Il progetto concilia una vocazione di parco urbano attrezzato dal sapore europeo, con la necessità di rispettare e valorizzare le presenze monumentali, il tutto con l’obiettivo di creare un nuovo spazio pubblico verde non solo da ammirare ma soprattutto da vivere.
Mantova: Parco di Palazzo Te
Il parco visto dagli spalti dello Stadio (foto Pietro Savorelli).
Dove prima sorgeva un’ampia area disordinata e poco fruibile, oggi nel bordo meridionale del centro storico di Mantova, a lato del celebre Palazzo Te, un nuovo grande parco pubblico è già diventato punto di riferimento nella vita quotidiana delle diverse anime cittadine che compongono il tessuto sociale mantovano. Il progetto, che è stato fortemente supportato e seguito dall’amministrazione del Sindaco Mattia Palazzi, ha voluto prima di tutto proteggere ed esaltare l’identità di questo monumento, risarcendolo parzialmente dei “traumi” che hanno radicalmente trasformato l’area nell’ultimo secolo. La grande sfida è stata quella di conciliare la vocazione di parco realmente urbano, come grande attrezzatura collettiva, con la necessità di strutturare lo spazio aperto in maniera coerente rispetto alla presenza monumentale.
La descrizione che segue è tratta dalla relazione di progetto.
Premessa
L’intervento ha visto la realizzazione di un grande Parco Urbano che si basa sull’idea di uno spazio che sia un grande contenitore: un prato ampio, arioso, aperto, al centro dei flussi della vita quotidiana, allo stesso tempo ben definito nei suoi bordi da strutture vegetali di nuovo impianto, che rimangono tuttavia penetrabili, anche con lo sguardo, in modo tale da rendere presenti e percepibili all’interno del grande invaso le straordinarie emergenze architettoniche che lo circondano.
Ancora oggi la straordinaria emergenza monumentale di Palazzo Te si adagia al centro di un’ampia area verde situata al bordo meridionale della città di Mantova, laddove il corpo urbano più denso sfuma verso la campagna, mantenendo vivo quel carattere squisitamente suburbano che ha caratterizzato la villa di delizie e il suo intorno fin dalle origini.
Tale fascia verde è di fondamentale importanza nel proteggere ed esaltare l’identità di questo monumento, risarcendolo parzialmente dei successivi “traumi” che hanno radicalmente trasformato l’area: dal prosciugamento del lago del Paiolo che ne ha sancito la perdita del carattere insulare, alla cesura procurata dai tracciati ferroviari limitrofi, fino agli usi impropri che vi hanno avuto luogo nell’ultimo mezzo secolo.
Il fatto che l’area verde dei cosiddetti giardini del Te siano tutt’uno col palazzo è stato ribadito anche dall’UNESCO, che nel 2008 li ha inclusi nel perimetro dell’area tutelata come Patrimonio Mondiale dell’Umanità all’interno del sito “Mantova e Sabbioneta”.
Tuttavia, l’area non esaurisce la sua vocazione esclusivamente in una prospettiva di valorizzazione storica e culturale, quindi turistica.
Infatti, a ridosso dell’area del Te è cresciuta – soprattutto nel XX secolo – una parte di città che, sebbene in forme non sempre all’altezza della qualità ambientale della città storica, esprime tuttavia una forte vitalità negli usi e nella ricchezza di funzioni, avanzando una crescente domanda di luoghi di qualità per la vita all’aria aperta.
Dunque, non solo i turisti, ma anche una popolazione variegata, fatta di studenti, lavoratori, famiglie, giovani e vecchi mantovani, esprime lecite aspettative sull’area.
L’ambizione del progetto illustrato in queste pagine è proprio quella di riuscire a conciliare queste diverse esigenze, che concorrono in pari misura prefigurare la Mantova del XXI secolo, di cui questo progetto vuole essere un primo fondamentale tassello.
Analisi storica
L’area di intervento si colloca in un luogo di grande importanza per il contesto ambientale della città. Se infatti storicamente l’isola di Palazzo Te si poneva nelle immediate vicinanze della città densa, oggi si può dire che essa ne costituisca il limite esterno.
