Il Piano Strade Aperte: Milano e la bicicletta, parliamone

Tra l’emergenza e il “nuovo ordinario”, l’urbanistica milanese passa attraverso gli interventi di facile attuazione a favore delle due ruote disegnati nel piano pubblicato a fine aprile, e già in corso di realizzazione.

(Foto Tomaso Grillini)

Il piano Strade Aperte, pubblicato dal Comune di Milano insieme alla propria Agenzia Mobilità Ambiente Territorio (AMAT) con il sopratitolo “Milano 2020. Strategia di adattamento” e il sottotitolo “Strategie, azioni e strumenti per la ciclabilità e la pedonabilità, a garanzia delle misure di distanziamento negli spostamenti urbani e per una mobilità sostenibile”, nasce in relazione all’emergenza post-virus ma vuole guardare anche più avanti.

Considerazioni

Prima di addentrarci nel Piano, facciamo qualche considerazione generale.

Fino a ieri (o almeno fino al 21 febbraio) la parola d’ordine era: usate i mezzi pubblici. Oggi, in presenza del rischio contagio, l’uso dei mezzi pubblici è disincentivato: ma non è certo pensabile che tutta la mobilità vada a ricadere sul mezzo privato. La riapertura delle attività nel corso del mese di maggio non ha visto un aumento eccessivo dell’uno o dell’altro strumento di trasporto: si deve tuttavia pensare che non sono attive le scuole, e molti lavoratori sono ancora in smart working o in cassa integrazione.

Nelle strade di Milano durante il lockdown (Foto Tomaso Grillini)
Nelle strade di Milano durante il lockdown (Foto Tomaso Grillini)

Cosa succederà aprendo tutto alla normalità?

Il piano Strade Aperte aspira a implementare l’uso della bicicletta (in coerenza anche con la messa a disposizione di risorse economiche governative per l’acquisto di mezzi a due ruote, il “bonus bici”).

Ma se è vero che la città ha bisogno di essere adeguata, come urbanistica, ad una mobilità più sostenibile, non è certo pensabile che in condizioni di vita “normali” questo diventi il mezzo di trasporto privilegiato: l’uso dell’auto privata (almeno a partire dalle stazioni di interscambio fuori città) dovrà essere sostituito da una rete di trasporti pubblici capillare ed efficiente. In bicicletta si potrà spostare chi vive già in città, e chi vuole passeggiare nel week-end.

Limitiamo perciò realisticamente alla fase emergenziale le “strade aperte”, o comunque, se saremo in grado di renderle strutturali, prevediamo di affiancarle all’implementazione dell’efficienza dei mezzi pubblici di trasporto, in superficie o in metropolitana. Allo stato attuale delle reti, un sistema di piste ciclabili dipinte sull’asfalto, quando il lockdown sarà veramente finito, non sarà quello che inaugurerà “un nuovo stile di vita”.

Gli obiettivi dichiarati

Partendo dalla necessità di non affollare i mezzi di trasporto pubblici, e di evitare nel contempo l’esplosione del trasporto privato su gomma, si intende “incentivare l’uso della mobilità attiva” attraverso lo sviluppo di una rete di spazi dedicati per ciclisti e pedoni.

Con ancor più lungimiranza, si ritiene che la crisi sanitaria possa “essere l’occasione per ripensare e riorganizzare le strade come spazi pubblici alla scala umana e al centro della vita dei quartieri”.

La riduzione del traffico urbano causata dal lockdown permette oggi di sperimentare le soluzioni prescelte riducendo al minimo i disagi sulla circolazione; le soluzioni di adattamento devono essere leggere ed economiche, veloci e reversibili, e potranno essere eventualmente consolidate nel tempo se risulteranno efficaci, accelerando la transizione verso un contesto già pianificato in epoca ante-covid, orientato alla mobilità “sostenibile”.

La filosofia proposta fa riferimento al concetto della vita di quartiere dove tutti i servizi saranno a 15 minuti di distanza. Il piano esemplifica l’attuazione di progetti pilota nelle zone Lazzaretto e Isola, con  interventi di temporanea pedonalizzazione di alcune strade, allargamento dei marciapiedi, istituzione di zone 30, posa di dehors: al Lazzaretto saranno temporaneamente pedonalizzate via Lecco, largo Bellintani e via Benedetto Marcello, all’Isola verrà pedonalizzata via Toce e trasformata in una playstreet per il gioco dei bambini in connessione con le aree verdi di fronte alla scuola e quelle del giardino Bruno Munari.

Il precedente del programma Piazze Aperte

In effetti, sin dal settembre 2018 il Comune di Milano ha lanciato un programma definito di “urbanistica tattica”, consistente nella creazione di nuovi spazi pubblici al posto di strade o intersezioni ridondanti, con soluzioni temporanee e reversibili. Il programma, denominato Piazze Aperte, ha consentito di sperimentare allargamenti di marciapiede o la creazione di piste ciclabili usando la sola segnaletica orizzontale o la collocazione di dissuasori.

