Atlantide, l’acquapark fantasma

Le scene del film “Le ragazze non piangono” riportano in luce un non-luogo che ha molto a che fare con le scelte di programmazione, investimento e gestione di fondi pubblici e privati.

Pubblicazione cartacea su: Tsport 352
(Foto Vincenzo Martinelli / ascosilasciti.com)

Le ragazze non piangono è l’opera prima di Andrea Zuliani, regista e co-sceneggiatore di un road movie all’italiana, presentato alla Festa del Cinema di Roma 2022 nella sezione “Alice nelle città”. Protagoniste le due giovani attrici Emma Benini e Anastasia Doaga (a sinistra la locandina).

Una parte prevalente delle scene è stata girata in luoghi della Basilicata. Come ha raccontato lo stesso Zuliani nelle sue presentazioni del film in giro per l’Italia (per noi al “Rondinella” di Sesto San Giovanni), “Sui luoghi in cui girare è stata fatta una ricerca non banale, perché volevamo evitare l’effetto cartolina che si trova in tanti road movie simili al nostro. Abbiamo quindi cercato posti anche molto difficili da raggiungere a livello pratico, spesso non si intuisce nemmeno dove siano; volevamo proprio restituire l’idea del perdersi, lo spettatore deve sentirsi disorientato come le protagoniste, un po’ come tutti quanti durante l’adolescenza”.

È tra questi non-luoghi che compare Atlantide, l’aquapark fantasma. Lo abbiamo ricercato sulle mappe.

Due fotogrammi del film (produzione Twister Film, Rain Dogs, Rai Cinema, con il contributo del Ministero della Cultura).

Dal Lido di Metaponto, risalendo la Strada provinciale 2, occorrono 17 km per arrivare all’altezza di Atlantide, sul confine tra Puglia e Basilicata, nel paesaggio asciutto della valle del Bradano, dove oltre a qualche isolata masseria trasformata in agriturismo, non è visibile un’abitazione a perdita d’occhio. Montescaglioso, il Comune cui appartiene questo luogo, è nascosto dietro i calanchi, ad altri 18 km verso l’interno.

La storia dell’Atlantide metapontino è banale, e rappresentativa. Forse non si tratta nemmeno di un calcolo sbagliato sulla redditività di un investimento (quanti bagnanti dal Lido di Metaponto sarebbero risaliti fin qui per passare una giornata in piscina?).

Per di più, in un territorio dove l’agricoltura deve (soprattutto in estate) spartirsi la poca acqua distribuita dal locale Consorzio di Bonifica, a che costo si sarebbe approvvigionato l’acquapark?

È intorno al 2000 che arrivano dei fondi pubblici, il Sud Italia ne ha bisogno. Le scelte vengono fatte, la programmazione decide che possono andare a questa iniziativa. Il Parco Atlantide viene realizzato e apre (condizione necessaria per ottenere il finanziamento): una stagione, poi l’imprenditore dichiara fallimento.

E la storia è già finita. Come illustra il servizio fotografico di Vincenzo Martinelli da cui è tratta la gallery in basso (pubblicato per esteso sul sito ascosilasciti.com, che si dedica alla ricerca “dei luoghi in rovina, creati, vissuti e poi dimenticati dall’uomo”), dopo vent’anni la vegetazione riprende possesso dei ruderi di un finto tempio neoclassico e avvolge scivoli e fontane. Rifiuti, resti di cibo e materassi di fortuna rivelano tracce di vita di qualche disperato in cerca di rifugio.

Naturalmente questo non è un caso isolato. Solo in Italia sono noti e documentati almeno una decina di parchi acquatici abbandonati: dall’Acqua Sport Park di Pantigliate (Milano), all’Aquaria Park di Pinarella di Cervia, e poi nelle Marche, in Puglia, Campania, Sardegna.

Ci sono casi dolosi accanto ad errori di valutazione. Di fatto realizzare e poi gestire un parco acquatico è un’impresa di grande impegno economico-finanziario, con costi elevati di gestione, che non può essere affidata all’improvvisazione: non basta affiancare uno scivolo, una fontana, una laguna, per far tornare i conti. I parchi acquatici hanno successo, quando sono collocati nel giusto bacino di utenza e hanno una solida organizzazione alle spalle.