L’area nella sua configurazione attuale è l’esito di un lungo processo evolutivo che a partire dal 1300 d.C. ha inquadrato il sito – un tempo isola lacustre – come luogo dedicato allo svago e al loisir prima di tipo privato legato alla corte dei Gonzaga per poi gradualmente trasformarsi in luogo accessibile a tutta la cittadinanza.
La storia del luogo può essere sintetizzata nelle seguenti fasi.
• L’età dei Gonzaga (1328-1707): il luogo di delizie
I Gonzaga nel loro lungo periodo di potere fanno dell’isola del Te il luogo deputato alle amenità private della corte, arricchendola di elementi e strutture dedicate allo svago a partire dal XV secolo.
Con il trasferimento a Mantova di Giulio Romano (1524) Federico II, figlio di Francesco II e di Isabella d’Este, decide di trasformare la stalla in una vera e propria villa per il riposo e “l’honesto ozio”. Giulio Romano individua nel quadrato degli edifici sviluppati attorno al cortile preesistente uno schema perfetto su cui reinventare la classica sequenza spaziale della villa rustica romana, scandita in vestibolo, atrio, cortile e orto retrostante. Dunque, è in questo periodo che emerge un disegno dello spazio aperto che mette ordine nelle coltivazioni agricole, così come nel giardino a ridosso della residenza.
Attorno alla metà del Seicento il palazzo viene ampliato con la costruzione delle fruttiere a protezione delle essenze arboree più fragili sul modello delle ville tedesche e dell’esedra che sposta il limite orientale del giardino, progettate da Nicolò Sebregondi su incarico di Carlo II Gonzaga Nevers.
• Il periodo austriaco (1707-1797): da caserma a pubblico passeggio
Quando l’ultimo Gonzaga, Ferdinando Carlo, fugge da Mantova nel 1707 e l’imperatore d’Austria prende direttamente possesso del ducato, Palazzo Te attraversa un lungo periodo di decadenza che lo vede trasformato a caserma militare.
L’affermazione dell’illuminismo e il rinnovamento dell’organizzazione dello stato che hanno luogo con l’avvento di Maria Teresa (1717-1780) introducono nuovi obiettivi culturali, e si individua Palazzo Te e la sua isola come monumento da preservare. Vengono investiti, grazie al progetto di restauro di Paolo Pozzo, consistenti risorse per consolidare la struttura edilizia e ripristinare la vegetazione dell’isola come era in precedenza.
È in questa fase che avviene una prima apertura al pubblico dell’isola: benché infatti la villa sia idealmente recuperata per i soggiorni dei sovrani, il giardino è riprogettato come pubblico passeggio, nell’intento di coniugare decoro e utilità sociale.
• Il periodo napoleonico e risorgimentale (1797-1866): l’impianto neoclassico
L’impianto del pubblico passeggio muterà poi notevolmente in periodo napoleonico, sul progetto dell’architetto Giovanni Antolini. A lui si deve agli inizi del XIX secolo l’erezione dei due portali “delle aquile” posti al limite del parco che circonda la villa e la piantumazione di un gran numero di essenze arboree.
Nel complesso dei giardini di Palazzo Te, agli inizi del 1808 sono registrate quasi diecimila piante, ridottesi con il passare dei decenni al numero comunque cospicuo di 2548 censite nel 1863. Quasi tutte le piante d’alto fusto sono ridotte a ceppaia per finalità utilitaristiche e non certo ornamentali.
• Il periodo Postunitario e il Novecento (dal 1866 a oggi)
Nel 1876, dieci anni dopo l’annessione di Mantova al Regno d’Italia, il Comune acquista Palazzo Te dallo Stato, sottoscrivendo il divieto di ridurre con colture le praterie adiacenti, che dovranno così sempre rimanere adibite a pubblico passeggio con i viali regolarmente mantenuti. Ben presto, tuttavia, l’impegno del comune viene disatteso e il parco pesantemente trascurato.
Nel 1886, sulle fondamenta delle mura e dei bastioni a sud del parco viene costruita la massicciata della ferrovia Mantova – Cerea, mentre sull’argine della fossa Magistrale lo stesso anno vengono fatti passare i binari della tranvia Mantova – Ostiglia, e l’area verde posta di fronte a Palazzo Te è occupata dalla stazione centrale della relativa rete. A venti metri dalla facciata di Palazzo Te si estendono decide di binari, sorgono uffici e i depositi della ferrovia.
