Il difficile rebus della mobilità sostenibile

Torniamo su quello che si può fare per incentivare l’uso della bicicletta, senza dimenticare i veri numeri del pendolarismo lavorativo e scolastico.

Milano, corso Buenos Aires (foto Tomaso Grillini)

Favorire la mobilità sostenibile, ovvero l’uso della bicicletta e dei più recenti mezzi a due ruote (o anche una!) oggi riconosciuti dal Codice della Strada, è un obiettivo meritorio dei piani strategici comunali, e lo è anche per Milano (abbiamo parlato in questo articolo del piano “Strade Aperte”).

Corso Buenos Aires

Il primo intervento, che unisce il centro di Milano al confine di Sesto San Giovanni attraverso corso Buenos Aires e viale Monza, prosegue rapidamente, essendo basato essenzialmente sulla segnaletica orizzontale, senza modifiche fisiche alla sede stradale e ai marciapiedi.

Mano a mano che le attività lavorative riprendono dopo il lockdown sanitario, il traffico automobilistico aumenta, anche a causa delle limitazioni poste all’affollamento dei mezzi pubblici. Quando l’intero tracciato di questa nuova viabilità avrà drasticamente ridotto la carreggiata utile agli autoveicoli, si potrà valutare l’impatto sulla congestione del traffico, in vista della riapertura autunnale di tutte le attività, scuole comprese. In questa gallery, la pista di Corso Buenos Aires il 1 giugno.

I numeri del pendolarismo

L’ultima analisi completa sul pendolarismo che gravita su Milano è stata effettuata con i dati del censimento 2011 (trovi qui il report completo).

Sono numeri, oltre che vecchi di nove anni, non pienamente rispondenti ai fini della stima di quanti pendolari si muovono da e verso la città: rispondono infatti alla domanda “qual è il mezzo adoperato per il tragitto più lungo” del vostro spostamento. Avremo pertanto il numero di quanti si spostano, ma per ciascuno sarà conteggiato un solo mezzo di trasporto.

Se nel 2011 gli spostamenti quotidiani verso la città risultavano di 475.140 persone, delle quali 141.686 effettuavano “il tragitto più lungo” in treno, nello stesso anno Trenord (che gestisce il trasporto ferroviario locale) rilevava circa 650.000 utenti giornalieri: considerato andata e ritorno, e detratto il pendolarismo in uscita da Milano e fra altre città servite dalla rete, il numero di passeggeri su treno risulta comunque almeno doppio rispetto ai dati del censimento. Infatti, solo il 41% dei viaggiatori usa il treno come unico mezzo per muoversi: il 31% usa anche l’auto (prima della partenza), il 42% la metropolitana o altro mezzo pubblico (una volta sceso dal treno). Questi dati si ricavano dal bilancio 2018 di Trenord (qui la versione sintetica), da cui si evince anche che tra il 2011 e il 2018 l’uso delle ferrovie locali è aumentato del 23%, raggiungendo la cifra di 802.000 utenti medi giornalieri nei giorni feriali.

Qualche altro dato da mettere sul tavolo: sempre con riferimento al censimento 2011, i movimenti di persone all’interno di Milano sfiorano i 2 milioni quotidiani, considerato che ai pendolari si aggiungono i residenti che si muovono anch’essi per studio o per lavoro.

Se questi ultimi si spostano già in qualche misura a piedi o in bicicletta, abbiamo ancora 60.000 studenti che usano i mezzi pubblici per spostarsi dentro la città, in aggiunta ai 30.000 che li usano provenendo dall’esterno.

Gli incentivi alla mobilità sostenibile

Il piano “Strade Aperte” ha la volontà di adattare la viabilità urbana a un più sicuro uso della mobilità alternativa, con l’intento di incentivare quest’ultima nelle abitudini dei cittadini. In una fase, post-Covid, in cui la disponibilità dei posti sui mezzi di trasporto pubblici è dimezzata per poter consentire il distanziamento tra individui, leggiamo che “la sfida è intercettare nei parcheggi scambiatori e presso le stazioni le quote di mobilità precedentemente assorbite dal trasporto pubblico evitando che proseguano verso i centri cittadini, offrendo dei corridoi e una Rete di Mobilità d’Emergenza dedicati ai motocicli, biciclette e micromobilità”.

I numeri che abbiamo visto sopra fanno pensare: finché non potrà Trenord convogliare ancora 400.000 utenti causa il distanziamento, quelli “rimasti a terra” dovranno necessariamente usare l’auto privata per le lunghe percorrenze. Ai parcheggi di interscambio, gli uni (arrivati in treno) e gli atri (arrivati in auto) troveranno linee metropolitane dimezzate anch’esse nella capacità di trasporto.

Potranno tutti costoro dotarsi di biciclette, monopattini, o altro mezzo alternativo?

