Statistiche e mercato – Padel: crescono i campi indoor

(Prima parte) – Prosegue l’analisi di mercato a cura di O&B – Osservatorio e Business sul mondo del padel: in questo intervento si inquadrano le condizioni che portano alla scelta di coprire i campi d padel sia al nord che al sud Italia.

Pubblicazione cartacea su: Tsport 350
I campi coperti del Seven Padel Village di Siracusa (copertura Ecover, da Tsport 340).

La crescita del Padel, in tutte le dimensioni – campi, centri e numero di praticanti – fa emergere sempre più la consapevolezza della necessità di strutture indoor. Come abbiamo accennato nella rubrica su Tsport 349, la maggiore cultura legata a questo gioco particolarmente “sui generis” porta a due considerazioni, una tecnica ed una di marketing. Entrambe in stretta relazione.

  • La considerazione tecnica è dovuta al fatto che qui dobbiamo avere asciutti non solo il fondo (manto sintetico), ma anche le pareti di vetro. Diversamente la palla si inzuppa e le pareti, anche solo umide, riducono il rimbalzo. Ancora, i colpi giocati con braccio sopra la spalla sono molto più frequenti che nel tennis (ad esempio: globo, vibora, bandeja, smatch). Giocati quindi “con naso all’insù”: anche la presenza del sole diventa un fatto di cui tener conto.
  • Dal punto di vista del marketing, bisogna garantire all’utenza un servizio costante: in quattro le partite non sono facili da organizzare e diventa molto spiacevole doverle poi disdire per impraticabilità del campo o, ancor peggio, rimanere incerti sino all’ultimo per capire se, dopo la pioggia (o una forte rugiada mattutina), si potrà giocare.

A queste due considerazioni se ne aggiunge una terza, altrettanto importante, quella economica. È questa che analizziamo in dettaglio nelle due puntate in cui si articola questo intervento: per dimostrare quanto sia più vantaggioso prevedere un campo da padel al coperto piuttosto che all’aperto.

Su questo aspetto vi è una crescente consapevolezza. Sono infatti in sensibile crescita i campi indoor, sia in assoluto che in percentuale; nei nuovi centri in costruzione ma anche in quelli esistenti, dove si coprono quelli costruiti in precedenza (tab.1).

I campi indoor crescono (totale Italia), rispetto all’anno precedente, di oltre 1/3 in più di quelli all’aperto, quasi il 70% rispetto al 40%. Le principali regioni (sopra ai 5 milioni di abitanti) ne concentrano quasi l’80% del totale (1790 a fine ‘22) con una crescita del 34% e una prevalenza di questi nel Centro Nord.

In quali strutture i campi indoor e quali le loro tipologie

I campi coperti sono distribuiti in tre tipologie di strutture: si stima che poco meno del 20% siano in capannoni di ex destinazione industriale, il 50% in tensostrutture e poco più del 30% in coperture pressostatiche.

I numeri della tabella 2 confermano un falso luogo comune: “i campi si coprono solo al nord“, per un evidente peggior clima.

Teoria non dimostrata, ma confermata quale condizionamento, ancor più evidente se notiamo che 4 regioni del nord concentrano la metà dei campi coperti totali nazionali. Sino ad arrivare alla situazione più virtuosa, la provincia di Milano, con 4/5 di campi coperti.

Il nostro Osservatorio (O&B), in collaborazione con il Centro Studi, ha approfondito questo aspetto, da un punto di vista prettamente economico.

Le regioni sui diversi paralleli sono così davvero meteorologicamente diverse?

La risposta è no! Perlomeno per le considerazioni che riguardano la nostra analisi.

Per proseguire dobbiamo qui porci una domanda: quali le cause che rendono inagibile un campo all’aperto?  Possiamo condividere che sono tre, di cui due in “alternativa” tra le diverse regioni del nord e del sud, quali il freddo d’inverno nelle prime e il caldo torrido in estate nelle seconde. La terza invece è trasversale: la pioggia! Implicazione maggiore, in termini percentuali, quale causa di inagibilità di un campo all’aperto.

Come ci dimostra l’analisi dei dati pubblicati dal Ministero dell’Agricoltura (Servizio Agrometeorologico, ultimi 10 anni disponibili), la piovosità da regione a regione e da città a città, tra nord e sud, è molto più omogenea di quanto potremmo, a priori, immaginare.

Ma per di più occorre considerare che la piovosità non viene misurata solo come quantità (millimetri nell’unità di tempo) ma anche come frequenza (numero di giorni con pioggia).

La tabella 3 ci mostra anche che, a fronte di una media nazionale di 765 mm annui, le regioni del sud scendono poco sotto la media, con la sola Sardegna sensibilmente più asciutta.

Una relativa omogeneità confermata dai dati di frequenza (nel grafico riportato qui sopra, uno spaccato sulle principali città italiane), dove l’aggregato delle città del Nord presenta una media di 94 giorni, identica a quella delle regioni del Centro ed appena superiore a quella del sud (88 giorni).

Pertanto, se la pioggia è la principale causa di inagibilità di un campo e la stessa accomuna il Sud al Nord, i campi andrebbero coperti anche al Sud. 

Certo, mentre scriviamo possiamo constatare la significativa minor piovosità degli ultimi due anni, su tutto il territorio nazionale: tuttavia, considerazioni di ampio respiro, ci portano a valutazioni su un arco temporale più esteso.

Nella seconda parte di questa rubrica, che uscirà su Tsport 351, passeremo da queste considerazioni alla valutazione economica.