Il playground incontra l’arte contemporanea

(Speciale Playground – 8)
Una divagazione dal tema del playground, scoprendo alcune suggestioni di artisti contemporanei suggerite, in contesti diversi, dalle forme dei parchi gioco.

Jeppe Hein, “Modified Social Bench for Venice #1,2,3,4”, 2019, dettaglio. Foto BG/Sport&Impianti.

Temitayo Ogunbiyi: Giocherai nel quotidiano, correndo

Napoli, Madre, 2020

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Temitayo Ogunbiyi, “Giocherai nel quotidiano, correndo”, 2020. Courtesy l’artista. Foto ©️ Tommaso Vitiello.
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Temitayo Ogunbiyi (Courtesy Madre Napoli).

Il 18 maggio ha riaperto, dopo la chiusura pandemica, il Madre, Museo d’arte contemporanea di Napoli.

La Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee, durante il lockdown ha commissionato a Temitayo Ogunbiyi, artista che vive e lavora a Lagos, la creazione di un playground, uno spazio di gioco, appositamente concepito per il Madre. Sculture interattive – disegnate ispirandosi a viti intrecciate, tecniche di acconciatura e all’itinerario tracciato da Google Maps tra Lagos e Napoli – trasformano il cortile interno del museo in un terreno di gioco e un giardino, dove bambini e famiglie possono giocare.

L’installazione sarà visitabile, e “fruibile”, fino al prossimo 2 novembre.

 

Jeppe Hein: Modified Social Bench for Venice

Venezia, Biennale d’Arte, 2019

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Jeppe Hein, “Modified Social Bench for Venice #1,2,3,4”, 2019. Courtesy l’artista. Foto BG per Sport&Impianti.
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Jeppe Hein (Foto di lev radin / Shutterstock)

Sono panchine o giochi quelle strutture in alluminio verniciato di azzurro che sono apparse nei giardini della Biennale di Venezia l’anno scorso?

Lo leggiamo nella tabella illustrativa dell’opera.  “Modified Social Benches” di Jeppe Hein (artista danese che vive e lavora a Berlino) invita all’esplorazione e alla sperimentazione attraverso una gamma di attività che vanno dal gioco al riposo. Invita anche all’interazione scoiale. La crescente scomparsa di panchine pubbliche negli spazi urbani ha spinto Hein a realizzare, nel 2005, la sua prima Modified Social Bench. Da allora, le panchine hanno assunto vari colori, forme e dimensioni ispirate alle caratteristiche dei luoghi in cui si trovano. Per i giardini della Biennale l’artista ha prodotto una serie di quattro panchine che tracciano parabole in aria come binari di un treno giocattolo, mentre rispecchiano il colore turchese della laguna di Venezia. In realtà, però, a stabilirne la posizione sono i modi imprevedibili in cui il pubblico le utilizza e le possibilità offerte di rompere schemi o comportamenti sociali, oppure di ampliarli”.

 

Gipi: Una domenica (copertina)

Fabio Geda, “Una domenica”, Ediz. Einaudi, 2019

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L’illustrazione per “Una domenica” e, in piccolo, la copertina del libro.

 

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Gipi (Foto di Giorgio Montersino – Licenza Wikimedia Commons)

Gipi, pseudonimo di Gian Alfonso Pacinotti, è innanzitutto un disegnatore di fumetti (pubblica dal 2003 con Coconino Press).

Ma è anche un richiestissimo illustratore di copertine, quasi sempre realizzate ad acquarello e disegnate a mano.

Questo libro di Fabio Geda, uscito nel settembre scorso nella collana Stile Libero Big di Einaudi, mette in copertina come motivo di attrazione dell’occhio uno scivolo giallo. Siamo in un parco, un ragazzo è in cima allo scivolo e a distanza un uomo lo osserva da una panchina.

L’atmosfera è triste, nei colori e nella postura dei soggetti: il parco giochi non viene visto nella sua accezione più ludica e spensierata.

Del resto non fa che interpretare il senso del romanzo. Lui è un ingegnere in pensione, vedovo; lei è una giovane donna che deve crescere da sola il figlio. Siamo a Torino, due solitudini che si incontrano casualmente una domenica davanti a uno skatepark (qui tra lo scrittore e il disegnatore corre una qualche “licenza poetica”). “Erano ciascuno sulla propria panchina, quella domenica, divisi da una porzione di prato e una trentina d’anni, con un ragazzino sullo skate a rammentare loro il tempo dell’incoscienza”.