Barcellona trent’anni dopo: prima e dopo le Olimpiadi del ’92, una storia esemplare

Nelle pagine che seguono, l’architetto Sara Troncone aggiunge un contributo a trent’anni dall’Olimpiade, riprendendo il filo del discorso e cogliendo gli aspetti di quella rivoluzione, meno raccontati, ma che sono oggi per noi di estrema attualità.

Pubblicazione cartacea su: Tsport 346
trent'anni dopo barcellona '92
La spianata olimpica tra il palazzo dello sport di Arata Isozaki (1985-90) e la torre di Santiago Calatrava, oggi (foto Salvacampillo).

TSPORT ha parlato del capoluogo catalano dapprima con un editoriale di Guido Boni nel febbraio 1991, e poi nell’anno delle Olimpiadi Barcellona ’92 (sul numero di agosto/settembre 1992), con un articolo di Maurizio Pontiggia cui aveva collaborato l’architetto Ada Llorens del Comitato Olimpico COOB ‘92.
Ne abbiamo riparlato nel 2002, dopo una visita alla città con l’architetto paesaggista Bet Figueras, su TSPORT 226. In tutti i casi abbiamo chiaramente ricordato che la designazione di Barcellona quale sede dei giochi del ’92 fu un’occasione, cercata e voluta, che ha consentito di catalizzare energie e risorse economiche su di un preciso obiettivo: ma che non fu la condizione “necessaria” perché la rivoluzione urbanistica si potesse compiere.

Fin dalla prima metà degli anni ’70 Barcellona cominciava a pensare di darsi un obiettivo urbanistico di grande respiro civile, anche per reazione all’incontrollato sviluppo del periodo franchista che aveva progressivamente impoverito di spazi e strutture sociali il tessuto cittadino.
Il Piano Generale Metropolitano del 1976 disegnava i nuovi obiettivi di sviluppo programmato, di acquisizione pubblica dei suoli, di ricucitura del tessuto attraverso strutture, aree ed attrezzature di pubblica utilità.
Nell’’86 il capoluogo catalano si aggiudicava l’assegnazione della sede olimpica per il ’92: il processo, già in corso, di risanamento e riprogettazione della città subiva a quel punto una intensificazione, concretizzatasi nel Piano Olimpico. Non dimentichiamo in queta fase il ruolo di Oriol Bohigas, scomparso lo scorso anno, architetto e urbanista che fece parte anche del Consiglio Comunale di Barcellona tra l’80 e l’84.

Bruno Grillini

Ancora una volta!

Parliamo di rigenerazione urbana e sport a Barcellona

Nonostante il tema trattato non suoni nuovo ai lettori della rivista, ho deciso di affrontarlo poiché periodicamente mi trovo ad interrogarmi sul ruolo ricoperto dal tema dell’impiantistica sportiva di base all’interno della pianificazione urbanistica e programmazione delle opere pubbliche.
Specifico subito: la pianificazione urbanistica è, e deve, essere di competenza della pubblica amministrazione, ma l’attenzione di questo articolo non si poserà unicamente su opere pubbliche “in senso stretto”, ossia interamente realizzate con risorse pubbliche. L’ “opera pubblica” viene invece intesa come una realizzazione architettonica fruibile e accessibile al pubblico, indipendentemente dal tipo di finanziamento.
Questo breve testo parte dal lavoro condotto tra il 2016 ed il 2019 durante il dottorato di ricerca presso il Politecnico di Milano. La tesi era volta ad indagare il rapporto tra sport di base e città in contesti e periodi storici differenti. In questa cornice è stato approfondito il contesto catalano nel periodo 1975-1992, ovvero durante gli anni della ricostruzione post-franchista. L’interesse di ricerca per questi anni deriva dall’incorporazione dei servizi di base – tra cui quelli per lo sport – all’interno del piano di democratizzazione della città. Questo periodo di intenso fermento e lavoro continuano, culminando con la celebrazione dell’evento olimpico e la ‘consacrazione’ di un modello.