Questa gallery è tratta dal documento “Strade Aperte”:

Le ciclabili di emergenza

Il Comune di Milano è già dotato di un Piano Urbano della Mobilità Sostenibile (PUMS), il cui ultimo aggiornamento è del dicembre 2018, il quale disegna una rete di itinerari ciclabili sia circolari che radiali, integrati con zone a traffico 30 km/h.

Poiché un conto è pianificare e un conto attuare, i primi lavori per realizzare interventi a potenziamento della rete ciclabile in coerenza col PUMS erano programmati a partire dal 2020-2021.

L’occasione dell’emergenza ha portato alla decisione di realizzare, tra maggio e dicembre di quest’anno, 35 km di nuovi percorsi ciclabili, di cui 22 già entro l’estate. Parallelamente, si realizzerebbero alcune delle “zone 30” ipotizzate dal PUMS.

Il sistema di piste ciclabili previsto dal PUMS.
Il sistema di piste ciclabili previsto dal PUMS.

Gli interventi, come si è detto, sono di facile attuazione. Quelli che verranno realizzati in questa fase di emergenza sono, per la bicicletta: l’individuazione di itinerari ciclabili di emergenza in sola segnaletica lungo le principali direttrici radiali e circolari della città; la connessione dei tratti di ciclabilità esistente, attraverso la realizzazione di nuovi itinerari alternando segnaletica e leggeri interventi strutturali di ausilio alla sicurezza oltre che finalizzati a riqualificazione e depavimentazione; l’individuazione di itinerari a velocità limitata prevalentemente lungo i controviali delle principali radiali e circolari; l’aumento delle zone dove può essere garantita in sicurezza la promiscuità degli autoveicoli con biciclette e pedoni, quali le zone 30 e le strade condivise, con maggiore sicurezza qualità dello spazio urbano.

Ci sono inoltre alcune opzioni che richiedono modifiche al Codice della Strada: fra queste, l’attestamento avanzato della bicicletta ai semafori, la pista ciclabile tra il marciapiede e la sosta delle auto, e la pista ciclabile all’esterno della sosta, tra questa e la corsia veicolare (tutte soluzioni che presentano qualche problema di sicurezza).

Attestamento avanzato delle biciclette ai semafori, in alcune esperienze all'estero (dal documento Strade aperte).
Attestamento avanzato delle biciclette ai semafori, in alcune esperienze all’estero (dal documento Strade Aperte).

Gli interventi previsti a favore dei pedoni, invece, sono: ampliare i percorsi pedonali con allargamenti di marciapiedi, laddove si individuano spazi ridotti (in particolare alle intersezioni) anche con interventi non strutturali, adeguando la città alle misure di distanziamento fisico con individuazione di percorsi “protetti” per le esigenze della popolazione più fragile; aumentare la dotazione di spazio pubblico, in maniera sperimentale e temporanea, a integrazione dei parchi, prevedendo pedonalizzazioni temporanee diffuse nei quartieri con minor offerta di verde per permettere il gioco e l’attività fisica dei bambini (Play Streets); creare nuovi spazi pedonali sviluppando interventi leggeri di urbanistica tattica (Piazze Aperte); facilitare la possibilità di posare tavolini per bar e ristoranti o svolgere attività all’aperto sulle aree di sosta (parklet) ai fini di recuperare parte della capienza persa all’interno col distanziamento.

I primi interventi

Il primo degli interventi, già partito, riguarda l’asse, di 6,7 km, che va da Piazza San Babila a Sesto Marelli attraverso Corso Venezia, corso Buenos Aires e viale Monza.

Fino al 24 maggio sono stati realizzati 1.600 metri in Corso Venezia: il primo giorno di apertura di uffici e negozi (il 18 maggio), pur con traffico veicolare pari al 255 del normale, si sono creati subito ingorghi, in particolare alle intersezioni (piazza Oberdan); nella prima settimana si sono contati comunque circa 5.000 passaggi di biciclette al giorno. Per la percorrenza di Corso Buenos Aires sarà necessario dimezzare le corsie dedicate alle auto.

Gli altri interventi previsti comprendono due monconi di pista in zona Bande Nere e in zona Isola. Inoltre diventeranno Zone 30 i controviali di alcune radianti che entrano in città (Fulvio Testi, viale Certosa, Famagosta) e la circolare Romagna-Molise-Campania.

A scuole chiuse, e in vista dell’estate, ci sarà modo di sperimentare le soluzioni senza troppe difficoltà; se il virus ci darà tregua, e le scuole a settembre riapriranno, sarà allora il momento di decidere come veramente l’urbanistica – questa urbanistica – potrà essere d’aiuto alla città.