Erba naturale: intervista all’esperto. Quattro domande a Erminio Sinigaglia

Speciale Erba 2021.
Perito agrario, Erminio Sinigaglia dal 1985 lavora a fianco dei proprietari e gestori di impianti sportivi, soprattutto impianti calcistici nazionali ed internazionali. Ha seguito per molti anni la rubrica di Tsport dedicata ai campi in erba naturale.

Pubblicazione cartacea su: Tsport 337
Genova, centro sportivo “Signorini”, manto in erba naturale Rappo (archivio Tsport).

Tsport: La scelta di realizzare un campo in erba naturale o in erba sintetica dipende da diversi fattori, quali la frequenza d’uso prevista, il budget iniziale e quello annuale per la manutenzione. Soffermandosi in particolare sul tema dell’erba naturale, quali possono essere i motivi per cui si fa spesso fatica oggi ad ottenere un manto in perfette condizioni?

E.S: I fattori che influiscono sulla tenuta o sulle condizioni di un tappeto erboso naturale sono molteplici, primo fra tutti è il carico di gioco a cui è sottoposto. Spesso le società sportive sono “costrette” a far giocare molte ore sullo stesso campo, sia per l’allenamento che per le partite di campionato. È evidente che se il campo di calcio viene progettato, costruito e mantenuto nel migliore dei modi l’erba naturale riesce a sopportare carichi di gioco che variano da essenza a essenza, a seconda se il tappeto erboso è costituito da microterme o macroterme. Un altro problema può essere la costituzione del substrato che ospita il prato. Il substrato può essere formato da terreno vegetale con una quantità di sabbia totale non inferiore all’80% o da sabbia silicea con granulometria rientrante nella direttiva U.S.G.A.. Diversamente si rischia di avere delle problematiche a livello di ristagni idrici causati da mancanza di infiltrazione idrica che provocano il disfacimento totale del prato durante le attività agonistiche in condizioni climatiche sfavorevoli. Non ultimo possiamo soffermarci sulla manutenzione, quale vera arma strategica per il buon mantenimento di una superficie erbosa sportiva, sempre che sia stata progettata e costruita nel modo corretto. Una manutenzione eseguita non osservando i criteri più attuali di conservazione porta al graduale deterioramento del prato.

Tsport: Ritiene che ci siano o ci possano essere in futuro delle novità che possano aiutare ad aumentare la resistenza all’usura dei manti in erba naturale, attraverso un uso diverso dei prodotti per la concimazione, o la selezione di nuove varietà botaniche?

E.S: Ritengo che possiamo già considerarci nel futuro. Negli ultimi anni sono stati fatti passi da gigante per quanto concerne il “mondo del tappeto erboso” in quanto sia le essenze, i fertilizzanti, gli integratori, le specialità, le attrezzature per la manutenzione sono sempre più performanti e permettono di ottenere buoni risultati. Se a questo si associa l’effettiva capacità del manutentore di eseguire gli interventi con i corretti materiali e le giuste attrezzature senza farsi influenzare da altri interessi, le probabilità di ottenere un buon tappeto erboso aumentano. Questo concetto può essere smentito se la superficie erbosa viene utilizzata molto più delle ore che sono consentite dalle linee guida della Lega Calcio. In questi ultimi anni ci si è affacciati ad una costruzione delle superfici di gioco utilizzando una consociazione di essenze fra le macroterme, soprattutto  bermudagrass ibride, e microterme, quale Lolium perenne. I campi di calcio vengono costruiti con varie varietà di bermuda ibrida, utilizzando soprattutto zolle prevegetate in vivaio. Visto che la bermuda durante il periodo autunno-invernale, per la sua costituzione fisiologica, va in dormienza perdendo la parte aerea, le superfici erbose si traseminano nel periodo di fine settembre con del Lolium perenne in mix. Questa unione di essenze permette alle Società Sportive di utilizzare i loro campi nel periodo primaverile-estivo senza problemi perché in questo periodo le macroterme esprimono il massimo delle loro caratteristiche positive. Sono aggressive con le infestanti, pertanto non permettendo il loro sviluppo, formano un folto e resistente tessuto erboso, danno la possibilità di un alto utilizzo, e fino ad ora non vengono interessate da patogeni. Anche le microterme traseminate nel periodo di fine estate ed utilizzate nel periodo autunno-invernale esprimono le loro caratteristiche positive in quanto fisiologicamente adatte alle caratteristiche climatiche, fino alla successiva primavera, quando la bermuda riprenderà il possesso del prato. Possiamo definire questa consociazione “ibrido naturale-naturale” in quanto la bermuda costituisce la struttura della superficie apportando resistenza meccanica e il Lolium perenne garantisce la giocabilità e le caratteristiche estetico-funzionali nel periodo invernale. Per ottenere quanto espresso diviene indispensabile una gestione molto oculata da addetti preparati professionalmente perché la consociazione richiede competenze botaniche, agronomiche e meccaniche.