Anche il rapporto con la città è compromesso dalla demolizione delle mura urbane e della stessa porta Pusterla, avvenuta nel 1903.
L’ippodromo neoclassico è sostituito agli inizi del Novecento con uno regolamentare ben più ampio, che ospita all’interno del prato centrale il primo campo da calcio. Nel 1914 un nuovo campo di calcio autonomo è costruito con strutture smontabili a est dell’ippodromo, per venire poi sostituito nel 1924- 27 dallo stadio in muratura comprendente anche un velodromo. È questa la struttura che domina la prospettiva dell’esedra di Palazzo Te.
Inserimento dell’intervento sul territorio
La vicinanza con la densità del centro storico conferisce all’area indubbi vantaggi dal punto di vista dell’accessibilità rispetto ai principali sistemi funzionali. Inoltre, la vocazione dell’area come parco di prossimità si basa sull’evidenza che, entro dieci minuti a piedi, si attestano alcune tra le aree residenziali più densamente popolate della città.
Di seguito si riportano alcune considerazioni tematiche sulle relazioni che l’area instaura con il contesto.
L’asse che si sviluppa da Palazzo Te lungo Viale Principe Amedeo costituisce uno storico asse di penetrazione urbana, che collega il Te al cuore della Corte Ducale gonzaghesca, costituendo il catalizzatore dei principali flussi del turismo culturale, tanto da essere promosso come il “Percorso del Principe”.
A tale valore si sovrappone quello di catalizzatore di funzioni pregiate per la vita cittadina, come il Cinema Teatro Ariston, e un sistema articolato di scuole di diverso grado.
Altro elemento di interesse funzionale è la presenza nell’immediato intorno dell’area di intervento di attrezzature sportive finalizzate sia alla pratica sia al tifo di diverse discipline, in grado di attrarre popolazioni differenti: dallo stadio del Mantova alla piscina comunale, passando per la bocciofila, tutte queste attrezzature hanno la possibilità di essere messe a sistema tramite il nuovo parco.
L’area risulta ben servita dal trasporto pubblico e facilmente raggiungibile dal sistema ciclabile e dalla geografia dei parcheggi a raso. Un limite dell’area è invece legato piuttosto alla sua scarsa permeabilità non perché non sia di fatto attraversabile, ma piuttosto per la scarsa definizione della qualità degli spazi e della loro attrattività, traducendosi in uno scarso presidio (soprattutto verso il margine ovest) che sfocia nella percezione di un basso livello di sicurezza. In particolare, proprio il sistema delle piste ciclabili qui sembra soffrire di un momento di discontinuità, soprattutto in relazione alla potenziale connessione con l’attiguo Bosco Virgiliano.
Criteri utilizzati per le scelte progettuali
L’isola del Te, nonostante nella storia abbia subito ciclicamente momenti di crisi e prosperità, è sempre stata per la città di Mantova un luogo fortemente identitario.
Agli albori della sua colonizzazione stabile fu il primo spazio ai margini della città ad essere “addomesticato” a fini ricreativi, anche se ad uso esclusivo della corte Ducale per poi aprirsi, nel periodo napoleonico, all’uso pubblico.
Questa attitudine pubblica legata allo svago rimane immutata fino ad oggi; tuttavia, le trasformazioni “traumatiche” avvenute soprattutto nel XX secolo hanno fatto sì che l’isola compromettesse gradualmente il suo genius loci, sostituito dall’anonimato e dalla banalità di una piastra pubblica adatta ad ospitare funzioni sportive e di loisir ma priva di qualsiasi qualità formale.
La grande sfida del progetto è quella, dunque, di conciliare questa vocazione di parco realmente urbano, come grande attrezzatura collettiva, con la necessità di strutturare lo spazio aperto in maniera coerente rispetto alla presenza delle straordinarie emergenze monumentali.
Il concept progettuale si basa sull’idea di uno spazio che sia un grande contenitore: un prato ampio, arioso, aperto, al centro dei flussi della vita quotidiana, allo stesso tempo ben definito nei suoi bordi da strutture vegetali di nuovo impianto, che rimangono tuttavia penetrabili, anche con lo sguardo, in modo tale da rendere presenti e percepibili all’interno del grande invaso le straordinarie emergenze architettoniche che lo circondano.
