Manti ibridi: un’alternativa all’erba sintetica? Conversazione con Niko Sarris

Speciale Erba 2021.
Tra l’esigenza di giocare su una superficie quanto più naturale possibile, e contenere i costi di mantenimento a fronte di un uso intensivo dei campi, la soluzione dell’ibrido è una scelta sempre più condivisa.

Nelle immagini di questo servizio, alcuni momenti della partita Sambenedettese – Carpi del 24 gennaio 2021 sul manto ibrido dello Stadio Riviera Delle Palme di San Benedetto del Tronto (Ascoli Piceno). Credits: Niko Sarris/PowerGrass.

Sintetico e naturale si incontrano: il naturale rinforzato e l’ibrido.

Delle caratteristiche dei due principali sistemi di manti ibridi oggi in commercio (quello a filo cucito direttamente nel terreno e quello, in diverse varianti, basato su tappeto con supporto) abbiamo parlato in un precedente articolo. Sulla bilancia, ad un maggior costo iniziale corrisponde un decisivo aumento delle ore di gioco a settimana, rispetto all’erba naturale e, rispetto alla semplice erba sintetica, performance, sicurezza e durata nel tempo, che può arrivare anche ai vent’anni, con una inversione di rotta nell’impatto ambientale.

In questo articolo andiamo ad approfondire alcuni aspetti dell’impiego dell’ibrido attraverso una conversazione con Niko Sarris, esperto nel settore e detentore di 7 brevetti.

Le certificazioni ambientali nella normativa europea

(Facebook)

La pandemia COVID-19 ha tolto il sipario ad un problema che finora abbiamo compreso, ma ben poco si è fatto per mitigare l’impatto sull’ambiente di ogni attività antropica. Le normative ambientali promosse dalla Commissione Europea prendono in esame i prodotti ed i servizi di tutta la filiera produttiva e per tutto il ciclo di vita del prodotto. Attraverso le banche dati è possibile stimare le emissioni di CO2 con l’obiettivo di raggiungere un bilancio di emissioni zero, entro il 2050, così come prevede l’accordo sul clima di Parigi, che è stato di recente rettificato, con un obiettivo intermedio di ridurre le immissioni del 55% entro il 2030.

Ogni prodotto o impianto ha tre fasi di certificazione: la fase A della produzione ed eventualmente dell’installazione fino alla consegna del bene all’uso, la fase B dell’uso e della manutenzione del bene e la fase C della dismissione del bene con lo smaltimento a rifiuto, il riciclo oppure il riuso.

La maggior parte delle certificazioni ancora oggi, sono svolte nell’ambito industriale e riguardano principalmente la fase A ed in misura inferiore quella C che è già un buon punto di partenza per progettare i beni con l’intento di riciclarli, ma non risolutivo, se non si affronta il problema per tutto il ciclo di vita del bene.

Il periodo d’uso e manutenzione è quello più lungo del ciclo di vita di un bene ed è proprio quello che sfugge ad ogni controllo, anche perché il più delle volte dipende dall’utente finale che non dispone nemmeno delle competenze tecniche per comprendere come usare ogni prodotto e tanto meno mantenerlo correttamente. Soltanto attraverso un “uso e manutenzione” ecocompatibile possiamo prevenire l’inquinamento ambientale e prolungare la vita utile del bene ed è questo il punto centrale dell’economia circolare in particolar modo laddove la manutenzione incide maggiormente.

Lo stato di fatto dei campi in Italia

Per quanto riguarda in particolare i campi di calcio, attualmente in Italia esiste il regolamento LND per la realizzazione dei campi in erba interamente sintetica con gli opportuni controlli, che è centrato esclusivamente nella fase A e lo fa con una notevole scrupolosità, ma nessun processo è stato finora studiato per le altre due fasi.

I campi sportivi in erba sintetica, da una parte, aumentano la fruibilità del campo e facilitano la manutenzione, ma non sembrano convincere del tutto i giocatori professionisti e gli esperti sull’impatto ambientale; senza considerare che i costi di manutenzione straordinaria ogni 10 anni circa richiedono il rifacimento del campo e lo smaltimento di quello usurato.

Dall’altra parte, i campi in erba naturale richiedono una elevata manutenzione ordinaria, principalmente per ripristinare le buche dopo ogni partita ma, anche se mantenuti bene in certi periodi dell’anno, sono poco resistenti all’uso intensivo e poco resilienti ai cambiamenti climatici e, per giunta, il rischio d’insuccesso oppure di impraticabilità dopo una pioggia torrenziale è elevato. Anche in questo caso il costo di manutenzione straordinaria è elevato.

Nel corso degli anni sono stati sviluppati diversi sistemi di rinforzo, integrando fibre e manti artificiali nei substrati sabbiosi che rendono il campo naturale più stabile ed aumentano la sua fruibilità: si tratta dei sistemi “a filo cucito” e dell’ibrido vero e proprio.

Le caratteristiche di un campo ibrido

Ci soffermiamo ora sul caso di un campo ibrido, in erba sintetica e naturale, ideato per l’uso intensivo per il gioco ludico, gli allenamenti e le partite per ogni tipo di attività che oggi si svolge su erba naturale o sintetica. Il tappetto ibrido integrato all’interno di un sistema ha lo scopo di rinforzare l’erba naturale per resistere ad un maggior numero di ore di gioco intensivo in un periodo di tempo ridotto ed allo stesso tempo offrire la garanzia di poter disporre di un campo sempre giocabile.

Il rinforzo dell’erba avviene perché le fibre sintetiche sporgono in superficie almeno 20 mm e proteggono le corone delle piante mentre il backing sintetico offre una rete per l’ancoraggio alle radici e questo funziona quando sono rispettate tutte le condizioni fisico-chimiche che favoriscono i processi biologici funzionali alla crescita dell’erba.

