Un concept per il playground Covid-free

Un playground ispirato dalla natura, un luogo dove i bambini possono giocare e parlarsi senza rischio di contagio e senza, al contempo, perdere il divertimento: questo è Rimbin, progetto di Martin Binder e Claudio Rimmele.

A causa della pandemia globale, i bambini hanno dovuto rinunciare per molto tempo a frequentare i parchi all’aperto e, anche ora che sono stati riaperti e sono tornati accessibili, giocare insieme può non essere così rilassante e senza rischi per la salute. Eppure, il gioco per i bambini è fondamentale, così come la possibilità di stare insieme ai loro pari.
Tentando di creare uno spazio protetto che al contempo permetta l’interazione, il designer berlinese Martin Binder, insieme allo psicologo Claudio Rimmele, ha sviluppato il concept del playground Rimbin: il nome è composto da Rim = angolo e Bin = contenitore e descrive perfettamente le aree gioco del parco, un luogo dove parlare e giocare al sicuro. Il nome è anche un neologismo realizzato con le prime sillabe del cognome dei due inventori.

Rimbin, il parco che pensa ai bambini

Si tratta di un luogo dove i bambini possono giocare, parlare e ridere insieme, senza rischiare di contagiarsi con il virus e senza perdere il divetimento del gioco. Sono 6 i principi che ispirano il parco: ogni bambino ha la sua area gioco, ci sono accessi individuali all’area , i bambini si possono vedere tra loro, i bambini possono comunicare tra loro, i bambini possono essere sorvegliati dai parenti, i bambini possono giocare a diversi giochi a distanza di sicurezza.


A Rimbin ogni bambino ha la propria piattaforma di gioco, con un percorso che porta a ciascuna e ingressi separati: quando un’area è occupata, lo si può vedere dal cancello di accesso. Siccome le singole aree offrono sufficiente spazio, i bambini di una stessa famiglia possono utilizzarle insieme. Il concetto modulare di Rimbin permette di adattare il numero delle aree di gioco al volume dei frequentatori previsto per il parco giochi.
Tra le piattaforme i bambini si parlano con tubi in grado di trasportare la voce da una parte all’altra del parco giochi, e sono disponibili opzioni di gioco interattive come altalene e altri giochi fisici.

Ricerca e sviluppo

Il concetto da cui i ricercatori sono partiti è che il parco giochi non può essere un ambiente asettico: hanno pensato a un anti-parco, per identificare problematiche e punti di debolezza. Nell’anti-playground è garantita la sicurezza ma non è divertente giocare, non ci sono esperienze interattive.
Per scoprire le aspettative dei genitori e dei bambini, sono state condotte interviste telefoniche nelle quali gli intervistati descrivevano la vita di ogni giorno nei periodi di restrizione. Per molti genitori la soluzione era chiaramente offrire ai bambini maggiori opportunità di gioco all’aria aperta.


Parte della fase di ricerca e sviluppo è stata relativa a forme e materiali.
Per i due inventori, la natura è un luogo dove fermarsi e un luogo di ispirazione: le aree gioco di Rimbin sono state così basate sulla forma delle foglie di ninfee dei fiumi dell’Amazzonia, piante che hanno da sempre affascinato l’uomo. Per dimostrare la loro capacità di trasporto, il botanico Joseph Baxton posizionò sua figlia sulla foglia di una ninfea gigante nel 1849! L’area gioco Rimbin nasce con l’obiettivo di essere stabile e sicura come quelle foglie.

La visione

Lo scopo di Rimbin è sviluppare un’area gioco concettuale che permetta ai bambini di continuare a giocare e divertirsi anche dopo la pandemia.
I bisogni dei bambini sono al centro dell’attenzione e il concetto incoraggia il ripensamento dei parchi gioco nelle città, in modo che rimangano aperti in situazioni comparabili a quella attuale, legata al Covid 19. Se Rimbin, come concetto olistico, diventa realtà, gli elementi individuali possono essere usati in spazi pubblici come stazioni di gioco individuali, espandendo il concetto in modalità modulare.