Speciale Rigenerazione Urbana: la vecchia e la nuova Urbanistica

Lo sviluppo della città oggi dipende dalla capacità di reinventare l’uso degli spazi dismessi, sottoutilizzati o degradati, mettendo a sistema interessi e opportunità di diversa natura. Obiettivi pubblici ed obiettivi privati devono convergere per una vera RIGENERAZIONE degli spazi urbani.
La funzione sportiva – e del leisure in genere – può essere una delle soluzioni per il riuso di parti di città, mettendo in relazione virtuosa la sostenibilità economica degli interventi e la loro utilità sociale.

Pubblicazione cartacea su: Tsport 346
speciale rigenerazione urbana
La Variante 1980 al PRG di Milano.

Con il termine rigenerazione urbana si fa riferimento ai programmi di recupero e riqualificazione del patrimonio immobiliare e degli spazi su scala urbana volti a garantire tra l’altro la qualità dell’abitare sia dal punto di vista ambientale sia sociale, anche con riferimento alle aree urbane e alle periferie più degradate. Si tratta di interventi che, rivolgendosi al patrimonio edilizio, intendono porre attenzione altresì al tema della salvaguardia di assetto del territorio, ambiente e paesaggio; le politiche per la rigenerazione urbana sono connesse anche con il tema della riduzione del consumo di suolo, poiché mirano a recuperare e restaurare il patrimonio edilizio esistente regolando invece il ricorso al consumo di ulteriore suolo edificabile
(Dalla premessa al Dossier del Senato che illustra il testo unificato dei Disegni di Legge su “Misure per la rigenerazione urbana”, marzo 2021)

«Rigenerazione urbana»: un complesso sistematico di trasformazioni urbanistiche ed edilizie in ambiti urbani su aree e complessi edilizi caratterizzati da degrado urbanistico, edilizio, ambientale o socio-economico, che non determinino consumo di suolo, e secondo criteri che utilizzino metodologie e tecniche relative alla sostenibilità ambientale, anche mediante azioni di rinaturalizzazione dei suoli consumati in modo reversibile, con il recupero dei servizi ecosistemici persi tramite la deimpermeabilizzazione, la bo-nifica, l’innalzamento del potenziale ecologico-ambientale e della biodiversità urbana.
(Art. 2 del Disegno di Legge)

C’era una volta la Legge Urbanistica (la n. 1150 del 17 agosto 1942), che, per inciso, è tuttora in vigore.
A suo modo innovativa, disciplinava “l’assetto e l’incremento edilizio dei centri abitati e lo sviluppo urbanistico in genere nel territorio del Regno”, introducendo i Piani Regolatori Generali quando i Comuni erano dotati essenzialmente di un Regolamento Edilizio corredato di Programma di Fabbricazione.
Premesso che fino agli anni ’90 molti Comuni non erano ancora dotati di PRG, l’impostazione della legislazione urbanistica era indirizzata a governare l’espansione edilizia, attraverso il metodo della “zonizzazione” in aree destinate a funzioni diversificate.
Unica innovazione significativa, nel corso degli anni, fu l’introduzione degli “standard urbanistici” con il D.M. 1444 del 2 aprile 1968, il quale dettava la quantità minima di spazi che ogni Piano Regolatore doveva assicurare all’uso pubblico.

In questo quadro generale, in cui il consumo di suolo era dato per scontato, qualche novità cominciava ad emergere con la legge 457 del 5 agosto 1978, “Norme per l’edilizia residenziale”.
In che senso?
Primo, con l’istituzione dei Piani di Recupero: un embrione della necessità di agevolare il riuso del patrimonio edilizio esistente invece di creare nuovi volumi edilizi su aree libere.
Secondo: con la “definizione degli interventi” edilizi; tra i quali, al punto e) dell’art. 31:
interventi di ristrutturazione urbanistica, quelli rivolti a sostituire l’esistente tessuto urbanistico-edilizio con altro diverso mediante un insieme sistematico di interventi edilizi anche con la modificazione del disegno dei lotti, degli isolati e della rete stradale”.
Recupero del tessuto urbano esistente, e ristrutturazione urbanistica: ce li abbiamo da 44 anni, cosa c’è dunque di nuovo quando parliamo di “rigenerazione urbana”?

