Speciale acqua – Parte 1: Ieri e oggi. La piscina tra storia e norme

Non solo nuoto agonistico con le sue regole e le misure obbligate di vasche e di corsie: oggi lo sport ed il benessere psicofisico vanno di pari passo nei grandi impianti pubblici come nei complessi turistici e nelle case private.
È il momento di fare il punto con una panoramica sulla piscina, tra storia e norme.

Pubblicazione cartacea su: Tsport 327

Vai alla Parte 2: Rassegna. Forme, materiali e accessori nel progetto delle piscine

Vai alla Parte 3: Dal parco acquatico alle terme

Vai alla Parte 4: La piscina accessibile e la piscina terapeutica

Vai alla Parte 5: Altri temi intorno all’acqua: la piscina privata, il deep diving, gli sport inusuali

 

La piscina, dal nuoto alle terme: una storia

Pare che il nuoto sia stato uno dei primi sport ad essere praticato dall’uomo. Ne farebbero fede i graffiti rinvenuti in una caverna del deserto libico, risalenti ad almeno 7.000 anni fa: delle figure umane che potrebbero far pensare a movimenti natatori.

Vero è che non rientrava come sport tra i giochi olimpici dell’antica Grecia, ma sicuramente il nuoto era praticato sia dai greci che dai romani, almeno nell’ambito dell’addestramento militare.

Lo splendido affresco noto come “tomba del tuffatore”, visibile nel museo archeologico di Paestum (che gli ha dedicato una mostra conclusa nello scorso ottobre), datata introno al 480 a.C., ha invece poco a che fare con lo sport: si tratta della lastra di chiusura di un sepolcro, in travertino, dove la raffigurazione pittorica dell’atto del tuffarsi rappresenta il passaggio da questa vita all’aldilà.

Il nuoto come disciplina olimpica compare invece nelle prime Olimpiadi moderne, quelle di Atene 1896. La relativa Federazione internazionale (FINA) nasce nel 1908; si pensi però che i Campionati Mondiali di nuoto sono nati solo nel 1973 con l’edizione di Belgrado.

Se, parallelamente all’origine del nuoto, andiamo a cercare l’origine della piscina, intesa come vasca artificiale riempita d’acqua per esercitarvi l’attività sportiva, dobbiamo andare a Londra nel 1837. Ma l’uso terapeutico dei bagni viene certamente prima di quello sportivo: sicché le informazioni enciclopediche ci rimandano ad un primo esempio di piscina individuabile tra i resti archeologici di Mohenjo-daro, in Pakistan, il Grande bagno, che misurava 12 metri per 7.

Del resto, sappiamo che in epoca romana il termalismo ebbe un enorme sviluppo, con l’uso di tecniche ingegneristiche sorprendenti: le terme di epoca imperiale, monumentali e ricche di attività collaterali, erano dei veri e propri “centri benessere”.

Anche in questo specifico campo i secoli bui segnarono un declino. Nei paesi islamici, però, con la tradizione dell’Ḥammām, il complesso termale in cui i musulmani effettuavano i lavacri rituali, anche tra il VII e il X secolo la costruzione e l’uso dei “bagni turchi” ebbe un largo sviluppo.

Dopo la messa al bando, per motivi sia religiosi che epidemiologici, dell’idroterapia, in Europa bisogna spettare l’800 con i nuovi sviluppi della medicina, per ridare slancio alla cultura delle acque per la salute, e dare il via allo sviluppo delle terme moderne.

 

La piscina pubblica, oggi

A cura di Paolo Pettene

Come abbiamo già osservato in precedenti occasioni sulle pagine di TSPORT, l’attività nel campo degli impianti natatori si muove oggi su diversi binari: il recupero delle strutture preesistenti in una ricerca di soglia di convenienza; la realizzazione ex novo di impianti di dimensioni contenute con layout ottimizzato e di nuova generazione; la rimodulazione di impianti in località turistiche con pluralità di spazi acqua o un’unica vasca polifunzionale con forte connotazione ludico-ricreativa e per il benessere/loisir.