Le nuove cortine vegetali celano al loro interno spazi più piccoli e raccolti, come le stanze a lato di un grande salone per gli eventi collettivi.
In queste stanze minori, più intime e attrezzate con diversi gradi di specializzazione, si prevedono usi più specifici che incontrino i bisogni delle diverse popolazioni che animano l’area.
L’area di progetto ancora oggi si configura come un palinsesto della storia del luogo che, oltre alla memoria dell’insularità, custodisce tracce forti ed evidenti del passato, che cadono ancora con forza sotto i nostri sensi.
La presenza fondativa dell’Esedra seicentesca di Palazzo Te, viene esaltata attraverso l’eliminazione dei carpini che ne celano la vista dall’esterno del recinto del Palazzo, svelandone appieno la funzione di nodo focale dell’intera area. Da tutti i principali punti d’accesso del nuovo parco l’esedra è incorniciata all’interno di un proprio cono ottico che si apre all’interno delle masse arboree di nuova piantumazione. Questi diventano altrettanti punti per la contemplazione del monumento e ne invogliano una fruizione dinamica, esaltata dal movimento all’interno del parco attraverso la produzione di visuali sempre nuove e diverse a seconda dell’angolazione e dalla disposizione delle masse arboree.
L’immagine dell’esedra viene poi trasfigurata in altrettante “esedre verdi”, fatte di piante colonnari che ricalcano la dimensione del colonnato seicentesco e collocate agli estremi est e ovest del parco, generando un effetto di contenimento spaziale simile a quello prodotto dall’esedra architettonica all’interno del giardino di Palazzo Te.
La neoclassica Porta delle Aquile trova finalmente un adeguato ancoraggio al suolo tramite la costruzione di una piazza ellittica, su cui converge anche il percorso ciclo-pedonale che affianca lo stadio. La piazza è quasi interamente pavimentata in calcestre con la sola eccezione dell’area intorno ai caselli che viene pavimentata in pietra.
Da qui parte il rinnovato viale del Te, la cui sezione viene rivestita di una nuova pavimentazione architettonica, che si dispiega come un tappeto in mezzo al manto erboso che abbraccia gli imponenti bagolari che ne scandiscono trionfalmente la prospettiva fino all’esedra del Palazzo.
Il lato del viale che dà verso la ferrovia viene schermato dalla piantumazione di una siepe di carpini di 3 metri di altezza, occultando così tutte le costruzioni e attività improprie che vi hanno luogo.
A metà circa del viale si colloca la cosiddetta palazzina Liberty, ovvero il Padiglione Uffici e Servizi del Mercato del Bestiame, realizzato nel 1925 su progetto dell’Ing. Aldo Badalotti. Oltre ad auspicarne il recupero ad una funzione consona alla vocazione pregiata dell’area, il progetto ne esalta la presenza attraverso la riapertura di un asse prospettico trasversale perfettamente allineato all’asse minore dell’ippodromo del Te.
Tale asse mediano dei giardini del Te costituisce di fatto la riproposizione dell’antico decumano dei giardini pubblici che emerge nelle mappe storiche verso la fine del ‘700.
Venendo a ciò che rimane della “prateria del Te” il progetto assimila e trasfigura il tracciato del vecchio ippodromo, di origine neoclassica, che a sua volta fa riferimento alla primitiva vocazione dell’area legata alle famose scuderie gonzaghesche, celebrate anche negli affreschi della Sala dei Cavalli del Palazzo.
La soglia di accesso al circuito dell’anello, allargato e pavimentato in calcestre, viene esaltata tramite la creazione di una cunetta continua di 80 cm di altezza: un lieve movimento di terra che, armonizzandosi alla scarpata verso viale Isonzo, esalta l’effetto di “internità” del grande prato centrale.
Sui bordi rettilinei interni del circuito si dispongono i principali elementi caratterizzanti del progetto: gli Anelli arborei.
Partendo dal topos figurativo sviluppato dal Mantegna nella Camera degli Sposi e ripreso da Giulio Romano nella sala dei Giganti, il progetto intende riprodurre con la vegetazione l’effetto di protezione che suggerisce la forma avvolgente dello spazio contenente circolare, aperto tuttavia al contatto con l’infinito del cielo.