Norme e provvedimenti a favore della Rigenerazione Urbana

Sul piano normativo, il tema della rigenerazione urbana compare nell’art. 5 del D.L. 32/2019 (detto “Sblocca cantieri”) che introduce modifiche al Testo Unico dell’Edilizia (D.P.R. 380/2001) “volte a favorire la rigenerazione urbana, la riqualificazione del patrimonio edilizio e delle aree urbane degradate, la riduzione del consumo di suolo, lo sviluppo dell’efficienza energetica e delle fonti rinnovabili e il miglioramento e l’adeguamento sismico del patrimonio edilizio esistente, anche con interventi di demolizione e ricostruzione”.
Il Decreto Legge risponde alla nuova sensibilità nei confronti del consumo di suolo e, contemporaneamente, degli obiettivi di efficienza energetica, cominciando a dare atto della necessità di riqualificare le aree urbane “degradate”, con un approccio però ancora limitato alla progettualità materiale e timido circa l’aspetto sociale del problema.

Poco dopo, con la Legge di Bilancio 2020 (legge 27 dicembre 2019 n. 169) è stata prevista, per gli anni dal 2021 al 2034, l’assegnazione ai Comuni di 8,5 miliardi di euro destinati a progetti di rigenerazione urbana “volti alla riduzione di fenomeni di marginalizzazione e degrado sociale, nonché al miglioramento della qualità del decoro urbano e del tessuto sociale ed ambientale”.
Nel frattempo, un disegno di legge in materia di rigenerazione urbana – il numero 1131 -, già fermo da tempo nelle Commissioni parlamentari, si sbloccava solo nel marzo 2021, dopo che la materia è stata sganciata da quella del consumo di suolo cui era collegata, approdando con un testo unificato all’adozione da parte della Commissione territorio e ambiente.
Il 1 marzo di quest’anno, però, la Ragioneria dello Stato ha bocciato il testo rimandandolo all’esame del Senato, con motivazioni soprattutto (ma non solo) di tipo economico-finanziario: ha ritenuto, infatti, mancante la copertura per consentire le numerose agevolazioni che verrebbero concesse ai privati coinvolti negli interventi di rigenerazione urbana (esenzione dalla TARI, estensione di vari bonus edilizi, detrazioni Irpef, riduzione della tassa per l’occupazione del suolo pubblico, ecc).

Parallelamente, alcune Regioni avevano cominciato a disporre l’erogazione di contributi a favore di interventi di rigenerazione urbana, interpretati in modi differenti e non sempre efficaci, spesso imperniate sull’incentivazione attraverso bonus volumetrici: Regione Lombardia con la LR 18/2019, le cui graduatorie sono state approvate nel marzo 2022; Regione Piemonte, con la L.R. 16/2018. Altre Regioni hanno inserito riferimenti alla rigenerazione all’interno delle loro leggi urbanistiche; antesignana fu la Regione Puglia che con la L.R. n. 21/2008, “Norme per la rigenerazione urbana” ha introdotto i Programmi integrati di Rigenerazione Urbana (PIRU), che “comportano un insieme coordinato d’interventi in grado di affrontare in modo integrato problemi di degrado fisico e disagio socio-economico”.
I vari provvedimenti, varati o in itinere, che si vestono del tema “rigenerazione urbana”, e in particolare il disegno di legge di cui sopra, hanno suscitato i commenti e le perplessità da parte dei settori interessati: si sono espressi il CNAPCC, l’ANCI, l’ANCE, i sindacati, ecc.