Diversamente da quanto si possa pensare, intervenire sull’esistente – e quindi ristrutturare, riqualificare un impianto ormai obsoleto sotto tutti i punti di vista, considerato che la maggior parte degli impianti pubblici esistenti risalgono agli anni 70-80 – comporta molte difficoltà tecniche e gli investimenti risultano comunque onerosi. Spesso gli interventi di ristrutturazione ed ampliamento di impianti preesistenti sono volti ad un ammodernamento degli spazi acqua disponibili con l’introduzione di vasche di nuova morfologia che vanno oltre la tradizionale vasca nuoto omologabile (la cui presenza è comunque fondamentale per le attività di avviamento al nuoto con relativa fidelizzazione dell’utenza che inizia a frequentare il centro intorno ai 6 anni e prosegue almeno fino ai 16 anni), intervenendo anche sugli spogliatoi e servizi indotti per creare ambienti colorati e luminosi, sicuri per l’utenza e che migliorano il livello globale del servizio offerto.

I grandi contenitori sportivi-natatori con finalità prettamente agonistiche realizzati nel passato non risultano purtroppo più attuabili nel mercato attuale; tralasciando impianti cittadini gestiti direttamente dalla Federazione Nuoto FIN, laddove possibile impianti del passato con una forte connotazione agonistica in gestione a società sportive registrano interventi di ammodernamento con riduzione delle profondità (per diminuire i volumi di acqua da scaldare e sanificare per un contenimento delle spese gestionali) e inserimento piuttosto di pluralità di vasche a diversa profondità e temperatura per offrire un servizio eterogeneo che va dai bambini di 3 mesi agli over 60.  Questi investimenti si rendono necessari anche per andare incontro ad un nuovo approccio all’ambiente acqua da parte dell’utenza. Con lo sviluppo delle attività di fitness in acqua infatti si è avvicinata all’impianto natatorio una fascia di utenza già adulta che pur non sapendo nuotare o avendo poca abilità nella tecnica natatoria approccia all’elemento acqua con una fruizione degli spazi di tipo verticale anziché orizzontale.

 

Anche lo sviluppo dei centri benessere ha influito sugli impianti acquatici evidenziando che l’opzione del cosiddetto “benessere” ha completato e ampliato l’offerta in certi contesti delle attività acquatiche.

C’è stato tuttavia un fenomeno di “tendenza alla banalizzazione” in particolare nei centri acquatici pubblici, con la messa in opera di soluzioni spesso standardizzate, ricercando discutibili ambientazioni emozionali ed estetiche, che non hanno trovato i necessari riscontri di gradimento, né funzionali, né di restituzione economica sul valore del servizio. Prima di qualsiasi investimento occorre sempre valutare il contesto socio-economico territoriale di riferimento, considerare i competitors, effettuare uno studio di fattibilità con la definizione di un business plan per verificare gli obiettivi sostenibili struttura per struttura.

Un impianto moderno di nuova generazione risulta efficiente e con un gradimento positivo da parte dell’utenza se accompagnato da una gestione imprenditoriale impegnata al perseguimento della qualità del servizio. Gli impianti di nuova generazione vanno progettati in modo globale per supportare tutti gli obiettivi da perseguire e per restituire anche un reddito a sostegno dell’investimento.

Oltretutto, oggi i gestori sono stati progressivamente gravati in un passaggio di rischio di impresa dal pubblico totalmente a carico del privato con l’utilizzo degli strumenti del parternariato pubblico-privato: quindi a carico del gestore sono stati imputati realizzazione degli interventi, gestione (comprensiva di tutte le utenze energetiche), manutenzione ordinaria e straordinaria, con risultati anche positivi grazie alla capacità di giovani preparati e formati (e anche numerosi ex atleti di nuoto); questo a fronte – viceversa – di un decadimento generale delle gestioni pubbliche di tipo tradizionale (comprese le cosiddette municipalità di servizi) in impianti spesso ormai datati e inefficienti.

In sintesi, l’attuale tendenza progettuale è quella della minimizzazione dell’intervento (causa principalmente le ristrettezze del budget finanziario a seguito della crisi economica o della sottovalutazione delle problematiche), procedendo con un corretto dimensionamento, evitando le semplificazioni e la banalizzazione delle soluzioni (sia nel pubblico, sia nelle concessioni private). La qualità dovrà pervenire al cliente attraverso l’ambiente e il numero di vasche presenti, che fanno la differenza laddove vengono progettati spazi d’acqua diversificati, nei quali praticare attività acquatiche e natatorie differenti, seguendo una logica di polifunzionalità in un contorno spaziale di massimo confort microambientale.

