Dal 1 gennaio l’importo dei lavori oltre il quale gli appalti pubblici devono adottare il BIM (Building Information Modeling) scende da 100 a 50 milioni di euro.
Appalti e BIM: si estende l’obbligo
(immagine da software Travilog di Logical Soft)
Il rapporto tra appalti e BIM, attraverso il Decreto Ministeriale n. 560 del 2017, si svolge seguendo un calendario prestabilito che allarga anno dopo anno il bacino di quelle gare pubbliche che dovrebbero introdurre l’obbligo di adozione di quelli che burocraticamente vengono chiamati “metodi e strumenti elettronici specifici quali quelli di modellazione per l’edilizia e le infrastrutture”, nelle fasi di progettazione, costruzione e gestione delle opere e relative specifiche.
Il calendario ministeriale prevede dunque l’obbligo di introdurre il BIM, da parte delle stazioni appaltanti, delle amministrazioni concedenti e degli operatori economici, “per i lavori complessi relativi a opere di importo a base di gara pari o superiore a 50 milioni di euro, dal 1° gennaio 2020” (il limite vigente fino a ieri era di 100 milioni).
Negli anni a seguire il limite scenderà progressivamente a 15 milioni dal 2021, alle gare sopra soglia comunitaria dal 2022, alle opere di importo pari o superiore a un milione dal 2023, e infine per tutte le opere dal 1 gennaio 2025.
Pur di fronte a un incremento percentualmente significativo da un anno all’altro, in Italia solo alcune stazioni appaltanti si stanno muovendo seriamente per introdurre l’utilizzo del BIM nelle proprie gare; a fronte dell’obbligatorietà, va ricordato che non esiste un sistema sanzionatorio che penalizzi l’inadempienza a quanto prescrive il Decreto.
Se due anni fa dicevamo che “il tempo del BIM non è ancora maturo”, da quanto vediamo quotidianamente dobbiamo confermare anche oggi lo stesso pensiero.