In un quartiere povero della capitale, un impianto realizzato con materiali poveri e un’architettura semplice ma efficace che esprime la volontà di essere anche strumento di dialogo sociale. Il centro sportivo, inaugurato lo scorso novembre, è intitolato a una campionessa mondiale di pugilato scomparsa prematuramente nel 2017.
Parigi (Francia): il Centro sportivo Angelique Duchemin

(Foto © Clément Guillaume)
Nel 20° arrondissement di Parigi – uno dei quartieri più poveri della capitale – il 16 novembre 2024 è stato inaugurato il nuovo centro sportivo, intitolato alla pugile Angelique Duchemin, in un’area incastonata tra alti edifici di edilizia popolare e un vicolo pedonale noto per la intensiva presenza di graffiti murari.


Dopo 4 anni di lavori il nuovo centro sportivo prende il posto del T.E.P. Amandiers, un’area scoperta già destinata ad attività sportive, che è stata riadattata in funzione delle esigenze manifestate degli abitanti.
Il bordo che costeggia il vicolo pedonale è delimitato da un muro lungo 45 metri, che si offre ancora come supporto per interventi spontanei di street art. Un nuovo volume si innalza al di sopra della parete in muratura, per ospitare il dojo (ambiente destinato alle arti marziali), la sala pesi e le stanze per la comunità.


Il resto dell’area è occupato da quattro campi di gioco, due dei quali coperti da una struttura leggerissima, e nell’insieme intende conciliare la dimensione domestica del tessuto urbano più vecchio con le imponenti sagome dell’edilizia popolare. Le tonalità chiare dei volumi e delle recinzioni tinteggiate di bianco, si isolano dal colore circostante dando carattere distintivo al complesso.

Il volume “solido” è avvolto in un involucro metallico bianco, che sul retro si allarga con un corpo, volumetricamente più ampio, in policarbonato traslucido destinato a ospitare i due campi coperti. Nonostante la geometria radicalmente semplice e i materiali evidentemente economici – affermano i progettisti – il centro sportivo si preoccupa di produrre effetti di trasparenza e relazioni materiche che arricchiscono la qualità spaziale e la fruibilità di questo programma essenziale per il quartiere.
La priorità del progetto, infatti, è orientata agli aspetti socio-economici piuttosto che a quelli della ricerca estetica fine a se stessa.



Dalla relazione di progetto, leggiamo che “in una chiara gerarchia di utilizzo rispetto allo spazio, l’edificio è realizzato con materiali grezzi e durevoli: pareti divisorie in blocchi di cemento, facciate continue in alluminio riciclato, condotti di ventilazione e deflettori acustici. Riparato da una struttura metallica, bianca all’esterno e blu scuro all’interno, richiama l’importanza di definire un’architettura senza contenitori, in cui la separazione tra ciò che copre e ciò che occupa è fondamentale. Semplicemente rivestito con pannelli nervati che seguono la massa dell’involucro, l’edificio è organizzato in modo da garantire un’accessibilità e un utilizzo fluidi, mantenendo il controllo dei flussi”.

Nella sala del dojo, al piano superiore, dove prevale il colore blu scuro coerente con la necessità di concentrazione richiesta per le arti marziali, i serramenti che corrono a filo pavimento creano un’atmosfera solenne che sottolinea l’importanza del pavimento negli sport da combattimento ed evita l’abbagliamento visivo degli atleti. Questa luce radente, combinata con la verniciatura di tutti gli elementi strutturali e tecnici, nasconde gli impianti di ventilazione e riscaldamento senza la necessità di coprire lo spazio con un controsoffitto, consentendo così di risparmiare sui costi e di aumentare l’altezza del soffitto.



Al piano terra, invece, le varie aree (sala pugilato, spazio comunitario, spogliatoi e annessi) sono inondate di luce grazie all’uso ponderato dei blocchetti di cemento, che conferiscono a questo materiale industriale una qualità inedita grazie all’attenzione prestata alle loro giunzioni e al raffinato design delle reti visibili, dai condotti di ventilazione agli interruttori della luce. L’architettura interna dimostra che una concezione ponderata del “minimo indispensabile” può creare un ambiente ricco.



Concludiamo la descrizione con le considerazioni dei progettisti. “Il centro sportivo Angélique Duchemin illustra la convinzione che la semplicità, il minimo indispensabile e l’economia di progetto siano tanto posizioni architettoniche quanto strumenti di dialogo sociale. Dove l’austerità si ottiene con la sottrazione, qui la sobrietà si ottiene con la moltiplicazione: un muro che è al tempo stesso struttura e opera di finitura, una recinzione che raddoppia un volume, un materiale industriale che si rivela attraverso il suo rapporto con la luce, rendendo l’insieme più generoso nei suoi usi”.


Angélique Duchemin

Angélique Duchemin, nata il 26 giugno 1991 a Perpignan, è diventata doppia campionessa francese ed europea di pugilato nel dicembre 2015 e campionessa mondiale WBF nel maggio 2017 a Royan nella categoria pesi piuma contro la seconda classificata europea Erika Rousseau. Il suo record sportivo è stato di 14 vittorie, di cui 3 prima del limite, e nessuna sconfitta.
È morta per una probabile embolia polmonare, in seguito a un attacco cardiaco durante l’allenamento, il 29 agosto 2017 all’ospedale di Perpignan.