Tsport: Abbiamo rivolto questa domanda anche al presidente della Commissione impianti sportivi in erba artificiale della LND, Antonio Armeni: pensa che l’avvento dei campi in “erba naturale rinforzata” sia una evoluzione del concetto di erba sintetica o, viceversa, un aiuto all’impiego dell’erba naturale riservato ai club più quotati per costo e necessità di manutenzione?

E.S: Si può dire che l’erba artificiale non abbia bisogno di quella naturale per essere utilizzata, da sola può essere gestita in ambiti sportivi diversi garantendo quello di cui le Società Sportive hanno bisogno. Al contrario l’erba naturale, nel caso di uso oltre il limite di sopportazione al calpestio, può trovare un valido supporto nella realizzazione di manti erbosi “ibridi o rinforzati”. Sul mercato esistono vari tipi di prodotti e di aziende che li commercializzano. Non tutti garantiscono gli effetti sperati per vari motivi, tra cui la difficoltà ad eseguire certe operazioni meccaniche di manutenzione, fra le quali l’arieggiatura, operazione fondamentale per lo sviluppo dell’erba naturale. Anche il mancato approfondimento dell’apparato radicale causato dal tessuto artificiale è un grosso problema, specialmente nel periodo estivo, quando la temperatura a terra supera i 55°C. L’apparato radicale si riduce a soli pochi centimetri a causa del forte caldo e alla mancata resistenza meccanica data dall’erba insediata nell’ibrido. La gestione delle pratiche irrigue per il mantenimento igrometrico del substrato deve essere eseguita con scrupolo per non incorrere in frequenti presenze di patologie, difficili da contenere per la scarsa o quasi assente possibilità d’impiego di fungicidi, grazie alla normativa del Piano d’Azione Nazionale sull’utilizzo dei fitofarmaci (PAN). A fronte di aspetti positivi e negativi che possiamo incontrare costruendo, utilizzando e manutentando un campo di calcio con la presenza di un “ibrido”, c’è un costo da sostenere non indifferente che solo poche Società Sportive si possono permettere. Le piccole Società Sportive o Amministrazioni Comunali che utilizzano 1-2 campi di calcio per poter praticare tutte le loro attività agonistiche potrebbero sicuramente beneficiare delle superfici erbose così fatte, ma i costi d’impianto e la manutenzione in generale sono troppo elevati da sostenere. Preferiscono investire in un campo in erba artificiale avendo costi di manutenzione molto più bassi e meno problematiche da gestire in qualsiasi momento stagionale ci si trovi.

Tsport: Poiché fra i nostri lettori ci sono molti progettisti che sono architetti, geometri, ingegneri e non agronomi, quali consigli si possono dare loro nel momento in cui sono incaricati di realizzare un campo di calcio in erba naturale, affinché i risultati siano poi soddisfacenti nel tempo?

E.S: La prima cosa che mi viene in mente, che ognuno deve fare la sua parte. Il professionista deve partecipare al progetto senza occuparsi della parte agronomica e viceversa, cioè l’agronomo specialista nella progettazione di campi sportivi non deve occuparsi della parte edilizia, come l’architetto, l’ingegnere ed il geometra non si dovrebbero occupare dell’aspetto agronomico. Questo ha lo scopo di consegnare al cliente finale un progetto specifico e integrato in ogni sua parte, perché ogni professionista metterà a disposizione la propria esperienza di settore. Vedo spesso che professionisti, non agronomi, progettano in un ambito più ampio, come per esempio un centro sportivo, campi di calcio in erba naturale o in artificiale copiando i progetti altrui. In questo caso non avendo esperienza “nell’assemblare” il progetto correttamente si commettono grossi e gravi errori e il tutto va a ripercuotersi sul buon risultato, mettendo in difficoltà da prima la ditta appaltatrice nella costruzione e poi le Amministrazioni Comunali e/o Società Sportive che dovranno gestire il nuovo campo sportivo. Per essere chiaro il professionista architetto, ingegnere e geometra deve attenersi strettamente alle proprie competenze professionali, come daltr’onde l’agronomo, collaborando fra loro per il bene comune del progetto.