Il “Lombardia” e il Muro di Sormano

Sabato 12 ottobre si è svolta la 113ma edizione del Giro di Lombardia, l’ultima corsa della stagione ciclistica. Da Bergamo a Como, con la salita del mitico e “impossibile” Muro di Sormano, diventato da qualche anno un monumento di architettura paesaggistica.

Il Muro di Sormano nell’edizione 2015: in primo piano Rafal Majka (ph. Bettinifoto)

 

Non è stata una gara fortunata per gli italiani (Vincenzo Nibali, vincitore due anni fa, si è arreso, e il primo italiano è arrivato diciassettesimo): per la cronaca, ha vinto l’olandese Bauke Mollema.

Ma a noi, come sempre, piace lo sport nel suo contesto, e il ciclismo su strada si pratica nell’impianto sportivo più grande che si possa immaginare, il paesaggio (rileggete, nella colonna a destra, gli “articoli  correlati”).

logo-header-2018

Il Lombardia

Il Giro di Lombardia è una classica che si corre dal 1905, ed è considerata di per sé un “monumento”, insieme con le altre storiche come la Milano-Sanremo, la Liegi-Bastogne-Liegi, la Prigi-Roubaix. Il percorso, che in passato faceva capo a Milano, dal 2014 ha come città di partenza/arrivo Bergamo e Como.

Il tracciato di quest’anno (sabato la gara ufficiale, domenica la Gran Fondo per gli amatori), partito da Bergamo, dopo una sortita in val Cavallina e qualche scollinata nella Brianza lecchese, attraversava le classiche salite e discese del triangolo Lariano, inclusa quella pazzesca del Muro di Sormano, che invece il Giro, nella sua tappa lariana, non affronta.

Muro-Lombardia_2019_plan_web

Il Muro

La strada che dal paese di Sormano sale ai 1.124 metri dellla Colma (scavallando così dalla Vallassina al versante comasco del Lario) nel suo tracciato originario percorreva un tratto di 1,7 km in quattro tornanti con una pendenza media del 17% e un massimo del 24: è quello che viene chiamato “il Muro”. Introdotta nel Giro di Lombardia nel 1960, la salita vi rimase solo per tre edizioni, in quanto le biciclette dell’epoca non disponevano di rapporti così spinti da consentire di superare tali pendenze, e molti corridori scendevano di sella per poter proseguire o venivano letteralmente spinti dai tifosi.

Con l’apertura della nuova Provinciale, più dolce e più comoda, il “Muro” venne praticamente abbandonato.

Una foto storica del Muro nel 1962
Una foto storica del Muro nel Giro di Lombardia del 1962

L’intervento paesaggistico

È nel 2006 che la Comunità Montana del Triangolo Lariano promuove il recupero paesaggistco del vecchio tracciato affidando il progetto allo studio If Design degli architetti Franco Tagliabue e Ida Origgi.

Con un costo di 98.000 euro, lo stretto percorso viene riasfaltato, su una superficie di 2.200 metri quadrati, e viene pensato come un “museo a cielo aperto” connotando la salita con scritte in vernice bianca che riportano le quote metro dopo metro, descrivono la vegetazione che costeggia la strada, individuano la direzione e i nomi delle montagne circostanti, ricordano i tempi e gli ordini d’arivo dei campioni dell’epoca (con il record di Ercole Baldini di 9’24” nel ’62). Si trova sull’asfalto anche la frase di Gino Bartali: “Un passista non ha alternative. Deve arrivare ai piedi del Muro con almeno dieci minuti di vantaggio così poi, se lo fa a piedi impiegando un quarto d’ora di più di quelli che lo faranno in bici, arriverà in cima con cinque o sei minuti di ritardo e potrà ancora sperare”.

Tornata così percorribile, la salita del “Muro di Sormano” è stata reintrodotta, a partire dal 2012, nel circuito del “Lombardia”.