Sicurezza negli stadi: vent’anni di normativa e nuove sfide per il futuro

Nel 2025 ricorrono vent’anni dall’introduzione delle norme che hanno rivoluzionato la sicurezza negli stadi. Prima del 2005, la legislazione si concentrava principalmente sulla regolamentazione delle scommesse e sulla gestione dei biglietti; con i decreti Pisanu è stata avviata una riorganizzazione profonda, basata su principi che ancora oggi costituiscono il pilastro della sicurezza negli impianti sportivi.

Pubblicazione cartacea su: Tsport 362
La folla in attesa di entrare al concerto di Bruce Springsteen allo stadio San Siro il 3 giugno 2013 (foto Tinxi).

Le misure chiave introdotte nel 2005

I decreti Pisanu hanno ridefinito l’intero sistema di gestione della sicurezza, introducendo strumenti ancora oggi fondamentali:

Ridefinizione dello spazio dello stadio: il DM 18/3/96 ha ampliato il concetto di impianto sportivo, includendo un’area esterna (anello di pre-filtraggio), fondamentale per effettuare un doppio controllo sui tifosi in ingresso. Questo approccio, riconosciuto anche dalle best practice UEFA, è ancora oggi un elemento chiave nella gestione degli eventi.

Videosorveglianza: l’installazione di sistemi di monitoraggio ha permesso di acquisire immagini probatorie, fondamentali per il principio della flagranza differita.

Biglietto nominativo numerato: questa misura ha introdotto il regolamento d’uso degli impianti e ha responsabilizzato le società sportive nella gestione della biglietteria.

Nuova gestione delle politiche di ticketing: assegnare posti numerati ha facilitato la definizione delle capienze, il rispetto dei percorsi di esodo e ha contribuito a regolamentare la presenza degli spettatori, introducendo anche l’obbligo di assistere alla partita da seduti.

Nel 2007, questa rivoluzione è stata completata con l’introduzione della figura dello steward, che ha rappresentato un ulteriore passo avanti nella gestione della sicurezza negli stadi.

L’evoluzione della violenza negli stadi: dal 2005 alla pandemia

L’efficacia delle misure introdotte ha permesso di ridurre progressivamente gli episodi di violenza negli impianti sportivi, almeno fino al periodo della pandemia. Fino al 2019, le curve ultras erano ancora strettamente legate al territorio e all’identità della propria tifoseria. Tuttavia, si era già iniziata a notare una leggera ripresa della conflittualità, seppur con numeri ancora contenuti.

Dopo la pandemia, la voglia di tornare a vivere gli eventi dal vivo ha fatto emergere nuove criticità. Nel calcio, a differenza di altri sport, l’antagonismo tra gruppi organizzati è tornato ad alimentare scontri e atti di violenza. Il recente convegno A.N.DE.S. ha evidenziato come i sociologi abbiano osservato un cambiamento nei fenomeni di aggregazione: i giovani tendono a unirsi non tanto in base a valori condivisi, quanto piuttosto in chiave oppositiva e antagonista.

L’uso dei social ha amplificato queste dinamiche, permettendo connessioni e alleanze tra gruppi che fino a qualche anno fa sarebbero state impensabili. Alcune tifoserie italiane hanno stabilito gemellaggi con importanti società straniere, con striscioni in italiano apparsi in campionati esteri e gruppi di supporter che si spostano anche per lunghe distanze pur di partecipare agli eventi.

Parallelamente, sono emersi fenomeni preoccupanti di connivenza tra tifoserie e criminalità organizzata, come dimostrato da alcune inchieste che hanno rivelato legami tra capi ultras e attività illecite.

Un sistema istituzionale rimasto indietro

Mentre i meccanismi della violenza negli stadi si sono evoluti, il sistema istituzionale italiano è rimasto ancorato ai modelli pre-pandemia. Società ed enti sportivi hanno risposto alle sollecitazioni senza farsi promotori di cambiamenti; neppure le istituzioni hanno cercato di delineare un percorso diverso. Le norme e la formazione degli operatori non si sono adeguate ai nuovi scenari. Inoltre, i due anni di stop forzato degli eventi hanno indebolito la capacità del sistema di leggere i segnali di cambiamento e di rispondere con strumenti adeguati.

Il principio fondamentale della sicurezza negli stadi resta quello di garantire che gli spettatori possano vivere l’evento in sicurezza dall’arrivo alla ripartenza. È quindi fondamentale concentrarsi su categorie di spettatori considerate più vulnerabili, come donne, famiglie con bambini, anziani e persone con disabilità.