Il doppio registro

Il centro della questione che tratto credo si possa sintetizzare nella visione complementare e non antagonistica che emerge dalla lettura degli interventi che si sono susseguiti nel periodo precedente alle Olimpiadi Barcellona ’92.
Ho letto molti testi riguardanti Barcellona e la sua urbanistica ma in questa occasione ne voglio citare solo uno: Urbanisme a Barcelona. Plans cap al 92 (J. BusquetsI Gran, 1987) è, a mio avviso, il testo più completo e coinvolgente. Esso riesce a trasmettere tutto il fermento e la “voglia di fare” del periodo in oggetto, essendo un testo contemporaneo agli interventi studiati e scritto dagli autori stessi di quel cambiamento.
All’interno del testo troviamo due slogan: Plans en la Gran Ciutat (piani nella grande città) e Grans Plans per a la Ciutat (grandi piani per la città). Il primo descrive i numerosissimi progetti per la riqualificazione della città e dei quartieri meno serviti. Il secondo descrive i grandi piani che hanno riorganizzato il sistema della viabilità e dei trasporti nonché i progetti delle quattro principali sedi olimpiche.
Questa organizzazione dei temi mi è stata utile al fine di individuare meglio l’oggetto della mia ricerca: trovare come e dove sia stato collocato ‘lo sport’ all’interno dei progetti di riqualificazione urbana. Attraverso questi è possibile capire come la volontà di realizzare attrezzature per lo sport sia stata la chiave attraverso cui sono stati guardati alcuni luoghi abbandonati. Tra questi oggi vediamo quattro progetti: due appartengono alla famiglia della riqualificazione di comparti industriali dismessi – quelli che oggi chiamiamo ‘vuoti urbani’- e due invece riguardano il recupero di edifici abbandonati.

Rigenerazione di vuoti urbani

I due progetti si basano su un principio comune: svuotare il costruito della fabbrica per realizzare un parco pienamente fruibile dalla popolazione.
Il primo è il parco de l’Espanya Industrial. Sul sedime di una industria tessile dismessa viene progettato il parco, che rappresenta un esempio noto nella storia dell’urbanistica della città. Il parco, letto sotto la lente di questo articolo, si compone di due parti distinte e complementari. La prima è costituita dal parco vero e proprio, piacevole e con molti punti di svago sia per i cittadini che per i turisti. La seconda è costituita da un edificio sportivo: un palazzetto studiato per la fruizione di molti sport differenti e composto da diversi spazi quali la palestra, il campo polifunzionale e piscina. Il layout del parco è stato concepito nella sua interezza all’inizio degli anni ’80, ma realizzato in due periodi successivi. L’area del parco è stata realizzata tra l’82 e l’85, mentre il palazzetto è stato iniziato dopo l’86, anno in cui la città è stata designata come ospite delle Olimpiadi Barcellona ’92. Questa data è importante perché la designazione ha fornito all’amministrazione le risorse per poter realizzare sia le grandi opere strettamente legate all’evento (dove poi sono stati svolti i giochi) che quelle strutture, minori, individuate dalla panificazione urbanistica alla base dei vari interventi sul tessuto urbano diffuso su cui noi ci concentriamo.

L’esempio citato si figura come una sorta di “tempio classico” – il palazzetto sportivo – che racchiude al suo interno le attività sportive “classiche”. Questo si affaccia poi sul parco, inteso come un’area di inclusione urbana e sociale, dove troviamo attrezzature ludiche di facile accesso per tutti (tra cui uno scivolo a forma di drago e un laghetto artificiale).
Il secondo esempio è il Parc del Clot. Anche qui il sedime di un impianto industriale dismesso è stato liberato, in concomitanza con le Olimpiadi Barcellona ’92, per realizzare un parco. In questo caso il ‘bordo’ del parco è caratterizzato dal mantenimento del muro perimetrale della fabbrica: questo ha permesso sia di mantenere viva la memoria storica del luogo che di conferire una presenza molto chiara e leggibile all’interno del tessuto urbano. Anche questo parco ha un’organizzazione spaziale molto chiara con una parte ludica rappresentata dagli spazi verdi che hanno un disegno più ‘informale’ e una parte definita da una piazza rettangolare ribassata e pavimentata con poche file di gradoni sui lati e una piccola piazza laterale chiusa da un muro (che richiama il muro perimetrale). Questi spazi, molto diversi, portano a modi d’uso anch’essi molto differenti. Così, se nell’area verde è facile incontrare persone a passeggio o che utilizzano i percorsi come vie di attraversamento del quartiere, nell’area ‘costruita’ è facile trovare persone che giocano a squash, che si allenano sulle rampe dei dislivelli con lo skateboard oppure vere e proprie manifestazioni sportive organizzate dalle associazioni locali. Ritengo che la bellezza del Parc del Clot sia il creare, attraverso la semplicità di alcuni spazi, luoghi che portano la popolazione a viverli praticando sport e potendo al tempo stesso essere spettatori di eventi sportivi.

