Alto impatto ambientale

Questa rubrica entra ormai nel suo decimo anno, ma sfogliando le considerazioni fatte parecchio tempo addietro molte preoccupazioni rimangono sempre attuali.

Pubblicazione cartacea su: Tsport 326

Come abbiamo già osservato altre volte, risfogliando le considerazioni fatte parecchio tempo addietro, scopriamo che accanto a idee sempre nuove e virtuose, molte preoccupazioni rimangono sempre attuali. In occasione della imminente candidatura di Milano e Cortina – che auspichiamo vada a buon fine, purché lo faccia in modo… virtuoso – ai giochi olimpici invernali del 2026, e con un occhio a quanto sta realizzando Tokyo per il 2020, vogliamo riprendere alcuni temi svolti in questa rubrica nel 2010, a proposito dell’impronta ambientale dei grandi complessi sportivi.

La seconda metà del secolo scorso ha visto definitivamente tramontare il carattere “dilettantistico” sia dell’approccio alla disciplina sportiva da parte degli atleti praticanti sia quella organizzativa da parte dei vari comitati organizzatori o promotori dell’evento sportivo. Accanto all’accrescimento della fama e del successo degli atleti e delle manifestazioni si è cercato di porre regole e procedure progressivamente più chiare e vincolanti ed i “luoghi” deputati allo svolgimento si sono accresciuti tecnicamente in modo spesso spettacolare.
Ciò è senza dubbio coinciso con l’accrescimento del valore politico e mediatico dei risultati conseguiti nelle varie discipline all’interno soprattutto delle grandi manifestazioni planetarie. E’ sufficiente ricordare l’eco prodotto dai ripetuti boicottaggi nelle partecipazioni delle rappresentative nazionali alle varie edizioni olimpiche.
Questa attenzione alle sorti delle vicende ed ai risultati legati alle discipline sportive ha accresciuto gli investimenti economici nell’organizzazione delle manifestazioni, nei budget delle Federazioni accrescendo di conseguenza le aspettative riguardanti i complessi sportivi.


Vorrei ora soffermarmi sui casi limite in cui ci si è spinti al fine di permettere la disputa di gare ufficiali di livello mondiale: a parte i grandi involucri all’aperto o al chiuso (stadi, palazzetti, velodromi, piscine, etc) meritano particolare attenzione ai fini ambientali le realizzazioni o l’utilizzo dei grandi bacini lacustri per la disputa degli sport acquatici, gli autodromi e soprattutto gli interventi in montagna per le discipline invernali.

Relativamente all’utilizzo degli spazi lacuali gli elementi di ordine ambientale rivestono un duplice aspetto: in fase di creazione (se si tratta di ampliamento o nuova realizzazione) devono essere presi in seria considerazione tutti gli aspetti legati alla modifica del ciclo microbiologico legati alla presenza (modifica del livello di umidità nell’aria, alterazioni delle falde, sistemi di purificazione delle acque, etc) che possono determinare sia dei piacevoli miglioramenti nella godibilità di un comprensorio ma anche, viceversa, dei pesanti condizionamenti climatici ed ambientali. Relativamente all’utilizzo degli spazi ai fini sportivi ed agonistici, specie per la motonautica, potrebbero emergere delle criticità in merito a potenziali inquinamenti da combustibili e del rispetto dei limiti acustici zonali. La stessa compresenza di appassionati di sport motoristici ed utilizzatori di imbarcazioni a vela o remi del bacino potrebbero generare, se non opportunamente gestite, pericolose sovrapposizioni.

Discorso analogo si potrebbe fare in relazione agli impianti motoristici (autodromi, Kartodromi, impianti di motocross, etc) che spesso vengono concepiti e realizzati in contesti ambientali di tutto pregio (Nurburgring, Monza, etc) e che spesso oltre a dover tollerare intensità acustiche rilevantissime generano concentrazioni di folla assolutamente innaturali per il contesto entro cui sono ubicate.
Il vero caso limite è tuttavia rappresentato dagli impianti montani: se alcuni di essi sono divenuti veri oggetti di design (vedi il trampolino di Innsbruck o quello di Holmenkollen), non si può certo dire lo stesso di altri interventi ove per adeguare una pista di discesa libera o sistemare una pista di bob non si è davvero fatto alcuna valutazione di impatto ambientale e gestionale. Spesso tali interventi sono coincisi con la fretta dovuta all’imminenza di un evento agonistico di livello mondiale.

Sbancamenti scriteriati, modifica delle falde acquifere, realizzazione di manufatti sorprendentemente avulsi dal contesto, utilizzo massiccio di agenti chimici per la gestione del freddo (ammoniaca, cloruri, etc) o della planarità delle piste, parcheggi ed aree di servizi che testimoniano un vero scempio tanto più evidente nella stagione estiva sono il prezzo pagato dal contesto naturale all’antropizzazione agonistica delle montagne. L’impianto principe che riassume gran parte di tali nefasti aspetti e quello per il bob e lo slittino.
In esso l’elevatissimo costo di realizzazione e di manutenzione è spesso inversamente proporzionale al numero degli atleti coinvolti. La storia degli impianti creati dall’inizio del secolo scorso è un esempio della deriva generale che ho cercato di riassumere con quest’articolo: prima uno sparuto gruppo di appassionati spesso reduci da altre sfortunate esperienze in sport più popolari che si confrontano in piste di ghiaccio naturale, poi la necessità propria dell’agonismo di migliorare i limiti cronometrici attraverso la modificazione dei mezzi, la specializzazione degli atleti, l’adeguamento delle piste, infine il paradosso di voler/dover realizzare impianti in condizioni climatiche decisamente avverse, determinano la necessità di rendere le piste “a raffreddamento artificiale” con la conseguente necessità di stoccare e gestire tonnellate di sostanze chimiche altamente inquinanti del tutto estranee al contesto.

Per concludere occorre riflettere sull’assurdità degli argomenti e dei contenuti proposti dai Comitati organizzatori in certi dossier di candidatura che vorrebbero immaginare ricadute economiche, gestionali, occupazionali che spesso non hanno alcun riscontro con la realtà.
Ritengo che in un futuro non lontano occorrerà confrontarsi seriamente ai massimi livelli decisionali esaminando sul campo gli effetti dirompenti causati da alcune infelici realizzazioni al fine di studiarne le cause per prevenirne assolutamente le problematiche.