Stadi e palazzetti: quando l’acustica è un problema

Dal progetto al collaudo, alcune considerazioni elementari sui tempi di riverberazione negli ambienti sportivi

I Muse in concerto a San Siro il 13 luglio 2019 (foto Oriana Spadaro / IndieZone)

Quando i promotori del “nuovo San Siro” dicono che l’acustica sarà “nettamente migliore” intendono riferirsi al livello sonoro che “inquina” l’ambiente esterno allo stadio stesso, e che ha fatto imporre, da parte del Comune di Milano, limiti alle emissioni durante i concerti e limiti alla durata degli stessi, per non disturbare i residenti.

Tutt’altro problema è invece quello dell’acustica interna all’impianto: a dispetto degli elevati livelli sonori, difficilmente chi ha assistito a concerti a San Siro con la pretesa di godere parole e musica ne è uscito soddisfatto.

Biagio Antonacci a San Siro nel 2014 (dal suo profilo Facebook)
Biagio Antonacci a San Siro nel 2014 (dal suo profilo Facebook)

Due le considerazioni in proposito; 1) chi va ai concerti “da stadio” cerca l’atmosfera, il coinvolgimento dei cinquantamila, e poco gli importa della qualità acustica, tanto più che i cinquantamila spesso cantano tutti insieme soverchiando la voce dell’artista; 2) e comunque, lo stadio è fatto per le partite di calcio e non per i concerti.

Anche del Palalido si è sempre parlato come un luogo dalla pessima acustica: con la pretesa di vederci giocare l’Armani Jeans e di ascoltarvi un comizio di Craxi o una performance dei Rolling Stones (vedi la storia pubblicata qui), è certo che i conti non sono mai tornati. E vedremo con l’Allianz Cloud, che si dice decisamente migliorata, quando qualcuno verrà a farci musica.

Ma il problema – comune a tutti gli impianti sportivi, e in particolare quelli al chiuso o a “catino” – è che le esigenze acustiche sono quasi opposte se pensiamo alle finalità dello sport e piuttosto che dello spettacolo musicale o, peggio, di attività oratorie.

Il collaudo acustico

Il collaudo acustico degli immobili è un’operazione indispensabile per la certificazione acustica di un edificio, che a seguito di specifiche prove potrà essere classificato in una delle quattro classi previste dal DPCM 5/12/97, attuativo della “Legge quadro” 447/95 sull’inquinamento acustico.

Con la pubblicazione della D.G.R. n. 784 del 2018 di Regione Lombardia, nella modulistica standard il tecnico che sottoscrive la richiesta di agibilità deve allegare ”l’attestazione, a firma di un tecnico competente in acustica, del rispetto in opera dei requisiti acustici passivi degli edifici e dei loro componenti”; in Lombardia non basta più quindi l’autocertificazione del direttore lavori, ma serve che un tecnico con specifica abilitazione esegua delle prove acustiche in opera.

Dettaglio della modulistica di Regione Lombardia
Dettaglio della modulistica di Regione Lombardia

Nel citato DPCM vengono precisate le prestazioni che gli edifici devono possedere per ciò che riguarda l’isolamento dai rumori di calpestio, l’isolamento dai rumori esterni, l’isolamento dai rumori tra diverse unità immobiliari e l’isolamento dai rumori di impianti a funzionamento continuo e discontinuo.

Per gli ambienti scolastici e le palestre, come vedremo più avanti, si tiene conto anche del tempo di riverberazione.

Le norme UNI

Le norme tecniche in materia di acustica edilizia, come le UNI-EN della serie 12354 “Valutazioni delle prestazioni acustiche di edifici a partire dalle prestazioni di prodotti”, aggiornate nel 2017, sono utili ai fini del tipo di collaudo sopra richiamato.

La norma di questo gruppo descrive i modelli di calcolo per valutare l’isolamento dal rumore trasmesso per via aerea tra ambienti situati in edifici, utilizzando principalmente i dati misurati che caratterizzano la trasmissione laterale diretta o indiretta da parte degli elementi di edificio e i metodi teorici sulla propagazione sonora negli elementi strutturali.

Altre norme sono indirizzate alle modalità di misurazione dei parametri acustici; fra queste, più interessanti ai nostri fini, le UNI EN ISO 23382, dedicate alla “misurazione dei parametri acustici degli ambienti”, rispettivamente per le sale da spettacolo (parte 11) e per la “misura del tempo di riverberazione negli ambienti ordinari” (parte 2).

Citiamo infine la 11367:2010, “classificazione acustica delle unità immobiliari”: La norma definisce, in riferimento ad alcuni requisiti acustici prestazionali degli edifici, i criteri per la loro misurazione e valutazione, stabilendo su tale base una classificazione acustica (in riferimento ad ognuno dei requisiti), per l’intera unità immobiliare. Sono escluse dalla norma le unità con destinazione d’uso agricola, artigianale e industriale.

Problemi di fisica

Fatto proprio questo bagaglio di nozioni, diciamo chiaramente che la qualità acustica di un ambiente è determinata da quello che si definisce “tempo di riverberazione”.

In un ambiente chiuso le onde sonore raggiungono l’orecchio dell’ascoltatore sia direttamente dalla fonte che di riflesso dalle superfici che delimitano l’ambiente stesso. Ciascun’onda riflessa raggiunge l’orecchio con un certo ritardo rispetto all’onda diretta: il risultato è un prolungamento del suono dopo che il segnale in origine è cessato.

