Olimpiadi e televisione

Con la frammentazione dei diritti televisivi, sulle reti in chiaro poche ore di trasmissione diretta e tante repliche degli highlights.

Lo schermo di RaiPlay durante la cerimonia di apertura delle Olimpiadi.

Alla fine i giapponesi hanno avuto il coraggio, pur contro la maggioranza dell’opinione pubblica nazionale, di dare il via al programma olimpico, vietando però la partecipazione del pubblico.

Una scelta che ha salvato un evento, il quale assume un’importanza storica proprio perché simboleggia la volontà di reagire alle limitazioni imposte dalla pandemia alla vita civile.

La trentaduesima Olimpiade si è trasformata così in un’Olimpiade prettamente televisiva: vero è che pochi di noi avrebbero potuto assistere dal vivo data la lontananza del Giappone, ma le oltre mille medaglie sono state assegnate ai vincitori di gare che tutto il mondo ha potuto seguire solo sugli schermi.

E non è per questo scemato l’interesse del pubblico, che anzi sembra aver atteso più che mai le notizie sulle performance degli atleti del proprio Paese, e gli italiani in particolare ne sono stati premiati.

Per un’Olimpiade prettamente televisiva ci saremmo aspettati dunque una adeguata copertura dei media nazionali.

Invece non è stato facile per gli italiani rimanere costantemente aggiornati, e non solo per il fuso orario che dava il via alle gare alle tre di notte. La battaglia commerciale sui diritti di trasmissione televisiva – che da tempo ha spacchettato spettacoli un tempo fruibili sulle reti nazionali come il calcio e la Formula 1 obbligando i tifosi a stipulare più di un abbonamento per vedere tutto – ha limitato la fruizione in chiaro a 200 ore di trasmissione su Rai2, e senza possibilità di replica in streaming. Tremila ore di trasmissione erano invece garantite tramite alcuni canali a pagamento, che non offrivano però la garanzia di un commento in italiano, specie per gli sport “minori”.

Così, il debutto di nuove discipline, come gli sport urbani o l’arrampicata, che avrebbero avuto in Tokyo un bel trampolino di lancio, è rimasto per lo meno in ombra.

Ma c’è di più: le scarse dirette Rai hanno dovuto cedere impietosamente il passo al rigido palinsesto dei telegiornali, interrompendosi – come è successo, ad esempio con l’oro del salto in alto di Gianmarco Tamberi – per dare spazio alla sigla del TG. E non è un buon servizio per il nostro sport.

Aspettiamo adesso di seguire il palinsesto previsto per le paralimpiadi.