Tale configurazione, peraltro già presente a Mantova in Piazza Lega Lombarda nel contesto dei giardini di Palazzo Ducale, riprende alcuni stilemi formali provenienti dal disegno dell’antico labirinto disegnato dal Bertazzolo nel primo Seicento sull’isola del Te, nonché l’impianto neoclassico dell’Antolini, che configura l’area come un grande arboreto dove ricorrono sesti d’impianto a cerchi e anelli contenuti dentro quadranti verdi, anch’essi bordati da alberi.
Ultimo elemento del genius loci – del tutto scomparso ma che il progetto intende evocare – è la presenza dell’acqua.
L’effetto di insularità che un tempo garantivano i canali ed il lago circostante è oggi irriproducibile, tuttavia la presenza dell’acqua può essere evocata in maniera efficace a partire dal fatto che è stata sostanzialmente coperta al di sotto dei successivi riempimenti di terra succedutisi nei secoli.
L’acqua dunque è ancora lì, sepolta sotto una spessa coltre e forse basta solo scavare fino alla profondità adeguata perché la pressione accumulata trovi sfogo in superficie, generando una sequenza di piccoli geyser che animano lo spazio della grande prateria centrale, procurando quell’effetto di meraviglia che il giardino tardo-rinascimentale (da Villa Lante a Bagnaia fino a villa d’Este a Tivoli) affidava ai giochi d’acqua.
Il disegno della superficie della sequenza di water-jets, realizzata in pavimentazione architettonica bicolore, echeggia il motivo della “catena” marmorea, di ascendenza mantegnesca, ammorbidita dalle sinuosità introdotte in architettura da Giulio Romano.
Scelte agronomiche
L’indagine sulla natura del terreno ha sottolineato il fatto che si tratta di uno strato molto drenante e povero, con una reazione basica molto evidente.
Tale situazione limita notevolmente la scelta delle alberature soprattutto alla luce della necessità di creare un parco resiliente, vale a dire che si adatti facilmente ai cambiamenti climatici in atto e dove il patrimonio vegetale richieda un basso livello di manutenzione.
Ciò si invera soprattutto nella scelta di alternare ritmicamente anelli di carpini e anelli di lecci garantendo una maggiore adattabilità al progressivo cambiamento climatico.
Le chiome di queste due essenze produco effetti morbidi e ben compenetrati data la natura dimensionale affine, e ben sopportano la potatura, offrendo allo stesso tempo interessanti interazioni cromatiche durante le diverse stagioni, dove la stabilità del verde scuro dei lecci fa da basso continuo al variare stagionale dal verde brillante al giallo dei carpini.
Questa scelta di limitare la varietà delle essenze utilizzate nasce anche dalla consapevolezza che nello scenario formale di Palazzo Te prevale l’ordine sulla varietà.
Tale ordine formale viene recepito dal progetto, rafforzando la bordatura dell’area con le quattro grandi pareti contenenti fatte di alberi di prima grandezza (platani su viale Isonzo e sul lato dello stadio, bagolari su viale dell’esedra e tigli verso i giardini laterali del Te) al cui interno si allineano gli anelli fatti di alberi di seconda grandezza (carpini e lecci).
La taglia inferiore di queste ultime rispetto alle piante esistenti vuole esaltare la scala umana all’interno della cornice monumentale, lasciando un oblò di cielo al suo interno che non debba essere continuamente potato per essere leggibile.
Questa chiara cornice definisce anche la grande prateria centrale e le due esedre verdi, per le cui essenze colonnari si è scelto il Quercus pyramidalis piuttosto del classico pioppo cipressino, sulla scorta della maggior adattabilità e resistenza del primo.
Completano il panorama delle essenze strutturanti dell’impianto la siepe di carpino alta 3 metri verso lo stadio e verso la ferrovia e l’area del vecchio mercato del bestiame (attuale bocciofila) che, non essendo oggetto di riqualificazione ed essendo sottoposta ad di usi impropri, viene opportunamente schermata.