In termini strettamente tecnici, la grandezza che descrive questa caratteristica acustica degli ambienti chiusi è il “tempo di riverberazione”, convenzionalmente il tempo necessario affinché in un ambiente il livello sonoro diminuisca di 60 dB dopo che la sorgente ha smesso di produrre suono (τ60).

Significato convenzionale del "tempo di riverberazione"
Significato convenzionale del “tempo di riverberazione”

Il tempo di riverberazione ottimale per un determinato ambiente è diverso a seconda della funzione che l’ambiente deve svolgere.

Per una sala dove parla un oratore, è necessario un basso tempo di riverberazione, perché il prolungarsi di suoni riflessi impasterebbe la parola rendendola meno intellegibile.

Viceversa, per l’ascolto della musica, il riverbero è contemplato, entro certi limiti, per miscelare e dare corposità ai suoni.

Dunque in un ambiente sportivo qual è il “tempo di riverberazione” ottimale?

Possiamo risalire alla circolare del Ministero dei lavori Pubblici n. 3150 del 1967 che riporta i “Criteri di valutazione e collaudo dei requisiti acustici negli edifici scolastici”, per leggere che “Nelle palestre la media dei tempi di riverberazione non deve superare 2,2 secondi”.

Un’altra fonte, con riferimento questa volta alle piscine, è il noto accordo Governo/Regioni sui “requisiti igienico-sanitari per la costruzione, la manutenzione e la vigilanza delle piscine ad uso natatorio”: qui troviamo che “il tempo di riverberazione, valutato come media su 4 posizioni di misure situate a bordo vasca […], e mediato sulle frequenze di 500-1000-2000 Hz, dovrà essere non superiore a: 2,5 s per le piscine già in attività; 1,8 s per le piscine realizzate successivamente all’entrata in vigore del presente Accordo”.

Napoli, piscina Scandone (ristrutturazione arch. Paolo Pettene)
Napoli, piscina Scandone (ristrutturazione arch. Paolo Pettene)

Regione Lombardia, con la Delibera di Giunta del 17 maggio 2006 n. 2552 prescrive invece che “Nella sezionale delle attività natatorie e di balneazione delle piscine coperte, il tempo di riverberazione non dovrà in nessun punto essere superiore a 1,6 sec”. Lo stesso valore è indicato nel Quaderno INAIL per la salute e la sicurezza dedicato alle piscine (2016).

Riprendendo la norma UNI 11367 citata prima, nell’ambito delle procedure di valutazione e verifica in opera troviamo (in appendice C) che il tempo di riverberazione ottimale, calcolato in media tra le frequenze di 500 e di 1000 Hz, debba essere, per i locali destinati ad attività sportiva, come risultato dell’equazione:

1,27 log(V)-2,49

dove V è il volume dell’ambiente.

Ne consegue un grafico che, sovrapposto ad altre indicazioni valide per locali con diversa funzione, colloca per i nostri ambienti dei valori relativamente elevati (comunque superiori a quelli visti sopra per le piscine), dove si ammette un riverbero certamente significativo e incompatibile con la corretta percezione del parlato.

Tempi di riverberazione ottimali per diversi ambienti. In blu e in nero i grafici ottenuti dalle equazioni suggerite nella norma UNI 11367
Tempi di riverberazione ottimali per diversi ambienti. In blu e in nero i grafici ottenuti dalle equazioni suggerite nella norma UNI 11367

Del resto, la presenza del pubblico che rumoreggia e fa il tifo crea un’atmosfera coinvolgente nella misura in cui l’ambiente risponde “sonoramente”: si pensi che il noto studio di progettazione Populous così dice a proposito del nuovo stadio del Tottenham: “A concert-hall inspired acoustic set-up, which amplifies the noise inside the stadium, will add to the atmosphere and spectator experience”.

Interno dello stadio del Tottenham, Londra (Studio Populous; foto Hufton+Crow)
Interno dello stadio del Tottenham, Londra (Studio Populous; foto Hufton+Crow)

Se la sala sportiva è destinata ad ospitare concerti di musica, il tempo di riverbero potrà essere studiato in modo coerente, valutando un valore ottimale per le due esigenze, allargando comunque lo studio alla verifica di una omogeneità nella distribuzione del suono stesso, onde evitare punti di concentrazione degli echi e punti più “sordi”.

Ambienti con una “cattiva” acustica vengono affrontati, nel caso di un uso musicale occasionale, con un’opportuna distribuzione degli impianti di riproduzione sonora, cosa che però può creare un ulteriore “impasto” dei suoni se non è accuratamente studiata per ogni punto da cui si ascolterà la musica: da qui il difetto lamentato in molti concerti da stadio.

Concerto di Biagio Antonacci a SAn Siro nel 2014. Si notano i diffusori acustici sospesi sopra le tribune
Concerto di Biagio Antonacci a San Siro nel 2014. Si notano i diffusori acustici sospesi sopra le tribune

In definitiva, nelle sale chiuse, dove si vuole porre rimedio a difetti nell’uno o nell’altro senso (aule poco riflettenti per la musica, o troppo rimbombanti per il parlato, oppure palestre dove il rumore è ritenuto eccessivo) in mancanza di una corretta progettazione acustica in origine, si dovrà studiare la “risposta” dell’ambiente e dotarlo di correttivi opportunamente studiati per l’assorbimento (pannelli fonosassorbenti) o per il reindirizzamento del suono (pannelli diffrattori o diffusori).