L’architettura strutturale, la nuda struttura, l’andamento delle forze sono le chiavi di lettura per avvicinarsi all’opera del Palazzetto dello Sport di Varese.
Varese: 60 anni di storia per il palazzetto dello sport
(materiale iconografico fornito dallo Studio Brusa Pasqué)
Gli impianti circolari e simmetrici, come quello di Varese, consentono di rispettare i requisiti dell’architettura strutturale: statica, funzionalità, economia. In particolare, sono proprio le superfici di rivoluzione e traslazione a garantire la massima efficienza del cantiere grazie alla ripetibilità del minor numero di “elementi” prefabbricati che garantiscono leggerezza e rapidità di esecuzione. Il ferrocemento diviene il tramite per il conseguimento dell’atto realizzativo, in questo modo si elimina la discontinuità tra concezione architettonica e realtà costruttiva: ad ogni invenzione strutturale è indissolubilmente legato il mezzo realizzativo. I fondamenti del buon costruire possono essere riassunti nei tre concetti chiave di: struttura espressiva, struttura componibile, struttura economica. L’opera non rappresenta dunque il progresso dal punto vista tecnologico, ma svela semmai un senso di razionalità. Razionalità in quanto espressione vera delle leggi della natura come una sorta di sincerità costruttiva.
Oggi il Palazzetto dello Sport di Varese s’identifica come un unico edificio a sua volta suddiviso in due corpi di fabbrica, risalenti a epoche differenti: il nucleo centrale eseguito nel 1963/1964 e l’ampliamento come corona esterna nel 1990/1993. L’edificio ha un diametro totale (impronta copertura) di circa 92 m e un’altezza pari a circa 20 m in corrispondenza del centro della cupola. Sia il corpo di fabbrica originario risalente agli anni ’60 sia l’ampliamento sono realizzati con strutture in calcestruzzo armato.
Il corpo di fabbrica originario è costituito da nervature radiali portanti curve collegate in chiave ad un tamburo in c.a. (diametro caratteristico superiore a 60 metri) collegati trasversalmente tra loro da elementi a canale gettati in opera. Tali nervature sono costituite da una struttura in cemento armato gettato comprendente anche le travi portanti e le gradinate. La composizione di archi a tre cerniere che si incontrano in chiave a cui è demandato il comportamento statico dell’insieme, consentono la realizzazione della copertura: la soluzione trovata risulta la più naturale ma comunque corrispondente al più rigoroso strutturalismo statico.
Nella struttura originaria si evidenzia un sistema di contrafforti che si oppongono alla maggiore intensità della spinta orizzontale della cupola; il tutto si configura tramite un sistema articolato di pilastro-cavalletto. Tale spinta è supportata da un insieme di pilastri inclinati che convogliano direttamente a terra le sollecitazioni derivate dal peso proprio, dai sovraccarichi accidentali e dall’azione del vento: mentre il pilastro adiacente all’imposta della cupola è inclinato secondo la risultante delle forze, il sottostante sistema portante a cavalletto è strutturato in maniera tale da controbilanciare immediatamente la spinta stessa della cupola. Tale elemento con geometria a “V” rovesciata consente inoltre la definizione degli spalti inclinati per la formazione delle tribune circolari. L’ampliamento, costituito da una struttura indipendente ed autonoma, è stato realizzato all’inizio degli anni ’90. È costituito da una serie di setti verticali sagomati in modo tale da permettere l’appoggio delle gradinate realizzate in elementi prefabbricati semplicemente appoggiati ai setti stessi.
La copertura, realizzata con elementi prefabbricati, è costituita da pilastri a forma di Y in corrispondenza di ogni setto mentre verso la struttura esistente è sostenuta da pilastri e travi in acciaio. Le fondazioni, cui vengono trasmessi gli sforzi dalla cupola, sono state realizzate su pali di diametro 420 mm.
A distanza di mezzo secolo, possiamo dire che l’opera del progettista originario, l’ingegnere Sergio Brusa Pasqué, rimane ancora attuale, sia per la forma che colpisce l’osservatore comune, ma anche per la tipologia della struttura che ancor oggi appare moderna. Oggi l’edificio è adibito principalmente alle partite della pallacanestro Varese fondata nel 1945, che ebbe tra i fondatori lo stesso progettista che, prima da giocatore e poi da strutturista, contribuì ai successi della stessa.
Il comportamento statico della cupola del Palazzetto dello Sport di Varese è quello di una membrana di rivoluzione, caratterizzato da uno scambio di sforzi nelle due direzioni definite dai meridiani e dai paralleli della cupola.
Varese con il suo palazzetto dello sport inaugurato nel 1964 ha un esempio straordinario di edificio a grandi luci che erano state sperimentate con il palasport dell’arch Luigi Nervi, a Roma nel quartiere Eur, proprio per le Olimpiadi del ’60. Dopo quegli anni in Italia si è investito molto in strutture innovative per lo sport concludendo così il percorso della realizzazione massiva di impianti sportivi di grandi dimensioni con gli stadi realizzati per il campionato del Mondo del Calcio all’inizio degli anni 90. In quell’epoca arrivarono anche i fondi per realizzare l’ampliamento del Palazzetto dello Sport di Varese. Le normative parlavano chiaro: squadre di serie A avrebbero dovuto giocare in strutture con minimo 7.000 posti a sedere. Allora il Palazzetto ne aveva poco meno di 3.500. Il progetto degli anni ’90 raddoppiò il numero degli spettatori ma durante i lavori le normative cambiarono e si scese a minimo 5.000 posti. Fu così che l’ampliamento del Palazzetto dello sport venne completato solo per una parte e solo adesso dopo 30 anni si è pensato in modo molto costruttivo e diverso di completare l’edificio “sospeso” trasformandolo in qualcosa di diverso e utile per la comunità e per la città di Varese.
L’idea di uno spazio espositivo e museale e di nuovi uffici e la predisposizione di nuovi spazi per la ristorazione, è un modo per far vivere l’impianto più giorni alla settimana. Una infrastruttura viva che possa accogliere tifosi, turisti sportivi studenti e curiosi a vivere esperienze complementari a quella sportiva per comprendere il valore dello sport e della sua storia lombarda.