Speciale Pubbliche Amministrazioni
Il nuovo Codice dei Contratti Pubblici

Lo Speciale di Tsport 349 è rivolto agli Enti pubblici – i principali committenti dei lavori nel nostro settore –, sottoposti a una serie infinita di norme, disposizioni, procedure, che oltretutto vengono continuamente modificate e aggiornate. Ultima novità, la riforma del Codice dei Contratti Pubblici.

Pubblicazione cartacea su: Tsport 349
Il Municipio storico di Cinisello Balsamo (Mi). Foto di Emanuela Campara (lic. Creative Commons).

Il Codice dei contratti pubblici attualmente vigente (decreto legislativo n. 50 del 18 aprile 2016) sostituisce il primo impianto normativo che disciplinava gli appalti, costituito dal Decreto legislativo n. 163 del 12 aprile 2006 e dal relativo regolamento (il D.P.R. n. 207/2010), emanati in attuazione di due direttive europee del 2004.

Sono sempre le direttive europee (questa volta le n. 23,24 e 25 del 2014) che hanno resa necessaria la riscrittura del Codice, rinato appunto con il Dlgs 50/2016. Un Codice di appena 220 articoli, contro i 257 del precedente, cui si aggiungevano i 359 articoli del Regolamento.

Una apparente semplificazione, non fosse per la mancanza di un periodo transitorio per l’entrata in vigore (tanto che, nell’incertezza applicativa, ci fu un drastico crollo delle gare), e la previsione di decine di provvedimenti attuativi necessari per il pieno funzionamento del Codice.

Ma non basta: nei mesi successivi arrivano un avviso di rettifica (Gazzetta ufficiale n. 164 del 15 luglio 2016), con circa 170 modifiche; seguito dal cosiddetto “Decreto correttivo” (Decreto legislativo 19 aprile 2017, n. 56) con altre 441 modifiche.

Seguiranno altri provvedimenti modificativi, costituiti in prevalenza da decreti poi convertiti in leggi, in tutto 17, in media tre all’anno.

Il nuovo Codice dei Contratti Pubblici

L’approvazione, da parte del Consiglio dei Ministri, del decreto legislativo di riforma del Codice dei Contratti Pubblici – avvenuta il 16 dicembre scorso – rispetta quanto disposto dalla Legge Delega n. 78 del 21 giugno 2022, che prevedeva il varo del nuovo Codice entro il 9 gennaio 2013.

L’approvazione di questa riforma costituisce un importante obiettivo del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), che ne dettaglia il contenuto.

Come previsto dalla legge delega, la formulazione del progetto di Codice è stata affidata al Consiglio di Stato, che, attraverso i lavori di una apposita commissione, ha formulato la proposta poi approvata, in prima battuta, dal Consiglio dei Ministri.

Le considerazioni riportate in questo articolo non possono che riferirsi al testo approvato in quella sede: ricordiamo che, prima della sua definitiva pubblicazione in Gazzetta Ufficiale esso è stato sottoposto alle Commissioni Parlamentari per arrivare all’approvazione definitiva, e potrà subire quindi ulteriori modifiche.

L’efficacia delle disposizioni contenute nel nuovo Codice è comunque prevista a partire dal prossimo 1° aprile per i nuovi procedimenti; dal 1 luglio, con l’abrogazione delle norme finora vigenti, il Codice sarà applicato anche ai procedimenti già in corso.

Lo “Schema definitivo di codice” che il Governo ha approvato il 16 dicembre comprende un numero di articoli analogo a quelli del codice vigente, ma ne riduce di molto i commi, riduce di quasi un terzo le parole utilizzate e, con i suoi 35 allegati, abbatte in modo rilevante il numero di norme di attuazione necessarie per il suo funzionamento e integra buona parte delle linee-guida oggi redatte dall’ANAC (Autorità Nazionale Anticorruzione).

Ne delineiamo in questa sede alcuni dei principali elementi di novità rispetto alla normativa vigente.