Nel sistema preso in esame la manutenzione ordinaria è ridotta e, attraverso il metodo di agricoltura rigenerativa, è possibile rendere l’erba naturale immune a malattie ed insetti, offrendo un impatto ambientale positivo. Se la manutenzione viene eseguita con regolarità necessita meno interventi straordinari.

Si stima un ciclo di vita oltre il ventennio, ma anche dopo vent’anni non si ha un limite perentorio di scadenza che richieda la sostituzione del sistema. Nel caso di una gestione pluriennale, al termine della gestione è sufficiente una semina e qualche concimazione per rigenerare il campo e consegnarlo nello stato originale.

Il tappeto ibrido prolunga la durata della stagione favorevole alla crescita perché mitiga gli stress abiotici, da caldo o da freddo, per merito del suo backing che offre un effetto isolante alle radici. Quando l’erba non cresce il tappeto ibrido garantisce un campo sempre giocabile anche quando l’erba naturale perde la sua parte aerea (fogliare), perché le fibre sintetiche e le radici mantengono la superficie stabile per il gioco. Alla ripresa vegetativa, dalle corone delle piante protette tra le fibre emergono nuove piante che occupano di nuovo la superficie.

L’erba naturale previene il rischio di erosione del suolo dovuto ad improvvise intemperie che possano provocare allagamenti, perché le sue radici stabilizzano l’intaso sabbioso insieme al manto sintetico ed il sottofondo sabbioso.

L’erba naturale consente una durata maggiore della fibra sintetica perché copre e riduce il consumo della fibra a causa del gioco intensivo e mitiga l’invecchiamento precoce della fibra perché non è esposta direttamente ai raggi UV del sole. L’erba naturale sopporta la maggior parte del gioco durante il periodo di crescita e, allo stesso tempo, assorbe tutta l’energia solare per i suoi processi biologici.

L’erba naturale agevola il governo idraulico del territorio perché è in grado di assorbire una elevata quantità di acqua nel substrato sabbioso a seguito di forti precipitazioni e trattenere l’acqua libera sospesa tra i mesopori del substrato, per merito delle forze capillari fino alla completa saturazione del substrato. Soltanto quando le forze di gravità prevalgono sulle forze capillari nel substrato, l’acqua in eccesso si trasferisce negli strati drenanti mitigando così la velocità di deflusso dell’acqua piovana verso gli scarichi. Si suggerisce l’installazione di ampie vasche di accumulo dell’acqua piovana che una volta filtrata dall’erba naturale, potrà essere usata nuovamente per l’irrigazione evitando di prelevare l’acqua potabile di falda.

La manutenzione e la gestione dei campi sportivi

La cura dell’erba naturale ad uso sportivo all’interno del sistema ibrido non è facile rispetto ad un campo sintetico, quindi non può essere assegnata a chiunque sia in grado di guidare un trattorino ma è semplice da comprendere se l’addetto alla manutenzione ha le nozioni agronomiche di base ed è motivato da un pensiero probiotico. Durante il percorso formativo, ad opera di esperti anche a distanza, potrà acquisire i principi dell’agricoltura rigenerativa e come operare seguendo le linee guida dell’economia circolare diventando a sua volta un faro per gli altri nel territorio.

Nel sistema ibrido preso in esame la manutenzione ordinaria è ridotta perché non si formano le buche e l’erba è protetta dal sistema. Gli sfalci con macchine elicoidali sono necessari da 65 a 110 volte all’anno, in base al livello della categoria di gioco. L’uso intensivo del campo richiede anche competenze sulla fisiologia dell’erba, le sue necessità nutrizionali ed a quali stress viene sottoposta. In genere, un piano nutrizionale equilibrato, frequenti areazioni del substrato per alleviare il compattamento e la gestione dell’acqua per l’irrigazione sono sufficienti per buoni standard di qualità.

Il gestore deve poter controllare anche la modalità d’uso perché, pur semplificando la manutenzione ordinaria, è necessaria comunque una presenza costante di una persona che avrà la facoltà di coordinare con la gestione amministrativa anche quando e quanto usare il campo.

L’addetto alla gestione impara a tracciare e documentare i processi della manutenzione e la frequenza d’uso per valutare l’efficienza e l’impatto ambientale. Un compito che consente di offrire un valore aggiunto alla sua azienda e al territorio completando il monitoraggio del ciclo di vita di un sistema sostenibile con le opportune prove di efficienza e le certificazioni di efficacia.

Soltanto la combinazione tra i sistemi ibridi efficaci, i metodi di manutenzione ecologici e l’uso corretto del campo possono contenere le spese dirette ed indirette con un impatto ambientale positivo, rendendo i campi fruibili e sicuri per il gioco.

Nasce quindi la necessità di formare dei gestori qualificati affinché gli impianti sportivi siano sostenibili. Oltre il servizio di gestione e di manutenzione ordinaria del campo i Gestori si devono occupare anche della manutenzione straordinaria o dell’eventuale risanamento conservativo o della ristrutturazione.

Prima ancora dell’incarico al gestore, va quindi studiato un progetto esecutivo di sostenibilità che comprende in modo puntuale anche la stima dei costi di uso e di manutenzione con una proiezione lungimirante atta ad aumentare la fruibilità e la efficienza delle strutture sportive. Il progetto deve provvedere, al termine del periodo della gestione, anche quelle attività e le somme di accantonamento necessarie per la consegna del campo nella sua forma originale o comunque migliorativa rispetto al punto di partenza.