Il progetto Aceti-Magistretti per un terzo anello arricchito di funzioni rilancia la tesi della conservazione a fronte del progetto di un nuovo stadio con abbondanti volumetrie extrasportive, che procede a fatica di fronte alla necessità di forzare le norme urbanistiche vigenti.
Progetti per San Siro: l’alternativa è possibile
(Foto BG/Sport&Impianti)
È di pochi giorni fa la notizia che gli ingegneri Riccardo Aceti e Nicola Magistretti hanno depositato in Comune a Milano lo studio di fattibilità per una ristrutturazione dello Stadio di San Siro, alternativa alla sua demolizione.
Il progetto si sforza di dimostrare, disegni e numeri alla mano, che la possibilità di rendere più moderno ed efficiente l’impianto attuale è realistica e concreta, senza dover realizzare da zero un nuovo stadio.
È bene però fare chiarezza per comprendere davvero dove sia il problema nel dire “si” “no” al megaprogetto che da oltre un anno è stato proposto da Milan e Inter, ormai noto nelle due varianti alternative firmate da Populous e da Sportium-Manica.
Ristrutturare si può, ma non basta
Con buona pace degli ingegneri Aceti e Magistretti, nonché del Comitato Coordinamento San Siro che si batte per la sua conservazione, non vi è alcun dubbio che il Meazza possa essere ammodernato. Attualmente gode dei più alti standard UEFA come campo e può ospitare 60.000 spettatori. La riorganizzazione degli spazi accessori e la trasformazione del terzo anello in una “galleria” come visto nei rendering lo renderebbe meglio fruibile completandolo con i servizi che attualmente non sono all’altezza degli impianti più moderni.
Ma va chiarito anche un piccolo equivoco. Continuare ad obiettare che il progetto per un nuovo stadio deve conservare le tracce del vecchio – per motivi storici, simbolici, affettivi o quant’altro – non fa che complicare ulteriormente la soluzione: infatti, negli “aggiustamenti” che i club milanesi hanno apportato per replicare alle osservazioni del Comune, la presenza del vecchio Meazza sommata a quella del nuovo non fa che restringere gli spazi liberi spingendo le nuove costruzioni sempre più a ridosso dei quartieri abitati.
Se, quindi, si pone la questione semplicemente come “salviamo il Meazza” senza mettere in discussione tutto il resto, si sbaglia bersaglio.
L’urbanistica dimenticata
Come dovrebbe essere chiaro a tutti, metter mano ai lavori per avere uno stadio “moderno” comporta dei costi: che siano 300 milioni per ristrutturare il Meazza o 500 per un impianto nuovo, chi li investe vuole garantirsi una adeguata sostenibilità economico-finanziaria.
Ed ecco spuntare le volumetrie residenziali, commerciali e terziarie che renderebbero immediatamente remunerativo l’investimento, a prescindere dalla funzione e dalla redditività del solo campo di calcio.
E non ci sarebbe niente da ridire sulle legittime aspettative dell’investitore (come del resto viene fatto in altri Paesi): se non ci fosse di mezzo l’urbanistica.
È noto a tutti che l’area di San Siro nel Piano di Governo del Territorio di Milano, denominato “Milano 2030” (approvato, si ricordi, il 14 ottobre 2019 ed entrato in vigore con la pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia il 5 febbraio 2020, praticamente ieri) è individuata come area per le “Grandi Funzioni Urbane” (GFU); l’articolo 16 delle Norme di Attuazione prevede:
“A ciascun ambito e sottoambito per GFU è riconosciuto l’indice di edificabilità (IT) unico proprio del Tessuto Urbano Consolidato pari a 0,35 mq/mq di SL per la realizzazione di funzioni urbane accessorie o comunque compatibili con la GFU. Tale indice corrisponde all’indice di edificabilità (IT) massimo”. Inoltre, spiega il Documento di Piano, è ammissibile “il superamento dell’indice unico pari a 0,35 m²/m² esclusivamente mediante il trasferimento dei diritti edificatori o la realizzazione di Edilizia Residenziale Sociale”.
Per una sostenibilità economico-finanziaria del progetto San Siro è stata chiesta inizialmente una volumetria accessoria più che doppia di quella consentita dal Piano; nel tentativo di venire incontro alle obiezioni del Comune, i nuovi aggiustamenti hanno abbassato la pretesa a 0,51 (notizia del 23 giugno).
Questo comporta volumi per 145.000 mq di superficie utile contro gli 88.000 consentiti dal Piano di Governo. I 57.000 metri quadri in più dovrebbero, a rigore di Piano, essere trasferiti da altre aree per mantenere l’equilibrio dello strumento di pianificazione urbanistica, cosa che non è nel piatto.
Vero è che la cosiddetta “legge sugli stadi” permette di approvare il progetto “in variante” allo strumento urbanistico vigente, dichiarando l’intervento di pubblica utilità.
Ma l’attenta calibrazione di un piano urbanistico appena entrato in vigore e che sin dal titolo si proietta al 2030 può essere smantellata già nel 2021? Se la risposta fosse “si”, non avrebbe più senso fare pianificazione del territorio.
I progetti
Qui non siamo entrati a mettere in discussione i progetti degli impianti sportivi, che sono vittime innocenti di una querelle tutta esterna al perimetro dello stadio.
Gli stadi di Populous e di Sportium-Manica sono probabilmente perfetti in un contesto urbanistico in grado di accoglierli, così come la ristrutturazione proposta da Aceti e Magistretti (anticipata, peraltro, in un altro progetto da JM Architecture) costituirebbe una valida soluzione per l’attuale Meazza. Ne riparleremo su queste pagine quando i rendering favolosi diventeranno progetti esecutivi.