Al di là dei distinguo che ogni categoria ha messo in campo per lamentare carenze e deviazioni nei contenuti della futura legge, appaiono univoci quelli che dovrebbero essere gli obiettivi di un’autentica rigenerazione urbana:
1) le aree dismesse, abbandonate e degradate devono essere rigenerate con nuove funzioni, orientate ad implementare il benessere e la salute dei cittadini;
2) le aree libere aperte all’interno delle città devono essere trasformate in corridoi verdi, ciclabili, pedonabili e con campi da gioco, allontanando i veicoli e la viabilità di attraversamento;
3) i quartieri residenziali degradati devono essere riabilitati sia fisicamente che socialmente attraverso interventi di riqualificazione e inserimento di strutture pubbliche e servizi.

La rigenerazione e il PNRR

A seguito dell’improvvisa e inattesa svolta imposta alla pianificazione economico-finanziaria europea dalla pandemia dopo il 2020, anche l’Italia ha dovuto confezionare il suo Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.
Nel PNRR un’attenzione particolare è riconosciuta agli interventi di rigenerazione urbana, anche come strumento di supporto all’inclusione soprattutto giovanile, e al recupero del degrado sociale e ambientale. Il documento affida peraltro un ruolo strategico alla riqualificazione delle strutture sportive, volte a garantire il potenziamento del ruolo dello sport ai fini della inclusione e della integrazione sociale.
Il PNRR mette a disposizione per lo sport due programmi: “Sport e inclusione sociale”, dotato di 700 milioni; e “potenziamento delle infrastrutture sportive scolastiche” con 300 milioni.

E tuttavia, nei programmi per la rigenerazione urbana per i quali sono già stati pubblicati gli esiti, un’ampia parte dei progetti proposti e finanziati ha per oggetto l’impiantistica sportiva, in quanto capace di “miglioramento della qualità del decoro urbano e del tessuto sociale ed ambientale”.
L’investimento 2.1 della Missione 5 (M5-Inclusione e Coesione), Componente 2 (C2-Infrastrutture sociali, famiglie, comunità e Terzo settore) coinvolge 300 Comuni sopra i 15.000 abitanti che non sono capoluoghi di provincia né città metropolitane e si focalizza su rigenerazione urbana e housing sociale (investimento 2) attraverso interventi finalizzati a ridurre situazioni di emarginazione e degrado sociale e a migliorare la qualità del decoro urbano (investimento 2.1). I fondi ammontano complessivamente a 3.300 milioni.

Gli interventi ammessi potevano infatti riguardare:

  • manutenzione per il riuso e rifunzionalizzazione di aree pubbliche e di strutture edilizie esistenti pubbliche per finalità di interesse pubblico;
  • miglioramento della qualità del decoro urbano e del tessuto sociale e ambientale, anche mediante interventi di ristrutturazione edilizia di immobili pubblici, con particolare riferimento allo sviluppo dei servizi sociali e culturali, educativi e didattici, ovvero alla promozione delle attività culturali e sportive;
  • mobilità sostenibile.

È indiscutibile che tra le aree e strutture pubbliche da riqualificare una larga parte sia destinata allo sport, e che lo sport rientri tra i servizi ed attività di interesse sociale.
Insieme a progetti che riguardano musei, chiese e teatri, troviamo così la ristrutturazione di piste di atletica e campi di calcio, come il rifacimento di aree playground, o anche la semplice sostituzione di manti in erba sintetica o manutenzione straordinaria di spogliatoi.

Si potrebbe obiettare che il quadro complessivo -parlando di questo specifico programma – appare tutt’altro che “strategico”: è vero che le risorse sono spalmate in modo da tentare un riequilibrio fra aree territoriali disomogenee, e certamente chi ha selezionato i progetti ha verificato la rispondenza ai principi del contributo all’obiettivo climatico e digitale (tagging), degli indicatori fisici di realizzazione (efficientamento energetico e superficie dell’intervento), dei Criteri Ambientali Minimi (CAM), del minimo danno ambientale (DNSH, Do Not Significant Harm); manca però una regia capace di orientare la progettualità verso un omogeneo sistema di interventi, leggibili, a obiettivo raggiunto, su scala nazionale. Nel 2026 (se tutti vanno in porto) avremo probabilmente 1.784 luoghi ristrutturati, sparsi per l’Italia, suddivisi tra decine di campetti sportivi, decine di municipi, di teatri, di musei; ma forse non un “generalizzato miglioramento del decoro urbano”.

