Intervista a Luca Pancalli, Presidente del Comitato Italiano Paralimpico

Per lo “Speciale” di Tsport n. 333, Luca Pancalli ha risposto alle nostre domande sulla situazione attuale e le prospettive future per lo sport paralimpico in Italia.

Pubblicazione cartacea su: Tsport 333
Gara di atletica paralimpica (Foto Alexandr Zadiraka / Shutterstock).

 

D.: Presidente, quale è la sua visione per lo sport Paralimpico internazionale nell’immediato futuro, a seguito delle vicende che hanno limitano per diversi mesi l’utilizzo degli impianti sportivi?

 Noi tutti abbiamo vissuto con grande apprensione un momento drammatico non soltanto per il nostro Paese ma anche per l’intero pianeta. La pandemia di Covid-19, oltre a rappresentare una minaccia per la salute globale, ha messo a dura prova l’economia mondiale e la tenuta sociale di tanti Paesi. Ora stiamo vivendo una fase di transizione, in cui l’impegno di ciascuno di noi giocherà un ruolo determinante. Sono convinto che, sopita la fase di emergenza, perdurerà una fase di criticità. Per usare una metafora: come il paziente uscito dalla terapia intensiva ha bisogno di cure e di un lungo processo di riabilitazione, così anche il paziente sport, inteso come comparto sportivo, avrà necessità di grandi attenzioni e sostegno nel periodo di riabilitazione.

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D.: Le limitazioni imposte dalla vicenda Covid-19 come incideranno nel prossimo futuro sul movimento sportivo Paralimpico italiano (allenamenti, competizioni, ecc.), e quali strategie sono state programmate per agevolare la preparazione degli atleti a livello locale e centrale?

 La mia più grande preoccupazione riguarda il fatto che in questa fase di ripresa assistiamo a tante regioni che nell’esercizio delle loro autonomie stanno giustamente deliberando ulteriori aiuti al mondo dello sport. Però ci sono regioni più virtuose e altre meno, e c’è il rischio che in questo processo di riabilitazione ci possa essere una ripresa a due velocità, cosa che dovrebbe essere all’attenzione del sistema di Governo. Non possiamo permetterci di lasciare indietro un pezzo del Paese rispetto ad un altro o di avere atleti che possono prepararsi al meglio e altri che non hanno le stesse opportunità.  Noi abbiamo deciso di destinare 5 milioni di euro delle nostre risorse a quelle società sportive che si occupano prevalentemente di sport paralimpico che la crisi ha messo in difficoltà, al fine di garantire la continuità delle attività. Anche noi, nel nostro piccolo, abbiamo deciso di fare la nostra parte per sostenere lo sport di base.

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D.: Avete un centro sportivo d’eccellenza presso le Tre Fontane a Roma, ritiene che debbano essere apportate degli adeguamenti alla struttura per consentire una fruizione in linea con le nuove linee di contenimento?

 In questi giorni stiamo lavorando per applicare le normative sugli impianti sportivi in materia di contrasto alla diffusione del Covid-19. Abbiamo messo al lavoro una squadra di professionisti per questo obiettivo. Fortunatamente il Centro di Preparazione Paralimpica è una struttura nuova e moderna, con molte attività all’aperto. Sono consapevole che non sarà semplice, ma siamo nelle condizioni di poter riaprire l’impianto, garantendo a più persone possibile una fruizione degli spazi in sicurezza.

 

D.: Quale ritiene sia il livello degli impianti italiani per ospitare le gare del Comitato Italiano Paralimpico?

 Purtroppo nel nostro Paese, ancora oggi, sono pochi gli impianti sportivi ‘attenti’ alle esigenze degli atleti paralimpici. Questo perché si tratta di strutture non pensate per le persone con disabilità e che in molti casi richiedono degli ‘adattamenti’. Il grande lavoro che dobbiamo fare è intervenire nella fase di progettazione delle nuove opere sportive affinché queste siano ideate da subito anche per gli atleti paralimpici e gli spettatori disabili. Diciamo che a livello di attenzione da parte delle pubbliche amministrazioni qualcosa è cambiato, servono però progressi concreti.

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D.: Come ritiene che si debba intervenire, dal punto di vista tecnico ed economico, per consentirne una più agevole fruizione da parte degli atleti e degli spettatori?

 Il principio più efficace, specie quando si ha a che fare con persone con disabilità, è partire dall’ascolto e dalle esigenze reali. Non sempre un progetto che rispetta le normative vigenti in materia di accessibilità risponde alle esigenze concrete di un atleta paralimpico o di uno spettatore disabile. Faccio un esempio: è positivo e giusto riservare una parte di un impianto sportivo destinato al pubblico alle persone con disabilità, che spesso coincide con le aree nei pressi del campo di gioco. Sarebbe però magnifico poter pensare a un impianto dove la persona con disabilità possa scegliere in autonomia in quale posto vivere quell’esperienza, senza barriere e nella piena inclusione.

 

D.: Ritiene i principi dell’Universal Design adeguati a rendere le strutture utilizzabili da tutti?

 Si tratta di una metodologia basata sui concetti prima esposti. È dovere di una società moderna quello di guardare avanti senza lasciare nessuno indietro, anche grazie all’uso delle tecnologie.

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D.: Avete in programma pubblicazioni specifiche e/o corsi di aggiornamento per diffondere una cultura progettuale in linea con i principi dell’Universal Design?

 Si tratta di un ambito che non è di stretta competenza del Comitato Italiano Paralimpico. In questi anni, però, abbiamo dato vita a un Festival della Cultura Paralimpica per dimostrare come lo sport sia uno strumento straordinario per cambiare la società, anche sui temi della disabilità. Sicuramente potrebbe essere una buona idea quella di aprire una sezione dedicata a tutti coloro che si occupano di questi temi. Da uno dei dibattiti del Festival nacque l’idea, con l’Istat, di realizzare un Rapporto Nazionale sulla Disabilità. Il documento è stato presentato lo scorso dicembre, alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Chissà, potrebbe essere utile e importante dare un contributo anche per una riflessione su una nuova cultura progettuale. Da sportivi siamo sempre a disposizione ad accettare nuove sfide che possano aiutare la nostra società a crescere.

 Grazie mille per la disponibilità

(Le immagini sono tratte daiCriteri di progettazione per l’accessibilità agli impianti sportivi” pubblicati dal Comitato Italiano Paralimpico).

 

Chi è Luca Pancalli

(da twitter @lucapancalli)
(da twitter @lucapancalli)

Il rapporto di Luca Pancalli con lo sport risale ai suoi primi anni, quando pratica il nuoto a livello agonistico scegliendo poi di passare al pentathlon moderno (che comprende tiro a segno, scherma, nuoto, equitazione e corsa), disciplina che gli vale la conquista di tre campionati italiani giovanili.

A Vienna nel 1981, durante un meeting internazionale, riporta un grave incidente durante una frazione di gara a cavallo, con frattura alle vertebre cervicali e conseguente paralisi degli arti inferiori.

Laureatosi in giurisprudenza, continua a praticare sport partecipando a quattro edizioni dei Giochi paralimpici, tra il 1984 e il 1996, in diverse specialità del nuoto conquistando in tutto 8 ori, 6 argenti e un bronzo.

In seguito, diventa dirigente sportivo occupando cariche in diverse federazioni, e dal 2000 è presidente del Comitato Italiano Paralimpico (all’epoca ancora Federazione Italiana Sport Disabili), dove è stato ancora riconfermato nel 2018.

Nel 2017 è il primo italiano eletto membro del Comitato esecutivo del IPC (International Paralimpic Committee).

 

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