Recupero di edifici abbandonati

Quando edifici isolati ma ‘notevoli’ all’interno del tessuto urbano perdono la funzione per cui sono stati concepiti può valere la pena ripensare gli spazi in modo che questi siano fruibili dalla popolazione e possano ospitare attività sportive.
E’ questo il caso del “Catex”, nel quartiere del Poblenou. Il Catex era una fabbrica completamente dismessa per cui la popolazione ha manifestato affinché fosse “dato” al quartiere. La sua volontà è stata ascoltata. All’interno dell’edificio è stato realizzato in un’ala il centro civico, con spazi museali e piccole zone teatrali, e nell’altra ala il centro sportivo. All’interno del centro sportivo troviamo strutture per il fitness e il wellness, pratiche che, come sappiamo, sono molto diffuse e coinvolgono utenti di differenti fasce di età.

Il secondo esempio proposto è la Stazione del Nord. All’epoca delle Olimpiadi Barcellona ’92 la stazione era uno snodo importante per la mobilità della città ma ha perso la sua utilità in seguito alla riorganizzazione della linea ferroviaria. L’amministrazione si è posta la questione del come intervenire sull’area ma anche sull’edificio stesso. Le aree dei binari sono trasformate in spazi all’aperto: sul sedime dei binari in ingresso alla stazione si trova un campo da calcio ed una zona solarium, mentre al posto dei binari di deposito è stato realizzato un parco molto “divertente” e coinvolgente, che gioca su dislivelli di quote. Nello spazio interno della stazione, in luogo delle banchine e dei binari è stata creata una pavimentazione adatta ad un campo da gioco polivalente, in modo da poter organizzare manifestazioni di diverse discipline. Nell’edificio vero e proprio della stazione (corpi laterali e testata principale) si collocano i servizi come gli spogliatoi e i diversi spazi dedicati ad attività differenti, che vengono allestiti in base ad eventi temporanei (come ad esempio tornei di ping pong) o che sono invece dedicati a dei corsi organizzati dall’amministrazione comunale, tendenzialmente incentrati sul wellness.

Barcellona oggi

La vicenda urbanistica della città è molto nota e dibattuta anche per gli eventi successivi alle Olimpiadi Barcellona ’92 (tra tutti il Fòrum Universal de les Cultures del 2004) ma che non credo sia utile ripercorre ora in poche righe rischiando di banalizzare, per necessità di sintesi, questioni anche molto complesse.
Ritengo sia più utile constatare cosa siano quei luoghi – quelli appena descritti e tanti altri – oggi, a distanza di trent’anni da quando sono stati concepiti.
Durante i miei soggiorni barcellonesi ho potuto constatare che i parchi e gli edifici studiati sono luoghi di gran viavai. Sono come dei punti focali riconosciuti e condivisi dalla popolazione. Basta pensare che la fabbrica del ‘Catex’ è ancora al centro dell’attenzione della popolazione del Poblenou (il quartiere in cui si trova), la quale continua a riconoscersi in questo luogo chiedendo (attraverso una petizione su change.org) di poter ampliare gli spazi sportivi per poter rispondere alla domanda di cittadini, scuole ed enti.

Ritengo che la petizione sia di fatto la conferma del modello proposto dalle autorità della città negli anni ’80 e ’90. A distanza di più di trent’anni, il quartiere sente ancora “propri” gli spazi del Catex.
In questi luoghi ‘minori’ ma vivissimi credo risieda la lezione più attuale per cui vale ancora la pena guardare a Barcellona. Con questo non voglio (e non posso!) negare il fascino che tutt’ora hanno le strutture al Montjuic.. ma parlando di sport e rigenerazione urbana, di sport e rigenerazione sociale credo ci sia ancora qualcosa da imparare.