PNRR: le risorse e il divario tra nord e sud

Le risorse che il Piano Nazionale di Resilienza e Ripresa mette a disposizione degli Enti Locali rientrano necessariamente in una logica di riequilibrio territoriale, e la loro distribuzione penalizza di fatto le Regioni del nord.

Le regioni meridionali italiane viste dalla Stazione Spaziale Internazionale il 9 giugno 2010. Image Credit: NASA (iss059e099173).

La pubblicazione degli elenchi dei Comuni beneficiari dei 3,4 miliardi messi a disposizione per “investimenti in progetti di rigenerazione urbana, volti alla riduzione di fenomeni di marginalizzazione e degrado sociale, nonché al miglioramento della qualità del decoro urbano e del tessuto sociale ed ambientale” ha destato malumori nelle Amministrazioni del Nord Italia, le cui proposte sono state ampiamente decurtate per far spazio ai progetti del centro-sud.

Va ricordato che le scelte effettuate dal Ministero dell’Interno (con il supporto del Ministero dell’economia e delle finanze) non sono certo arbitrarie, come riportato nel lungo elenco dei “visto” e “considerato” posto in premessa del Decreto di approvazione delle graduatorie.

Innanzitutto i fondi del PNRR devono, complessivamente, essere assegnati nella misura minima del 40% alle regioni del mezzogiorno, con l’obiettivo di colmare il divario territoriale con il resto del paese, obiettivo sostanziale nel Piano.

Nello specifico, vanno poi applicati due ulteriori criteri.

L’articolo 7-bis, comma 2, del decreto-legge n.243/2016, in materia di assegnazione differenziale di risorse aggiuntive, stabilisce che il volume complessivo degli stanziamenti ordinari in conto capitale sia almeno proporzionale alla popolazione residente nel territorio delle regioni Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Calabria, Puglia, Sicilia e Sardegna.

Inoltre, qualora l’entità delle richieste pervenute superi l’ammontare delle risorse disponibili, l’attribuzione è effettuata a favore dei Comuni che presentano un valore più elevato dell’indice di vulnerabilità sociale e materiale (IVSM).

Quest’ultimo indice, calcolato dall’Istat, comprende parametri di natura sociale quali l’incidenza di famiglie monogenitoriali, di famiglie numerose, di bassa istruzione, di affollamento abitativo, di disagio economico e simili.

Ne consegue una distribuzione delle risorse che premia in valore assoluto la Campania, seguita da Sicilia, Puglia, Lazio e lascia in coda il triveneto e la valle d’Aosta; in proporzione al numero di abitanti, le regioni privilegiate risultano nell’ordine il Molise, le Marche, la Puglia e così via (con oltre 9 milioni per 100.000 abitanti), lasciando ancora una volta in coda le tre Venezie nonché la Lombardia, con meno di 2 milioni.

Purtroppo la volontà di far arrivare più risorse nei territori più disagiati potrebbe scontrarsi con le difficoltà che le amministrazioni locali hanno di portare a compimento i progetti stessi a causa delle carenze di personale e/o di competenze adeguate: il tutto a scapito di amministrazioni più efficienti alle quali le stesse risorse non vengono assegnate. Ne conseguirebbe la necessità di commissariamento da parte del Governo, e in ultimo il rischio di non raggiungere gli obiettivi e vedersi tagliare i fondi dall’Europa.