I Piani Urbani Integrati delle Città metropolitane

Il PNRR assegna poi 2,7 miliardi per interventi di rigenerazione urbana nelle città metropolitane (Decreto del 6 dicembre 2021), attraverso i Piani Urbani Integrati.
L’obiettivo del programma è “l’assegnazione di risorse alle città metropolitane finalizzate a favorire una migliore inclusione sociale riducendo l’emarginazione e le situazioni di degrado sociale, promuovere la rigenerazione urbana attraverso il recupero, la ristrutturazione e la rifunzionalizzazione ecosostenibile delle strutture edilizie e delle aree pubbliche, nonché sostenere progetti legati alle smart cities, con particolare riferimento ai trasporti e al consumo energetico”.
Questa linea, sposando il concetto di una pianificazione di più ampio respiro, poteva essere ancora più idonea della precedente a innescare interventi di vera e propria rigenerazione.
Le relative risorse sono state assegnate con decreto del ministro dell’Interno del 22 aprile 2022, di concerto con il ministro dell’Economia e delle Finanze, ai 31 piani urbani integrati (PUI) presentati dalle città metropolitane in attuazione della linea di progetto «Piani Integrati – M5C2 – Investimento 2.2» per un importo complessivo di 2.703.730,488 euro.


Le progettualità avrebbero dovuto riguardare investimenti finalizzati al “miglioramento di ampie aree urbane degradate e alla rigenerazione e rivitalizzazione economica, con attenzione particolare alla creazione di nuovi servizi alla persona e alla riqualificazione delle infrastrutture, permettendo la trasformazione di territori vulnerabili in città intelligenti e sostenibili”, attraverso:

  • manutenzione per il riuso e la rifunzionalizzazione ecosostenibile di aree pubbliche e di strutture edilizie pubbliche esistenti per finalità di interesse pubblico;
  • miglioramento della qualità del decoro urbano e del tessuto sociale e ambientale, anche attraverso la ristrutturazione degli edifici pubblici, con particolare riferimento allo sviluppo e al potenziamento dei servizi sociali e culturali e alla promozione delle attività culturali e sportive;
  • interventi finalizzati a sostenere progetti legati alle smart cities, con particolare riferimento a trasporti e consumo energetico, per migliorare la qualità ambientale e l’avanzamento digitale delle aree urbane sostenendo le tecnologie digitali e quelle che producono minori emissioni di CO2.

Come si evince dalle indicazioni programmatiche, la necessità di introdurre nuove funzioni, e la priorità verso quelle destinate al benessere dei cittadini, fa sì che l’impianto sportivo, a tutte le scale, svolga un ruolo di primo piano come attore della vera “rigenerazione”.

Va rilevato comunque che, accanto a Piani Integrati che appaiono effettivamente efficaci dal punto di vista strategico, tra quelli beneficiari delle risorse in questione viene talvolta dimenticato il vero senso della “rigenerazione”; e lo sport, quando compare, riesce a sfruttare l’occasione per poter assorbire le risorse che gli son necessarie pur in un quadro poco organico, foriero della tipica irrorazione di fondi “a pioggia”.
Qualche esempio.
Nei titoli dei 31 Piani Integrati, lo sport compare esplicitamente in quattro casi.