Il principio del risultato

(vai all’art. 1)

A differenza del Codice vigente, il progetto del nuovo Codice ha inteso dedicare una parte generale alla codificazione dei principi che riguardano l’intera materia dei contratti pubblici, significando (come nell’articolato si andrà a tentare di fare) che va privilegiato il principio rispetto alla lettera formale della norma.

La premessa alla “Relazione” redatta dal Consiglio di Stato argomenta che “rispetto alle altre fonti primarie la caratteristica di un codice è la sua tendenza a costituire un “sistema” normativo. Nell’ambito di tale sistema, i principi rendono intellegibile il disegno armonico, organico e unitario sotteso al codice rispetto alla frammentarietà delle sue parti, e consentono al tempo stesso una migliore comprensione di queste, connettendole al tutto”.

Più in generale, attraverso la codificazione dei principi, il nuovo progetto mira a favorire una più ampia libertà di iniziativa e di auto-responsabilità delle stazioni appaltanti, valorizzandone autonomia e discrezionalità (amministrativa e tecnica) in un settore in cui spesso la presenza di una disciplina rigida e dettagliata ha creato incertezze, ritardi, inefficienze. Ciò in quanto la legge – soprattutto un codice – non può inseguire la disciplina specifica di ogni aspetto della realtà, perché si troverà sempre in ritardo, ma deve invece fornire gli strumenti e le regole generali e astratte per regolarla”.

Una interpretazione innovativa, non priva di rischi (ad esempio nel concetto di “discrezionalità”), ma che palesa l’obiettivo di evitare le tipiche lungaggini procedurali che si manifestano nel nostro Paese, dovute spesso alla cavillosa applicazione delle singole norme e/o al “timore della firma” da parte del funzionario cui non è permesso compiere errori.

L’articolo 1 enuncia quindi l’interesse pubblico primario che è l’affidamento del contratto e la sua sollecita esecuzione. La “concorrenza” e la “trasparenza” sono enunciati quali valori funzionali alla semplicità, alla celerità e alla verificabilità della corretta applicazione del Codice.

Una notazione importante: le linee di principio qui definite sono state tracciate nel solco del diritto europeo, in netta divergenza con quanto fino ad oggi è stato il modo di decidere da parte della giurisprudenza italiana. Lo stesso Consiglio di stato riconosce esplicitamente che “la Corte di Giustizia Europea, sempre attenta agli aspetti sostanziali del singolo caso, non ha mai dato seguito ad approcci meramente formalistici, ispirati al solo rispetto della legalità o a una tutela fideistica della concorrenza. Basti pensare al ripetuto rifiuto di ogni automatismo e alla continua valorizzazione dei poteri discrezionali della stazione appaltante, specie in merito all’affidabilità degli operatori economici”. Tutto il contrario di quanto avvenuto da noi fino ad oggi.

Il principio del risultato, dunque (comma 3 dell’art. 1) “costituisce attuazione, nel settore dei contratti pubblici, dei principi di efficienza, efficacia ed economicità ed è perseguito nell’interesse della comunità e per il raggiungimento degli obiettivi dell’U.E”. Ne consegue dunque quanto esplicitato al comma 4:”Il principio del risultato costituisce criterio prioritario per l’esercizio del potere discrezionale e per l’individuazione della regola del caso concreto. Si tratta, quindi, di un principio-guida nella ricerca della soluzione del caso concreto, al fine di sciogliere la complessità, spesso inevitabile, che deriva dall’intreccio di principi, norme di diritto dell’Unione europea, norme di legge ordinaria, atti di regolazione e indirizzi della giurisprudenza”.

In tale quadro, si cerca di alleggerire la responsabilità (amministrativa e disciplinare) del funzionario pubblico per “contrastare, anche attraverso tale previsione, ogni forma di burocrazia difensiva” (quella che rallenta la decisione di apporre una firma su un atto): in quest’ottica “si premia il funzionario che raggiunge il risultato attenuando il peso di eventuali errori potenzialmente forieri di responsabilità”.

Il principio è per noi quasi “rivoluzionario”: vedremo se l’attuazione sarà in grado di produrre i risultati voluti.