Una notizia di pochi giorni fa va in controtendenza: Trenord ha dovuto vietare il trasporto delle biciclette sui suoi treni perché centinaia di riders metropolitani, dopo la fine del lockdown, hanno intasato i vagoni con le loro biciclette “rendendo impossibile il rispetto delle regole”. Di norma è consentito un massimo di 5 biciclette per vagone.

Ricordando che le scuole sono tuttora chiuse, e che i pendolari per motivi di studio sono comunque il 20% del totale, a settembre bisognerà necessariamente fare i conti con i veri numeri della mobilità.

L’articolo 229 del Decreto Rilancio

Quando abbiamo parlato del Decreto-Legge n. 34 del 19 maggio scorso (in questo articolo) ci siamo soffermati sugli aiuti alle imprese e ai lavoratori dello sport. Ma un articolo – il 229 – è dedicato espressamente alle “misure per incentivare la mobilità sostenibile” .

Due sono i provvedimenti ivi contenuti.

Il primo istituisce il “buono mobilità” in favore dei residenti maggiorenni nei capoluoghi di regione, delle città metropolitane, nei capoluoghi di Provincia e nei Comuni con popolazione superiore a 40.000 abitanti, pari al 60% della spesa sostenuta per l’acquisto di biciclette, anche a pedalata assistita, nonché di veicoli per la mobilità personale a propulsione prevalentemente elettrica, ovvero per l’utilizzo dei servizi di bike sharing. A questo si aggiunge un buono per la rottamazione di veicoli fino alla classe Euro 3, da utilizzare per l’acquisto di abbonamenti al trasporto pubblico locale o per l’acquisto di mezzi come sopra descritti, riservato ai residenti nei Comuni interessati dalle procedure di infrazione comunitaria per il superamento delle soglie di inquinamento atmosferico.

Il secondo provvedimento introduce alcune modifiche al regolamento attuativo del Codice della Strada: in particolare, definisce due nuovi termini, cui corrispondono modalità di intervento sulla carreggiata: la “Corsia ciclabile” (parte longitudinale della carreggiata, posta a destra, delimitata mediante una striscia bianca discontinua, valicabile e ad uso promiscuo, idonea a permettere la circolazione sulle strade urbane dei velocipedi nello stesso senso di marcia degli altri veicoli); e la “Casa avanzata”, già in uso all’estero dove è nota come “Advanced Stop Line”, ma da noi del tutto sconosciuta perché finora non prevista dal Codice.

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Istruzioni per il disegno di una Advanced Stop Line per ciclisti, a cura del Dipartimento dei Trasporti britannico. In basso, due esempi europei tratti dal documento “Strade Aperte” del Comune di Milano.

La “Casa Avanzata”, linee e colori sull’asfalto

Il Decreto-Legge prosegue con una modifica all’articolo 182 del Codice, dedicato alla “circolazione dei velocipedi”, con la quale viene descritto come va realizzata la “Casa avanzata”:

Nelle intersezioni semaforizzate, sulla base di apposita ordinanza adottata ai sensi dell’articolo 7, comma 1, previa valutazione delle condizioni di sicurezza, sulla soglia dell’intersezione può essere realizzata la casa avanzata, estesa a tutta la larghezza della carreggiata o della semicarreggiata. La casa avanzata può essere realizzata lungo le strade con velocità consentita inferiore o uguale a 50 km/h, anche se fornite di più corsie per senso di marcia, ed è posta a una distanza pari almeno a 3 metri rispetto alla linea di arresto stabilita per il flusso veicolare. L’area delimitata è accessibile attraverso una corsia di lunghezza pari almeno a 5 metri riservata alle biciclette, situata sul lato destro in prossimità dell’intersezione”.

Consentire ai ciclisti di porsi al semaforo “davanti” agli altri veicoli ha lo scopo di favorire la loro svolta a sinistra alla ripartenza, oltre al vantaggio di porre i ciclisti in piena visibilità anziché rimanere nell’”angolo morto” con conseguente rischio di non essere percepiti dall’automobilista che volesse svoltare, a sua volta, a destra.

Nel Regno Unito la Advanced Stop Line è regolamentata sin dal 1993 (si vedano i documenti informativi del Dipartimento dei Trasporti britannico TAL-8/93 e TAL-5/96). Vi sono valutati i rischi e i vantaggi di questa soluzione, raccomandando una attenta progettazione in funzione dell’entità e delle caratteristiche del traffico: dimensioni inadeguate della “casa avanzata” potrebbero infatti mettere in soggezione i ciclisti incalzati dai veicoli alle loro spalle, o disincentivarli dall’uso appropriato degli spazi a loro riservati.

Particolarmente raccomandata, oltre al corretto dimensionamento, è la colorazione differenziata del fondo stradale, in modo che l’individuazione della corsia non sia affidata solo all’ideogramma della bicicletta, ma risulti evidente in ogni condizione all’automobilista.