I 95 anni di San Siro

Mentre il modello-Milano si evidenzia sempre di più in progetti di rinnovamento, trasformazione e modernizzazione di quartieri e spazi della città, c’è un luogo che racconta il senso di milanesità vero e popolare, ancora adesso dopo 95 anni: lo stadio Giuseppe Meazza in San Siro.

Pubblicazione cartacea su: Tsport 342
Vasco Rossi Live Kom 2011 Tour, San Siro, Milano
(Foto: Irene Grassi / lic.CC)

Da tempo al centro di un ampio dibattito sul suo futuro e sull’eventualità di sostituirlo (vedi gli “articoli correlati” nella colonna a lato), San Siro rimane orgogliosamente un simbolo del calcio e dell’architettura italiana, icona del Novecento e luogo che trasmette emozioni come pochi altri nello sport del nostro Paese.
Inaugurato il 19 settembre 1926 con la disputa di un derby Milan-Inter (vinto dai nerazzurri 6-3), quella che oggi è soprannominata “La Scala del Calcio” – in riferimento al celebre Teatro cittadino – era all’epoca parte del territorio del Comune di Trenno, accorpato a Milano appena due anni prima, ed era stato pensato e costruito come fulcro centrale di un’area polisportiva cittadina. La nuova struttura era un utile appoggio logistico per l’adiacente Ippodromo del Trotto, a cui prestava i locali sotto la tribuna adibiti a scuderie per i cavalli e magazzini, e sottolineava un interessante rapporto di deferenza verso le attività ippiche che, per prime, avevano segnato sportivamente il destino di quella zona.

Il nome dello stadio era dato in virtù del quartiere, che a sua volta derivava dalla presenza della Chiesa di San Siro alla Vepra, luogo di culto precedente al 1000 d.C. e del quale oggi è ancora visibile l’abside, addossata a una villa in via Masaccio.
Costruito in poco più di 13 mesi, per meno di due milioni di lire dell’epoca, San Siro aveva quattro gradinate indipendenti di diverse altezze, e solo la tribuna principale (oggi la Tribuna Rossa) era dotata di una copertura in ferro. Con una capienza di 35-40 mila spettatori era un impiantoo che oggi definiremmo “all’inglese”, realizzato su progetto firmato dall’ingegnere Alberto Cugini e dall’architetto Ulisse Stacchini, quest’ultimo particolarmente fedele ai canoni dell’Art Nouveau e del Liberty mittel-europeo (con il quale aveva tratteggiato i profili di vari edifici residenziali milanesi e, in particolare, il progetto della Stazione Centrale, quasi coetanea del Meazza, con la sua splendida galleria coperta dell’atrio, ispirata al gusto tedesco).

All’atto dell’inaugurazione San Siro diventa il nuovo stadio del Milan, mentre l’Inter continua a giocare all’Arena Civica, dove rimarrà fino al Secondo Dopoguerra. D’altronde l’artefice della costruzione dell’impianto era stato Piero Pirelli, l’allora presidente del club rossonero – figlio di Giovan Battista Pirelli fondatore dell’omonima azienda produttrice di pneumatici, che diventerà, per una curiosa coincidenza, sponsor storico dell’Inter.
Negli anni Venti non erano ancora chiare le potenzialità future del calcio ma le cose iniziarono a cambiare nel decennio successivo, quando la proprietà dell’impianto passò al Comune di Milano (1935), mentre le due squadre della città iniziavano a ottenere risultati positivi e un buon seguito di pubblico.

Il primo ampliamento fu affidato all’ing. Bertera e all’arch. Perlasca, che ampliarono le due tribune raccordandole con le curve e riunendo la struttura in un’unica cavea che sarà la base per le successive trasformazioni. La capienza salì a 60-65mila posti, ma ufficialmente era dichiarata di 150mila, e fino al 1950 San Siro viene considerato fra gli stadi più grandi al mondo.
Nel Secondo Dopoguerra il calcio diventa la grande passione popolare italiana, il Milan vince lo scudetto (1951) e San Siro pretende un vero ampliamento. All’epoca (come oggi) ci si chiede se sia meglio ristrutturarlo o costruire uno stadio nuovo e, nonostante Inter e Milan propendano per spostarsi entrambe all’Arena Civica, prevale la scelta del restyling: il progetto dell’ing. Calzolari e dell’arch. Ronca (1955) prevede il raddoppio dell’edificio, con il nuovo secondo anello che dovrà poggiare su un fascio di rampe elicoidali esterne che avvolgono la struttura originale.

In soli 500 giorni di lavoro viene concretizzato uno slancio architettonico che definisce l’estetica del San Siro “da cartolina”, e che lo rende un’icona nelle foto d’epoca con le centinaia di automobili parcheggiate nel piazzale, o con le file di tram in arrivo nelle nebbiose domeniche pomeriggio meneghine.
Nel frattempo intitolato al più grande calciatore milanese di sempre, Giuseppe Meazza, San Siro rimane intatto fino al progetto firmato dagli architetti Ragazzi e Hoffer per i Mondiali di calcio di Italia ‘90. Così com’era successo nel 1956, la struttura esistente viene abbracciata da nuovi elementi: sorgono 11 torri cilindriche a rampa elicoidale che vengono addossate all’esterno e fungono da unico supporto per il nuovo terzo anello, che si sviluppa su tre lati dello stadio (la Tribuna Arancio, lato Ippodromo, rimane a due anelli per mancanza di spazio su via Piccolomini). Viene aggiunta anche la copertura, che si erge sulle quattro torri angolari principali, ed è sostenuta da un sistema di enormi travi reticolari dipinte con un acceso colore rosso, da quel momento nuovo simbolo iconico dello stadio.

Italia 90 è il passo che definisce l’epica di San Siro, rinnovando e accentuando l’idea estetica del progetto del 1955 e portandolo a un livello contemporaneo. Il nuovo terzo anello ha una pendenza di 37°, quasi senza eguali in Europa, e l’imponenza esterna e l’impatto visivo interno, tanto opprimenti quanto emozionanti sia per il pubblico che per i calciatori, diventano tratti distintivi talmente strabilianti da farlo entrare nell’immaginario collettivo del pubblico mondiale.

Arrivato a 95 anni d’età, oggi San Siro è un edificio ancora ricco di forti contraddizioni sia in alcuni suoi elementi che in certi aspetti di funzionalità. Per la sua stessa natura di matrioska architettonica, conserva dentro di sé i pregi e i difetti dell’essersi rinnovato nel tempo, ma sempre uno strato sull’altro.
Ciononostante riassume ancora al meglio il significato di “luogo” ed è senza ombra di dubbio il simbolo di un secolo di storia del calcio italiano e mondiale, e un esempio di architettura d’eccellenza del Novecento per il nostro Paese.

(Articolo pubblicato in originale su archistadia.it e riadattato dall’autore)

Nota: le immagini d’epoca sono state reperite in rete e, considerata la probabile datazione, sono state ritenute di dominio pubblico.