La semplificazione dei livelli di progettazione

(vai all’art. 41)

L’articolo attua una significativa revisione della disciplina vigente con lo scopo di semplificare i contenuti della disciplina contenuta nel codice, rinviando ad allegati per aspetti di carattere più prettamente tecnico e operativo.

La riduzione degli attuali tre livelli di progettazione a due soli livelli costituisce attuazione del criterio direttivo previsto dalla legge delega, finalizzato alla “semplificazione delle procedure relative alla fase di approvazione dei progetti in materia di opere pubbliche, anche attraverso la ridefinizione dei livelli di progettazione ai fini di una loro riduzione, lo snellimento delle procedure di verifica e validazione dei progetti e la razionalizzazione della composizione e dell’attività del Consiglio superiore dei lavori pubblici” (Legge 78/2022, art. 1, comma 2, lett. q). Non giunge quindi inaspettata.

Se da un lato la semplificazione tende a ridurre di fatto i tempi delle procedure burocratiche, gli Ordini degli Architetti hanno fatto subito notare che si rischia di perdere di vista la “centralità del progetto”.

Gli architetti chiedono conto di come si possa garantire la qualità del progetto semplificando al massimo le fasi progettuali, e raccomandano di porre al centro del risultato la qualità del progetto, caldeggiando fra l’altro la valorizzazione dei concorsi di progettazione, “nella forma più aperta ed inclusiva dei giovani e dei professionisti di talento”, paventando la perdita di valore se non la scomparsa di principi come l’equo compenso, la leale concorrenza, il legittimo merito, che (si afferma in una lettera aperta pubblicata dai 102 Ordini territoriali il 23 dicembre scorso) il testo del nuovo Codice sembra dimostrare.

L’appalto integrato

(vai all’art. 44)

In linea generale l’appalto integrato è finora vietato in ragione della disciplina contenuta nell’art. 59, comma 1, del d.lgs. 50/2016. Dal divieto sono esclusi gli affidamenti a contraente generale, con finanza di progetto, in concessione, in partenariato pubblico privato, con contratto di disponibilità o locazione finanziaria e in caso di realizzazione di opere di urbanizzazione a scomputo. L’art. 1 bis della predetta disposizione (inserito dall’art. 38, comma 1, lett. c), del d.lgs. 56/2017), consente tuttavia l’espletamento di questa tipologia di appalto se l’elemento tecnologico o innovativo delle opere oggetto di affidamento è “nettamente prevalente rispetto all’importo complessivo”.

Il divieto di affidare lavori con appalto integrato è stato, tuttavia, oggetto di sospensione fino al 30 giugno 2023 per effetto dell’art. 1, comma 1, lett. b) della l. n. 55/2019, come modificata dall’art. 8, comma 7 del d.l. n. 76/2020, convertito nella l. 120/2020, ed ancora, per effetto del differimento previsto dall’art. 52, comma 1, lett. a) della l. n. 108/2021; va, peraltro, considerato che per gli appalti nell’ambito del PNRR/PNC l’affidamento di progettazione ed esecuzione è ammesso sulla base di quanto previsto dall’art. 48, comma 5 del d.l. n. 77/2021, convertito nella l. n. 108/2021.

L’aumento delle soglie

(vai all’art. 50)

Nel fissare la disciplina comune si è tenuta in particolare considerazione la regolamentazione introdotta, con riferimento al sottosoglia, dal decreto-legge n. 76 del 2020, come successivamente modificata dal decreto legge n. 77 del 2021, connotata da misure di ampia semplificazione con connesse previsioni di maggiore trasparenza (come nella previsione ripresa nel comma 9 dell’art. 50). In considerazione del riscontrato buon esito conseguito dalla suddetta disciplina, si è infatti prevista l’estensione a regime di gran parte delle previsioni che i decreti legge richiamati dettavano con esclusivo riferimento alla fase emergenziale (limitatamente cioè all’ipotesi in cui la “determina a contrarre o altro atto di avvio del procedimento equivalente sia adottato entro il 30 giugno 2023”, secondo la previsione dell’art. 1, comma 1, decreto-legge n. 76 del 2020).