Un progettista esperto parte sempre da una base dettata dal sapere dei fattori propedeutici per definire un corretto layout, con la conseguente armatura funzionale legata al dimensionamento a sua volta dettato dalle conoscenze riguardo a come si organizza, si conduce e si gestisce un impianto acquatico, indagando i bisogni dell’utenza e tenendo conto delle condizioni prestazionali e normative che sono le stesse di quando si progetta un qualsiasi edificio pubblico, e senza dimenticare tutte le peculiarità dei dimensionamenti derivanti dalle numerose Norme UNI di settore, dall’Accordo Stato-Regioni, dai Regolamenti Federali FIN, Norme CONI, regolamenti di contenimento energetico, superamento barriere, acustica, VVF e CPVLPS.

Le norme

Se il CONI detta le norme generali sull’impiantistica sportiva – e quindi anche sulle piscine agonistiche – e la Federazione Italiana Nuoto ne specifica gli standard dimensionali (in coerenza con le norme internazionali), è solo con l’accordo del 16 gennaio 2003, che il Ministero della salute e la Conferenza tra Stato, Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano, si definiscono gli “aspetti igienico-sanitari per la costruzione, la manutenzione e la vigilanza delle piscine ad uso natatorio”. A quello del 2003 segue l’Accordo 16 dicembre 2004 tra le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano sulla disciplina interregionale delle piscine, a partire dal quale ciascuna regione ha dettato le specifiche norme locali.

Si tenga presente che gli “accordi” non hanno forza di legge, ma costituiscono una guida tecnicamente valida.

Le linee Guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità “Guidelines for safe recreational waters: Volume 2, Swimming pools, spas and similar recreational-water environments – 2005” hanno costituito un autorevole riferimento per la revisione della valutazione dei rischi per la salute, associati con piscine e ambienti simili a uso ricreativo, il loro monitoraggio e la sorveglianza e che comprendono sia valori di riferimento specifici che le buone pratiche. Tuttavia, l’evoluzione tecnica e tecnologica degli ultimi anni ha introdotto nell’uso per la disinfezione dell’acqua di piscina nuovi prodotti e tecnologie tali da rendere necessario un aggiornamento dei parametri oggetto di controllo, delle modalità di svolgimento dei controlli stessi e della necessaria verifica di tutti gli aspetti igienico sanitari delle piscine ad uso natatorio. Per questo motivo il Ministero della salute ha ritenuto opportuno, nel 2016, proporre in Conferenza Stato Regioni un nuovo accordo che sostituisca l’allegato tecnico del 2003; il testo dell’allegato è stato sottoposto a pubblica consultazione (lo potete trovare QUI), ma da allora non risulta essere stato adottato ufficialmente.

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Non tutte le regioni, dal canto loro, hanno adottato i provvedimenti di loro competenza in attuazione dell’Accordo: alcune hanno emesso una propria legge, altre hanno agito attraverso delibere di Giunta. Diverse Regioni, invece, hanno regolamentato la materia in occasione di provvedimenti dedicati a specifici temi (ad esempio la regolamentazione degli agriturismi), discostandosi quindi da quanto stabilito nell’Accordo.

L’ultima ad attivarsi è stata la Sardegna, con una Delibera di Giunta, che ha adottato un provvedimento organico, elaborato dagli uffici dell’Assessorato dell’igiene e sanità e dell’assistenza sociale della Regione Sardegna, interpellando realtà pubbliche territoriali, numerosi portatori di interesse e diverse associazioni di categoria, tra le quali Assopiscine, che si è coordinata con l’Ordine nazionale dei biologi e l’Ordine degli ingegneri di Cagliari. Trattandosi del provvedimento più recente, riteniamo utile darne lettura inserendolo nelle Schede Tecniche allegate al n. 327 di Tsport, e che potete trovare anche QUI.

Naturalmente, l’UNI ha nel tempo adottato un’ampia serie di norme tecniche, anch’esse “volontarie”, che definiscono i requisiti e i metodi di prova per impianti, attrezzature e prodotti, che sono richiamate anche nelle pagine di questo “Speciale” laddove utili a inquadrare i temi trattati.

Trovate QUI il riepilogo delle norme tecniche UNI riguardanti il tema dell’acquaticità.

Per le altre informazioni tecniche riguardanti gli impianti per le attività natatorie consultate gli “Strumenti per il progettista” alle voci NUOTO, PALLANUOTO, TUFFI.

(Credits: Shutterstock.com n.5)