riguardanti specificamente tre ambiti: l’ambito tributario e specificamente quello di corretta determinazione delle imposte correlate alla gestione (dall’IVA all’IRES e all’IRAP) coerentemente al soggetto giuridico gestore (con evidenti differenze tra società di capitali “pure” e società di capitali senza scopo di lucro e associazioni sportive), l’ambito dei costi di gestione connessi alle utenze (differenziali per le diverse tipologie di impianti: palazzetti, stadi, piscine, palestre, impianti outdoor), l’ambito dei costi del personale (dipendenti, collaboratori, free lance). Il tutto nel bel mezzo della possibile entrata in vigore di due riforme già scritte e non ancora applicabili ma certamente di interesse per gli operatori dello sport: la Riforma del Terzo Settore (D.Lgs. 117/2017) e la Riforma dello Sport (DD. Lgs. 36, 37, 38, 39, 40/2021).
Si rinvia quindi al prossimo approfondimento riguardante l’area dei ricavi di gestione.

(Rubrica a cura di 5ive Sport Consulting)

Donato Foresta è dottore commercialista e revisore contabile, Docente della Scuola Regionale dello Sport del Coni Lombardia, Partner 5ive Sport Consulting Srl e Studio Foresta Rossi Pezzini e Associati.