La revisione prezzi

(vai all’art. 60)

L’obbligo di inserimento della clausola di revisione prezzi nei bandi di gara è stato introdotto in quanto esplicito criterio contenuto nella legge delega.

Particolarmente delicato e complesso è stato conciliare l’opzione di indicizzazione con la caratteristica dell’imprevedibilità delle variazioni: per garantire la coerenza del nuovo sistema si è così concentrata l’attenzione sia sul profilo temporale della valutazione dell’imprevedibilità sia sul dato quantitativo di essa.

Dovendo, inoltre, recepire “a regime” nel nuovo codice alcuni aspetti degli interventi legislativi emergenziali degli ultimi anni (primo tra tutti la natura obbligatoria dell’inserimento delle clausole di revisione) nel meccanismo progettato non sono stati definiti, nella proposta di testo, i valori della soglia di attivazione e di individuazione della componente fissa della revisione (i valori potrebbero essere del 10% come soglia e 50% come adeguamento, previsti già dall’art. 106 del vigente Codice, piuttosto che del 5% come soglia e dell’80% previsti dalle norme emergenziali, più vantaggiosi per le imprese, ma assai più rischiosi per la tenuta complessiva del sistema).

Per rendere la nuova disciplina della revisione prezzi autoesecutiva ed il meccanismo progettato immediatamente operativo, si è ritenuto di far riferimento, nel successivo comma 3, agli indici sintetici delle variazioni dei prezzi relativi ai contratti di lavori, servizi e forniture, approvati dall’ISTAT con proprio provvedimento entro il 30 settembre di ciascun anno, d’intesa con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Con il medesimo provvedimento si definirà e si aggiornerà la metodologia di rilevazione e si indica l’ambito temporale di rilevazione delle variazioni. Si rimette al Governo la scelta di stabilire, eventualmente, che l’ISTAT adotti il provvedimento in questione due volte all’anno e, dunque, una prima volta entro il 31 marzo.

Il subappalto a cascata

(vai all’art. 119)

Nel testo del nuovo Codice, il comma 17 tende a soddisfare le prescrizioni delle direttive UE in ordine al divieto di limitazioni al ricorso al subappalto di subappalto fissate in maniera astratta, a prescindere dalla possibilità di verificare le capacità di eventuali subappaltatori e senza menzione del carattere essenziale degli incarichi.

Le eventuali limitazioni devono, pur nel rispetto necessario dei principi di trasparenza e di tutela del mercato del lavoro, essere dunque specifiche e motivate.

La nuova norma si adegua ai rilievi formulati dalla Corte di Giustizia e dalla Commissione UE. L’articolo 105, comma 19, del vigente Codice vieta in modo generale e universale che le prestazioni subappaltate possano essere oggetto di ulteriore subappalto.

La Commissione UE ha avviato la procedura di infrazione a carico dell’Italia n. 2018/2273, e con le lettere di costituzione in mora del 24/01/2019 e, da ultimo, del 6/04/2022, rilevava che “ dall’obbligo di rispettare i principi di proporzionalità e parità di trattamento di cui all’articolo 18, paragrafo 1, della direttiva 2014/24/UE, all’articolo 36, paragrafo 1, della direttiva 2014/25/UE e all’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2014/23/UE, risulta che gli Stati membri non possono imporre ai subappaltatori un divieto generale e universale di fare a loro volta ricorso ad altri subappaltatori.

Si è ritenuto di non fare rinvio alla norma generale in materia di subappalto, di cui al comma 2 dello stesso articolo, ma di prevedere uno specifico comma – appunto il comma 17 – sia per l’esigenza di rispondere puntualmente alla procedura di infrazione in corso, sia per rendere più chiara la necessità di un’apposita previsione nei documenti di gara che, nel prevedere il subappalto, si occupi anche del subappalto da parte del subappaltatore.

Vai a: Il parere del progettista – Colloquio con Marco Benedetti di studio28architettura

Nota: i riferimenti completi dei cantieri illustrati in questo articolo sono pubblicati su Tsport 349.