Più basse siepi di alloro (1 metro), intervallate da opportune aperture, celano e mitigano l’impatto del traffico di viale Isonzo, lasciando visibile dal parco solo le biciclette e i pedoni che percorrono gli spazi protetti lungo il viale, inglobandone l’azione – quasi “teatrale” – all’interno del nuovo parco.
Circa gli arbusti e le fioriture, le rose costituiscono parte importante del progetto floristico, in coerenza con l’importanza dell’impianto generale dei giardini dell’area del Te. Queste sono previste in diverse varietà per alternane i colori delle fioriture e sono collocate a mo’ di anello ai 4 angoli dello spazio centrale e, affiancate da macchie basse di abelia, in accompagnamento allo scalone centrale da Viale Isonzo.
Completano il quadro floristico del progetto i 4 giardini tematici. Questi sono collocati alle testate esterne degli anelli arborei, rispettivamente in base all’esposizione più idonea e rappresentano ognuno un tema diverso.
Procedendo da Nord verso est troviamo il Giardino delle graminacee che raccoglie 8 erbe ornamentali dalle lunghe foglie e dalle ornamentali spighe dorate, con alcune fioriture di accompagnamento. Proseguendo, il Giardino delle aromatiche presenta 12 varietà diverse di piante mediterranee, con colori argentei, fioriture tra il viola ed il giallo e una moltitudine di profumi.
Il Giardino delle ortensie è una collezione di 8 varietà di questa bellissima pianta dalle enormi infiorescenze che si riempie di colori nelle lunghe fioriture tardo primaverili-estive.
Infine il Giardino delle perenni, costituito appunto da essenze perenni di 8 varietà diverse che garantiscono una moltitudine di fiori e di colori che si alternano in stagioni differenti.
I giardini tematici sono accompagnati da cartelli esplicativi e sono stati ideati per fornire sempre al parco una buona alternanza di fioriture durante tutto l’arco dell’anno. Tutte le aiuole arbustive e a perenni sono adeguatamente pacciamate da telo traspirante coperto da uno strato finale di corteccia.
La piantagione di quasi 300 nuovi alberi, ma anche di molti arbusti, piante perenni, rose e fioriture, contribuisce significativamente al miglioramento dell’ambiente urbano, mitigando l’isola di calore, favorendo la biodiversità e riequilibrando il rapporto tra ombra ed esposizione al sole. Col consistente arricchimento del patrimonio vegetale dell’area il progetto tende a riavvicinarsi alla consistenza assai elevata della vegetazione dell’antica isola del Te, attivando per altro un collegamento alla tradizione vivaistica del territorio più prossimo.
Col consistente arricchimento del patrimonio vegetale dell’area il progetto tende a riavvicinarsi alla consistenza assai elevata della vegetazione dell’antica isola del Te, attivando per altro un collegamento fattuale alla tradizione vivaistica del territorio più prossimo.
Il verde a prato, seminato nel giugno 2023, è costituito da una gramigna ibrida (Bermudagrass) selezionata alla Oklaoma State University per il suo colore verde geneticamente più scuro e un’ottimale densità e tolleranza all’usura, oltre ad essere resistente alle basse temperature.
I percorsi e gli anelli
La costellazione di emergenze monumentali che circondano l’area – la Porta delle Aquile, l’Esedra e la Palazzina Liberty – e le necessità di riammagliare i flussi di attraversamento che dal centro cittadino si irradiano verso il Bosco Virgiliano ed il polo scolastico al di là della ferrovia creano una tensione sull’area che viene interpretata dal progetto attraverso la sovrapposizione di un secondo livello di connessioni ciclopedonali, dal calibro minore (2,5 m) rispetto agli assi strutturanti e al circuito dell’ex-ippodromo (5/6 m).
Queste connessioni prendono la forma di altrettante direttrici diagonali che, oltre ad orientare i flussi di attraversamento, rendono chiaramente leggibile la struttura dell’area e aprono ulteriori coni ottici per la contemplazione dei monumenti che la circondano.
Questa ramificazione più fine dei tracciati è tesa anche ad innervare di linfa vitale l’intera area, portando i turisti e i mantovani a godere di tutte le sue parti.
