Covid e impianti sportivi: le regole dal 10 gennaio

Con il rapido succedersi dei provvedimenti in tema di contenimento della pandemia, è utile fare il punto sugli obblighi relativi all’uso degli impianti sportivi, penalizzati ancora una volta come fonte potenziale di contagio.

(foto BG/Sport&Impianti)

Nel solo mese di dicembre il Governo e le istituzioni hanno emesso  ben 31 provvedimenti  (decreti, circolari, ordinanze) in tema di pandemia (li ha contati Openpolis, la Fondazione che monitora ed elabora gli open data relativi a fenomeni politici e sociali: il totale dall’inizio dell’emergenza ammonta a 841).

Dal 10 gennaio entrano in vigore le ultime disposizioni, che vanno lette sommando le prescrizioni contenute almeno negli ultimi cinque decreti del Governo, i quali hanno modificato volta a volta i contenuti e la durata del cosiddetto “Green Pass”, i luoghi dove va adottato e quando, oltre a specifiche direttive riguardanti gli impianti sportivi:

Green Pass Rafforzato

Non è la sua definizione giuridica, ma si tratta del certificato rilasciato a chi è vaccinato o è guarito dal Covid: a differenza del Green Pass Base non comprende chi ha effettuato il solo tampone con esito negativo.

La sua durata, fino al 31 gennaio, è di 9 mesi; dal 1 febbraio scende a 6 mesi. Pertanto, dopo la data di scadenza per riottenerlo è necessario subire una nuova dose di vaccino.

Ciò premesso, ecco le attività sportive per le quali è obbligatorio il possesso di un Green Pass Rafforzato in vigore:

  • Per entrare e praticare attività sportiva o motoria si all’aperto che al chiuso in palestre, psicine, centri natatori (compreso l’accesso a spogliatoi e docce).
  • Per  partecipare a sport di squadra in centri e circoli sportivi sia all’aperto che al chiuso.
  • Per praticare sport di contatto al chiuso.
  • Per praticare sport di contatto all’aperto solo se in zona arancione.
  • Per accedere agli impianti di risalita nei comprensori sciistici.
  • Per accedere ai parchi tematici e di divertimento.
  • Per accedere ai centri termali (salvo per le attività terapeutiche o riabilitative)

È sufficiente il Green Pass Base per gli sport di contatto all’aperto in zona bianca o gialla; in zona rossa tutti gli impianti sarebbero comunque chiusi.

Non è richiesto il Green Pass per le attività sportive dei minori di 12 anni; inoltre non è richiesto per praticare attività sportiva e motoria all’aperto, anche presso aree attrezzate e parchi pubblici.

La capienza di stadi e palazzetti.

Premesso che per assistere agli eventi sportivi è sempre richiesto il Green Pass Rafforzato ed è obbligatorio indossare la mascherina Ffp2 (oltre ad essere vietato il consumo di cibi e bevande, cosa che consentiva di prendere qualche boccata d’aria libera), l’ultimo decreto ha nuovamente ridotto, con effetto immediato, la  capienza consentita per gli impianti sportivi.

All’aperto gli impianti possono accogliere il 50% del numero massimo degli spettatori (ma le squadre di Serie A hanno deciso autonomamente di ridurre la capienza dei propri stadi a 5.000 spettatori per i turni del 15 e del 23 gennaio).

Gli impianti al chiuso possono accogliere il 35% del numero massimo di spettatori.

Tutte le misure di cui sopra sono valide – al momento – fino al 31 marzo, data alla quale è  stato prorogato lo stato di emergenza sanitaria; s’intende che, con il rapido mutare della situazione, ogni cosa può cambiare in senso più o meno restrittivo.

A conti fatti

A conti fatti, se è vero che la platea degli italiani che hanno completato il ciclo vaccinale raggiunge l’86,24% della popolazione sopra i 12 anni (fonte report del  Governo aggiornata alla mattina dell’8 gennaio) l’incidenza delle restrizioni sugli accessi agli impianti sportivi non sarebbe drammatica, se non fosse per il meccanismo delle quarantene, che obbligano all’isolamento una platea di cittadini asintomatici, pur dotati di Green Pass, che hanno avuto probabili contatti con soggetti potenzialmente contagiosi.

Mentre continua sicuramente a far danno l’impossibilità, per stadi e palazzetti, di far tornare i conti accogliendo il maggior numero possibile di spettatori.

Certo vediamo crescere nuovamente  la curva di chi si ammala seriamente (ospedalizzazioni) nonostante l’ampia diffusione dei vaccini, ed è quindi difficile contestare la necessità di tenere alta l’attenzione, confidando che il sacrificio sia utile e che venga ulteriormente riconosciuto il giusto ristoro alle attività penalizzate.

Il fallimento Gestisport

È solo per la coincidenza cronologica, che riportiamo esemplificativamente la notizia della chiusura improvvisa del Fitness Center di Merate (Lecco), il cui ampliamento (segno di indiscusso successo) avevamo descritto in questo servizio nel 2018; chiusura avvenuta il 7 gennaio con un provvedimento del Tribunale a seguito del fallimento della società Gestisport, che aveva realizzato l’intervento attraverso una procedura di “leasing costruendo” e che lo gestiva insieme ad altri centri sportivi lombardi.

L’amministratore delegato Paolo Tombini ha dichiarato che la gestione è rimasta vittima del Covid: “per il lockdown e le restrizioni, non abbiamo ricevuto alcun ristoro a differenza delle altre categorie e nonostante gli impianti, specie le piscine, impongano importanti costi, benché chiusi, per essere mantenuti efficienti. Sopra una certa soglia di fatturato pre Covid, alle società come la nostra non è stato riconosciuto nulla dal Governo”.

Oltre ai lavoratori, sportivi e abbonati si sono trovati così, lo scorso 7 gennaio, davanti ai cancelli chiusi. Il Comune di Merate, proprietario delle strutture, che nei due anni di Covid ha compensato con risorse proprie il mancato introito dovuto dalla società (pari a 240.000 euro l’anno), è già impegnato nella ricerca di un nuovo gestore.