Negli ultimi anni, cronache sempre più frequenti hanno raccontato episodi di tifosi che sfruttano gruppi organizzati per portare avanti attività criminali, tifoserie che si danno appuntamento lungo le autostrade per scontrarsi, e perfino ultras che vanno all’estero per addestrarsi in tecniche di guerriglia urbana.

Il ruolo della tecnologia

Le nuove tecnologie offrono strumenti sempre più avanzati per la sicurezza negli stadi, ma spesso il loro utilizzo è ancora frammentario.

Le determinazioni dell’Osservatorio Nazionale sulle Manifestazioni Sportive impongono già la verifica della residenza per gli acquirenti di biglietti, basandosi sulla logica dell’appartenenza territoriale. Tuttavia, questo criterio è ormai superato: il tifo per una squadra non è più strettamente legato alla residenza e gli stessi fenomeni criminali dimostrano di non avere confini territoriali.

L’introduzione di identità digitali potrebbe offrire soluzioni più efficaci. Strumenti come l’App IO o il sistema EIDAS, già in uso a livello europeo, permettono di verificare in modo univoco i dati anagrafici e potrebbero essere integrati nei processi di ticketing per migliorare i controlli.

Parallelamente, il riconoscimento facciale sta trovando sempre più applicazione in spazi pubblici e potrebbe rappresentare un valido supporto anche negli stadi, pur dovendo affrontare le resistenze dei gruppi organizzati che vedono questi strumenti come una forma di repressione.

Un altro aspetto critico riguarda l’introduzione di strumenti per il rilevamento di oggetti pericolosi. Mentre i metal detector garantiscono un efficace controllo per le armi, non esiste ancora una tecnologia altrettanto avanzata per individuare fumogeni, petardi e artifici pirotecnici, elementi ancora troppo diffusi negli impianti sportivi.

Steward: una figura da valorizzare

L’introduzione degli steward è stata una delle innovazioni più efficaci nel mondo della sicurezza negli stadi. Tuttavia, il loro ruolo resta limitato da rigidità contrattuali e da un perimetro d’azione troppo ristretto.

Alcuni problemi emergenti:

Percorso di formazione lungo e complesso, che scoraggia la crescita professionale.

Limitazione della figura dello steward al solo calcio, escludendolo da altri eventi sportivi o concerti, nonostante la richiesta di sicurezza sia la stessa.

Inquadramento contrattuale rigido, che rende il ruolo poco attrattivo e non favorisce la fidelizzazione dei professionisti del settore.

Impiego in situazioni pericolose, dove gli steward vengono esposti a rischi per la sicurezza senza avere gli strumenti per gestire situazioni di scontro fisico.

Conclusioni

Negli ultimi vent’anni la sicurezza negli stadi ha fatto passi da gigante, ma il nuovo scenario impone una revisione delle strategie. Non basta più affidarsi a strumenti repressivi: occorre ripensare il rapporto tra club, tifosi e istituzioni, investire in tecnologie avanzate, migliorare la gestione degli steward e adottare una nuova consapevolezza su come prevenire la violenza negli impianti sportivi. Solo così si potrà garantire un calcio più sicuro e accessibile per tutti.

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Che cos’è l’A.N.DE.S.

L’Associazione Nazionale dei Delegati alla Sicurezza (A.N.DE.S.) è un’associazione senza fini di lucro che nasce a Bologna il 27 Luglio 2007, su iniziativa di un gruppo di “addetti ai lavori”.

Gli obiettivi che l’Associazione si prefigge di perseguire sono quelli di promuovere presso gli organismi nazionali il riconoscimento e la tutela della figura del delegato alla sicurezza, favorire la diffusione della cultura della sicurezza negli impianti sportivi, favorire lo scambio e la condivisione di esperienze comuni tra gli associati e omologhe associazioni, anche extra-nazionali, favorire la diffusione della cultura della sicurezza negli stadi di calcio e definire e coordinare attività e iniziative idonee al perseguimento degli scopi sociali.

Dal 2009 è associata all’Ente Nazionale Italiano di Unificazione (UNI) e membro della Commissione Tecnica UNI 61 Impianti Sportivi.

Oggi A.N.DE.S. raccoglie a sé più di centotrenta delegati che svolgono il proprio lavoro coprendo le esigenze di oltre l’80% delle società sportive che militano nelle diverse leghe professionistiche in cui si articola il calcio italiano.