La storia dello storico Stadio progettato in Albania dagli italiani, che oggi è stato sostituito con un nuovo impianto sportivo, firmato ancora da italiani.
Lo Stadio Qemal Stafa di Tirana
Il cantiere dello Stadio in una foto del 3 maggio 1940. Archivio Storico Istituto Luce, riproduzione riservata.
Il 16 aprile 1939 il re d’Italia Vittorio Emanuele III assumeva per sé e per i suoi successori la Corona d’Albania. L’evento non era altro che il risultato di una progressiva ingerenza del regime fascista nella politica del paese balcanico e uno degli obiettivi espansionistici per il controllo del Mare Adriatico.
Com’è d’uso nelle colonie, l’Italia inizia subito la sua presenza con forti investimenti in lavori pubblici, anzi nel caso dell’Albania la intensifica essendo, fin dal 1924, impegnata nel miglioramento delle vie di comunicazioni stradali e nella costruzione dei porti.
Tirana, nel 1939, contava 35 mila abitanti e poteva contare da alcuni anni su un piano di sistemazione urbanistica, studiato dall’architetto romano Armando Brasini, basato sulla realizzazione di Tirana Nuova, sorta di città giardino, a sud del Bazar e del quartiere delle moschee, abbellita da ville e giardini, sede dei consolati stranieri e degli edifici ministeriali in via di edificazione.
Nei pressi del viale Savoia, l’asse direttore della nuova espansione, nell’agosto 1939, quindi neppure quattro mesi dopo l’annessione, Costanzo Ciano pone la prima pietra alla costruzione dello stadio che secondo gli intendimenti del progettista, il fiorentino Gerardo Bozio, doveva ospitare 15 mila spettatori, vale a dire quasi la metà della popolazione cittadina.
Quindi non solo un’opera pubblica, ma un vero impianto monumentale, fedele ai criteri olimpici, in forma ellittica, interamente rivestito in marmo. Un progetto ambizioso ma coerente con le temperie del periodo. I lavori, contrariamente alla frenesia che accompagnava spesso le opere mussoliniane, procedettero a rilento. Nel 1943 si bloccarono con la capitolazione dell’Italia nella guerra mondiale. Nell’immediato dopoguerra divenne un simbolo della rinascita comunista del Paese e grazie al lavoro di volontari fu infine completato e intitolato a Qemal Stafa, fondatore del Partito Comunista Albanese ed eroe antifascista: un curioso, ma prevedibile, contrappasso storico.
Il 7 ottobre 1946 vi si giocò il primo incontro di calcio, nell’ambito della Balkan Cup, dove la squadra nazionale a suggello dell’opera appena inaugurata, fece giustizia di team ben più accreditati come la Jugoslavia, la Romania (battuta in finale per 1 gol a zero) e la Bulgaria.
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