Lo storytelling sportivo entra nei piani di formazione delle aziende: il Rugby metafora del valore della diversity. Ma sulla parità retributiva tra atleti e atlete il traguardo appare ancora lontano.
Sport, diversity & inclusion: la cultura sportiva educa all’inclusione

(foto Getty Images)
Negli ultimi anni, si sta consolidando nelle aziende più strutturate l’attenzione alle tematiche Diversity, Equity and Inclusion (DE&I). All’interno della funzione Risorse Umane, si identificano sempre più frequentemente figure dedicate alla DE&I, e assistiamo alla vera e propria nascita di una nuova famiglia professionale certificata: i DE&I professionals, capaci di sviluppare iniziative di formazione, ascolto e ingaggio della popolazione aziendale sui temi dell’inclusione.
La diversità viene affrontata nelle sue molteplici sfaccettature: dalle tematiche di genere, alla disabilità, al confronto intergenerazionale o tra etnie, solo per citare gli aspetti più ricorrenti. Tra le varie best practice internazionali indirizzate alla gestione delle risorse umane, la ISO 30415 sulla Diversity & Inclusion – pubblicata nel 2021 – rappresenta un punto di riferimento per le organizzazioni pubbliche e private. Le realtà che scelgono di applicare la ISO 30415 al proprio interno e nelle relazioni con gli stakeholder devono innanzitutto coltivare una cultura inclusiva: nei piani di comunicazione e formazione interna si moltiplicano quindi i momenti dedicati alla promozione di una cultura inclusiva, coinvolgendo top e middle management o addirittura interessando tutta la popolazione aziendale, nella consapevolezza che un ambiente di lavoro inclusivo accresca il benessere, la fidelizzazione dei dipendenti e, ultimo ma non meno importante, impatti positivamente sul business.


Alla ricerca di uno storytelling efficace sui temi DE&I, molti formatori e consulenti ricorrono all’esperienza del mondo sportivo. In particolare, il Rugby si offre come una splendida rappresentazione del valore della diversità: è solo grazie alle differenti fisicità e attitudini che una squadra riesce a esprimersi al meglio in campo, ed è l’affiatamento e la sinergia tra atleti diversi che permette di fare meta.
Il Rugby è inoltre portatore di valori quali lealtà, solidarietà, osservanza delle regole, socializzazione, sostegno reciproco ai compagni, rispetto dell’avversario, dell’arbitro e del risultato. Sono tutti messaggi che, una volta interiorizzati, aiutano ogni persona a crescere e a relazionarsi anche all’interno del mondo del lavoro.
Il carattere inclusivo dello sport trova la sua perfetta rappresentazione nelle Paralimpiadi. I giochi paralimpici non sono solo una celebrazione della diversità, ma rappresentano un’affermazione del diritto alla partecipazione per tutti, indipendentemente dalle capacità fisiche. Le atlete e gli atleti impegnati nelle Paralimpiadi esprimono coraggio, determinazione e talento, abbattendo gli stereotipi che associano la disabilità alla fragilità.
In questo contesto, fioriscono partnership e sponsorship che associano il brand activism aziendale alla testimonianza di un/una atleta attorno a temi ambientali o sociali. Tra questi ultimi, spicca per attualità e vivacità il dibattito sulla parità di genere, alimentato anche dalla crescita vertiginosa delle aziende certificate ai sensi della UNI/PdR 125 sulla gender equality.
Anche su questo aspetto, lo sport può fornire uno straordinario contributo: pensiamo all’importanza delle voci di atlete che, forti del loro percorso sportivo, incoraggino le ragazze a seguire le proprie inclinazioni, liberandosi dai condizionamenti e dai pregiudizi.


Tuttavia, se concentriamo l’attenzione sul tema della (dis)parità retributiva, la “partita” si rivela ancora aperta e sbilanciata, con un significativo divario tra atleti e atlete, per cause storiche e contingenti: tra queste, i minori investimenti e la ridotta copertura mediatica in relazione agli eventi sportivi femminili. Il risultato è che non solo gli stipendi, ma anche i premi, le sponsorizzazioni e i bonus delle donne sono nettamente al di sotto di quelli maschili: basti pensare che non ci sono atlete nella top 50 degli sportivi più pagati del mondo, secondo il report Forbes del 2024 e del 2025.
A onor del vero, va segnalato che nel tennis il gender pay gap è stato colmato, almeno nel Grande Slam: grazie a battaglie di campionesse come Billie Jean King e Venus Williams, dal 2007 Australian Open, Roland Garros, Wimbledon e US Open offrono montepremi uguali.
Le azioni emblematiche delle atlete, accompagnate dalla crescente attenzione mediatica, dall’impegno delle federazioni e dalla maggiore sensibilità degli sponsor aziendali possono contribuire a cambiare la situazione. Una leva potente di cambiamento può essere offerta dalla certificazione UNI/PdR 125, che ha già attivato circa 9000 aziende in poco più di 3 anni, e che può impattare in modo rilevante anche nel settore sportivo grazie al suo approccio sistemico e pragmatico, basato su un preciso cruscotto di indicatori.
La “partita” della parità deve necessariamente concludersi con un bel pareggio.


(Notizia a cura di Bureau Veritas Italia SpA.)
Bureau Veritas Italia promuove una cultura inclusiva al proprio interno e nelle relazioni con i propri stakeholder. L’impegno – sancito all’interno dello Statuto come Società Benefit – si traduce anche in una ampia rosa di servizi in ambito formativo e certificativo sui temi della DE&I.