Un punto cruciale di questo impianto è il doppio incrocio di viali diagonali al centro della grande prateria, che ha anche la funzione di delimitare – senza separare – delle porzioni dalle dimensioni significative che possono facilmente accogliere usi estemporanei ed informali (a differenza di ciò che succede all’interno degli anelli), sulla scorta di esempi di successo dei più vitali parchi urbani europei.
Il progetto intende far convivere la coerenza dell’impianto formale descritto sopra con le necessità multifunzionali di un parco pubblico contemporaneo capace di recepire in modo efficace ma rispettoso i bisogni delle diverse popolazioni che lo attraversano e lo vivono tra cui i giovani, gli anziani, i bambini, gli studenti, gli sportivi, ecc. conciliandole con le esigenze di un turismo di qualità.
La gerarchia di spazi che propone il parco si presta a rispondere a queste esigenze a partire dal grande prato centrale, che può accogliere i più diversi usi informali quotidiani, così come usi temporanei organizzati, quali manifestazioni culturali, eventi musicali e sportivi. Lo spazio può adattarsi anche dimensionalmente a queste eventuali attività: per alcune potrebbe essere sufficiente occupare il sedime della piazza circolare contornata dall’esedra verde, mentre altre potrebbero arrivare a coinvolgere l’intera superficie della “prateria”, interrompendo temporaneamente anche i getti d’acqua a raso (tipo dry-deck) che caratterizzano la fascia mediana del parco.
Usi maggiormente strutturati sono previsti all’interno degli anelli, raggruppati di fatto nei seguenti quattro sottogruppi:
1. Gruppo nord-est: gli anelli del gioco per i bambini
In gran parte rivestiti di pavimentazione antitrauma, gli anelli sono attrezzati per il gioco dei bambini, rispettivamente per i più piccoli (2-5 anni), per i più grandi (6-10 anni) e con un pavimento ondulato.
Queste attività omogenee sono state raggruppate anche in funzione della naturale vitalità e rumorosità che comportano.
2. Gruppo nord-ovest: gli anelli del relax e delle attività lente
Prevedono tavoli fissi per il gioco e l’incontro conviviale, che affiancano una grande scacchiera, piuttosto che un’area informale per il gioco delle bocce (tipo petanque). Il terzo anello è occupato da un labirinto esperienziale, eco dell’impianto formale degli antichi giardini del Te.
3. Gruppo sud-est: gli anelli dello sport e della cura
Una grande pedana in legno per la contemplazione, lo yoga o altri usi informali, si affianca ad un anello specificamente attrezzato come palestra all’aperto e al campo da gioco multifunzione (basket/calcetto).
4. Gruppo sud-ovest: didattica e cultura all’aperto
Nell’area più prossima al palazzo si prevedono attrezzature più legate alla cultura, nonché all’eventuale accoglienza di gruppi di studenti. A questo scopo viene attrezzato un anello per la didattica all’aperto, utile anche per eventi culturali, piuttosto che un anello attrezzato con tavoli che può essere utilizzato sia come area picnic che come area studio all’aperto.
In tutti i quattro gruppi gli anelli più esterni sono dedicati alla contemplazione e al contatto con la natura, essendo tematizzati dalla piantumazione di essenze specifiche come ortensie, aromatiche, graminacee e perenni.
Anche manifestazioni ormai consolidate come il Festival della Letteratura, possono trovare degli spazi adeguati sia nel grande prato centrale che negli anelli, soprattutto in quelli che prevedono un uso più informale.
Infine, le due piazze circolari di testata avvolte dalle rispettive esedre verdi si candidano ad accogliere attività o funzioni speciali: quella più vicina all’esedra del Te e baricentrica rispetto all’area può accogliere prestigiosi eventi culturali nonché attività all’aperto coerenti con lo spazio e gli usi circostanti. Ad esempio, potrebbe essere attrezzata come grande palcoscenico per eventi che si svolgono sull’intera area del prato centrale, finanche esservi installata una pista di pattinaggio temporanea nel periodo invernale.
La piazza circolare invece più prossima allo stadio e alla porta delle Aquile potrebbe accogliere una struttura di presidio, dall’impatto architettonico altamente qualificante, una Kaffeehaus contemporanea che faccia da info-point e da centro noleggio biciclette per i turisti in piena sinergia col parcheggio di interscambio appena rinnovato.