PUI 31 – Venezia: Più SPRINT (Piano Integrato Urbano per SPort Rigenerazione Inclusione Nel Territorio…)

I Comuni interessati sono 28, e l’importo finanziato dal PNRR sarà di 139.637.277 euro su 333.792.685 di costi totali. Nei singoli Comuni partecipanti, gli interventi locali riguardano per lo più ristrutturazioni e rifunzionalizzazioni di impianti sportivi esistenti.
L’intervento più significativo riguarda invece il “Bosco dello Sport”, alle spalle dell’aeroporto di Tessera, comprensivo di uno Stadio da 16.000 posti e un’Arena da 10.000, che assorbirà i due terzi delle risorse. “Nel Bosco dello Sport vi troveranno luogo nuove architetture sportive di eccellenza programmate secondo i più attuali criteri di sicurezza, engagement ed efficienza, oltre che partecipazione interattiva, anche per finalità di aggregazione socio-culturale, ma altresì impianti e dotazioni per la pratica sportiva amatoriale quotidiana, spazi di formazione, ricerca e divulgazione in un contesto naturale integrato”.
Un progetto già da tempo nel cassetto, ma che per essere coerente con il concetto della rigenerazione urbana (e con molti dei princìpi stessi del PNRR) ha un difetto: comporta di fatto – a dispetto del nome che gli è stato dato – l’urbanizzazione di una vastissima area attualmente agricola e che non necessita in realtà di alcuna “rigenerazione”.

Come è possibile? Semplicemente interpretando come migliorativo un programma rispetto ad un altro, non attuato, che avrebbe consumato più suolo.
La variante per la Terraferma del PRG di Venezia del 2008 classificava – giustamente – l’intera zona in “verde agricolo estensivo” e solo una piccola parte come “sport e spettacolo”.
Senza entrare qui nel dettaglio delle scelte che si sono succedute negli anni successivi, finalizzate prima a realizzare un Casinò, poi a consentire la costruzione di un nuovo stadio, con una variante del 2015 l’Amministrazione (peraltro commissariata) sceglieva di valorizzare le aree di sua proprietà per una superficie di 32 ettari ad ovest della bretella stradale assegnando una destinazione d’uso “commerciale/direzionale/turistica”, con una superficie lorda di pavimento edificabile di 152.780 mq, pari a circa 600.000 mc. Oggi, con l’occasione dei fondi PNRR, l’area può essere riutilizzata con finalità pubbliche senza la necessità di svenderla a scopo commerciale.
Così, un progetto che copre con 41,5 ettari di area sportiva e 16 di infrastrutture aree che sono attualmente agricole, diventa “migliorativo” e “rigenerante” rispetto a quello che si sarebbe potuto fare e non si è fatto.

PUI 7 – Firenze: Sport e benessere – Next re_generation Firenze 2026

I Comuni interessati nella città metropolitana fiorentina sono 7.
Progetto cardine è la riqualificazione dello stadio Artemio Franchi compreso nel più ampio disegno di rigenerazione dedicata allo sport nel quartiere.
Il piano prevede poi “una serie di interventi a rete funzionalmente e strategicamente unitari sulla base di strategie su scala metropolitana che riescano ad aggregare comuni, piccoli e medi, quali attuatori dei singoli interventi di dimensioni contenute ma di elevato impatto complessivo rivolgendosi a fruitori di tipo sovracomunale”.
Anche per la Città metropolitana di Firenze, gli interventi nei Comuni limitrofi sono, di fatto, singole riqualificazioni di impianti sportivi esistenti.

PUI 27 – Roma: Poli di sport, benessere e disabilità

Il sistema dei poli di sport, benessere e disabilità, abbraccia 63 comuni della Città metropolitana con altrettanti interventi concepiti come un sistema unitario a rete costituito da infrastrutture puntuali e lineari distribuite, con un’ampia gamma di discipline sportive, con particolare attenzione agli sport minori”.
Gli interventi nei 63 Comuni hanno ad oggetto: il miglioramento dell’efficienza energetica; il miglioramento funzionale dell’esistente; la rifunzionalizzazione di aree e strutture esistenti; la realizzazione di infrastrutture lineari, come percorsi ciclopedonali e sentieristici. L’importo totale del Piano Integrato ammonta a euro 59.336.511.
Qui si interpreta la strategia come una costellazione di interventi che sono legato tra loro solo concettualmente.

