PNRR: quando l’Europa ha le sue buone ragioni

In attesa di un verdetto sul riesame di alcuni progetti che l’Italia ha inserito tra gli interventi di rigenerazione urbana finanziati da NextGeneration EU, facciamoci un esame di coscienza.

“Suggestione” per il “Bosco dello Sport”, dal Piano Urbano Integrato della Città Metropolitana di Venezia.

La notizia che la Commissione Europea ha chiesto un approfondimento su alcuni progetti inseriti nel PNRR italiano ha suscitato imbarazzo e addirittura scandalo in alcuni commentatori non bene informati.

L’attenzione europea si è puntata su due progetti contenuti nei Piani Urbani Integrati (PUI) per la rigenerazione urbana delle  città metropolitane: un programma del PNRR che vale 2,7 miliardi, varato con il DL 6 novembre 2021, n. 152 e avviato con l’approvazione di 31 “Piani integrati” con decreto interministeriale del 22 aprile 2022.

Si tratta del “Bosco dello Sport” contenuto nel PUI 31 di Venezia e dello stadio Artemio Franchi inserito nel PUI 7 di Firenze. Di entrambi abbiamo parlato su TSport 346 nello Speciale Rigenerazione Urbana.

E già in quella sede (luglio/agosto 2022) avevamo espresso alcune perplessità, in particolare, sul progetto del “Bosco dello Sport”.

Il Bosco dello Sport

S’intende, non siamo certo contrari, in assoluto, alla realizzazione di nuovi impianti sportivi. Ma il progetto in questione non ci appariva  coerente con le finalità dichiarate del PNRR. L’Europa non se ne era accorta e se ne accorge solo oggi quando i primi bandi di appaltointegrato sono già partiti? Di questo si può forse far torto all’Europa, ma non certo nel merito della contestazione.

Scrivevamo su Tsport nel luglio scorso:

<<Un progetto già da tempo nel cassetto, ma che per essere coerente con il concetto della rigenerazione urbana (e con molti dei princìpi stessi del PNRR) ha un difetto: comporta di fatto – a dispetto del nome che gli è stato dato – l’urbanizzazione di una vastissima area attualmente agricola e che non necessita in realtà di alcuna “rigenerazione”. Come è possibile? Semplicemente interpretando come migliorativo un programma rispetto ad un altro, mai attuato, che avrebbe consumato più suolo. (…) Così, un progetto che copre con 41,5 ettari di superficie sportiva e 16 di infrastrutture delle aree che sono attualmente agricole, diventa “migliorativo” e “rigenerante” rispetto a quello che si sarebbe potuto fare e non si è fatto>>.

Ricordiamo che l’obiettivo del programma denominato «Piani Integrati – M5C2 – Investimento 2.2» ha come obiettivo dichiarato: “l’assegnazione di risorse alle città metropolitane finalizzate a favorire una migliore inclusione sociale riducendo l’emarginazione e le situazioni di degrado sociale, promuovere la rigenerazione urbana attraverso il recupero, la ristrutturazione e la rifunzionalizzazione ecosostenibile delle strutture edilizie e delle aree pubbliche”. Nel “Bosco dello Sport” mancano tutti questi presupposti. Ricorda anzi Italia Nostra in un comunicato di un anno fa – poi ripreso con un ricorso al TAR –  che “L’area che si dovrebbe “risanare” è tra le più “sane” del Comune, caratterizzata da elevati redditi pro capite, criminalità bassissimi, presenza di villette all’interno di un paesaggio agrario incontaminato, dove sono presenti fiumi di risorgiva, con flora e fauna significative e suggestivi percorsi nel verde molto frequentati”.

I bandi già partiti lo scorso dicembre (ne abbiamo parlato qui) riguardaVAno le opere accessorie e l’Arena, ma non ancora lo Stadio. Qualche commentatore ha ricordato maliziosamente che il sindaco di Venezia è presidente della Umana Reyer, società sportiva di basket da Serie A che beneficerebbe per prima della nuova Arena mentre lo Stadio interessa meno: ma noi non corriamo dietro a queste illazioni; il bando per lo Stadio è stato infatti pubblicato lo scorso 14 aprile.

Ne facciamo solo una questione di serietà: abbiamo cercato di aggirare le regole, e ben ci sta se ora chi eroga i fondi se ne accorge, sia pure in ritardo.

E tanto l’Italia è consapevole di essere in torto che sta già cercando come recuperare le risorse necessarie a sopperire al mancato finanziamento europeo. Qualcuno ha proposto di vendere una delle opere d’arte custodite in Ca’Pesaro (vedi immagine a lato): non è uno scherzo, è stato detto davvero. Dopo aver travisato lo spirito del Recovery, piegato tatticamente le regole dell’urbanistica, abbiamo rischiato di mostrare una totale insensibilità storico-artistica: e speriamo che fuori di qui non se ne siano accorti.

La risposta dell’Europa è attesa per fine aprile.

Nell’immagine, Gustav Klimt, “Giuditta II”, 1909, Galleria d’Arte Moderna, Venezia (pubblicata da Wikimedia come pubblico dominio).