A cento anni dalla sua costruzione, ecco la storia del campo realizzato da Piero Pirelli alla periferia nord di Milano.
Il campo della Bicocca

Il momento di maggior fama per il ‘campetto’ della Bicocca fu quando giocò il Milan. Fu un breve periodo, nel novembre 1919, quando la squadra aveva abbandonato il velodromo Sempione ed era in attesa della realizzazione del campo di Viale Lombardia. Una nota di merito per Piero Pirelli, socio fondatore del Milan.

Infatti nel contesto degli impianti sportivi del gruppo societario, aveva attrezzato questo campo di calcio, annesso agli stabilimenti di pneumatici. Nonostante il lungo periodo poco felice della squadra, dagli anni Venti agli anni Cinquanta, il Milan, proprio grazie a Pirelli, giunse a disporre di ben tre campi di gioco: oltre alla Bicocca e al Lombardia, anche quello che diverrà lo ‘stadio’ di Milano, ovvero S. Siro, realizzato nel 1926. Nel 1985, dopo la dismissione della fabbrica, il campo passò alla società Pro Patria e oggi al Centro Sportivo Bicocca Stadium. Il campo ebbe sempre uno stretto legame con la popolazione del quartiere, specialmente operaia. Nei mesi estivi, fra le due guerre, vi si organizzava un cinema all’aperto e spesso, di sera, si davano spettacoli pirotecnici.

Il quartiere Bicocca
Due parole sul quartiere che ospita il campo. La Bicocca è stata tradizionalmente l’area industriale di Milano, posta a mezza via fra il capoluogo e Sesto S. Giovanni, allineata lungo i grandi viali dell’espansione cittadina di inizio Novecento. Si calcola che nell’area, comprese le fabbriche di Sesto, lavorassero fino alla fine degli anni ’50 del secolo scorso, almeno 200 mila operai, 20 mila dei quali nella Pirelli. In antico, due fatti resero celebre la Bicocca: la nobile dimora della famiglia Arcimboldi, costruita intorno al 1450, tuttora sede d’archivio e di rappresentanza della Pirelli; e la battaglia combattuta il 27 aprile 1522 fra gli imperiali di Carlo V d’Asburgo e gli svizzeri assoldati da Francesco I, prodromo della decisiva battaglia di Pavia di tre anni più tardi che vide la definitiva rinuncia delle pretese francesi sull’Italia.