Lo sport, comunque, si ritrova anche in altri PUI proposti da Roma: ad esempio nel Piano Urbano Integrato del Corviale (PUI 24), operazione certamente più interessante, che tenta effettivamente il recupero non solo edilizio del noto quartiere satellite imperniato sullo “steccone” residenziale lungo un km. Nel Piano (ripreso da un’idea progettuale dell’architetto Laura Peretti) sono previsti specifici interventi di completamento e realizzazione di servizi pubblici, imperniati su una piazza integrata in un “sistema del benessere, della salute e dello sport” con palestre e campi sportivi, incluso il completamento di un palazzetto.
Altro esempio è il Piano per Tor Bella Monaca (PUI 28), area in cui era già partito un progetto guidato dall’Università Sapienza che aveva ottenuto finanziamenti nell’ambito del Pinqua, ora esteso verso Tor Vergata dove verrebbe ristrutturata la “Vela” incompiuta di Santiago Calatrava.

PUI 20 – Napoli: Un nuovo sistema per lo sport e l’inclusione sociale per l’area interna Vesuvio-nolana

Il Piano si compone di 19 interventi in 13 Comuni, “luoghi capaci di costituirsi come una serie omogenea sul territorio”; descrivibile come “un coerente e sistematico complesso di interventi suddivisi su due differenti layer – il primo dedicato allo sport, al free time e ai servizi alla persona e il secondo, invece, teso alla sistematizzazione di una rete di mobilità sostenibile – entrambi si pongono l’obiettivo di recuperare l’esistente azzerando il consumo del suolo”.
Anche in questo caso, la rigenerazione territoriale avviene “a partire da specifici interventi di riqualificazione, ristrutturazione e rifunzionalizzazione di edifici per lo sport” esistenti, ma anche di altri edifici pubblici come l’adeguamento della ex Chiesa di San Giorgio Martire da destinare ad attività di spettacolo a Liveri o la rifunzionalizzazione di Palazzo Santangelo di Pollena Trocchia.

Il ruolo dell’impiantistica sportiva nei progetti di rigenerazione urbana

Le aree dismesse che saranno riconvertite all’edilizia residenziale dovranno prevedere necessariamente una buona percentuale di superficie a servizi; interi settori di rigenerazione possono essere occupati da grandi impianti sportivi; a scala locale, gli interventi migliorativi dei quartieri residenziali periferici, così come la conversione degli spazi viabilistici esistenti, vedono già sin da oggi il ruolo dell’impianto ludico/sportivo alla portata di tutti.
Ecco dunque che – sia dove è esplicitamente richiamato, sia nei bandi in cui si lascia al promotore la scelta di come attuare l’intervento di rigenerazione – l’impianto sportivo è sempre in prima linea quale possibile beneficiario delle opportunità (progettuali ed economico-finanziarie) offerte dalle leggi statali, regionali, europee.
Se vogliamo guardare allo stato degli impianti sportivi in Italia, e non solo nel “depresso” mezzogiorno, è doveroso ammettere che i Comuni si sono mossi bene, approfittando dell’occasione del PNRR per spingere progetti che spesso hanno già nel cassetto e che aspettano solo le risorse necessarie per essere realizzati.

Hanno fatto bene, quindi, senza aspettare i 700 milioni del programma “Sport e inclusione sociale”, ad inserire gli impianti sportivi nei programmi di rigenerazione urbana.
Sarebbe bello però non perdere di vista il tema originario: la rigenerazione urbana passa anche dalla ristrutturazione degli spogliatoi di un centro sportivo comunale, ma non può essere solo questo.
L’argomento è stato discusso nel ricco seminario di Sport&Impianti che si è svolto on line il 18 luglio, e del quale diamo conto qui di seguito.
Nelle pagine seguenti approfondiremo alcune storie, del presente e del passato, in Italia e all’estero, in cui cercheremo di coniugare correttamente lo sviluppo dell’impiantistica sportiva con le potenzialità della rigenerazione urbana.­