Speciale Gestione 1 – Affidamenti in gestione: statistiche e norme

Valutazioni sulle modalità di affidamento degli impianti sportivi pubblici e sulla pubblicazione dei bandi a evidenza pubblica in base ai dati del nostro osservatorio.

Pubblicazione cartacea su: Tsport 359
Tornelli per la gestione degli ingressi in uno stadio (foto hanohiki/Shutterstock).

Se crediamo di riuscire a monitorare gli affidamenti in gestione degli impianti sportivi da parte degli Enti pubblici proprietari attraverso i bandi pubblicati, dobbiamo rinunciare ad avere una informazione completa.

Questo è dovuto – almeno in parte – alle norme vigenti, che nonostante i proclamati principi della trasparenza consentono di affidare la gestione degli impianti sportivi senza passare attraverso i normali mezzi di informazione, quelli che riescono ad essere intercettati dai programmi di selezione dei bandi pubblici.

Il nostro sistema di controllo sull’impiantistica sportiva, i cui dati sono sinteticamente riportati nella newsletter mensile “Costruendo”, ha rilevato negli ultimi 20 mesi (gennaio 2023-agosto 2024) 619 bandi relativi all’affidamento in gestione di impianti sportivi.

Tra questi sono compresi gli avvisi relativi a manifestazioni di interesse e le indagini di mercato, che quindi non determinano immediatamente una procedura di affidamento; inoltre vi rientrano i bandi di partenariato pubblico privato, che implicano progettazione, realizzazione e la successiva manutenzione di impianti.

Tolti questi, i veri e propri bandi di affidamento risultano 551.

Nel complesso, i bandi in cui viene espressamente citato il termine “concessione” sono il 68% (e tuttavia non c’è da fare affidamento sul fatto che vi corrisponda la procedura omonima prevista dal Codice degli appalti, DLgs 36/2023).

Il valore dell’affidamento, indicato nel bando, con esclusione delle procedure di partenariato o di realizzazione e successiva gestione, che hanno tutt’altri parametri economico-finanziari, risulta in media di 1.290.000 euro, tenuto conto che nel 9% dei casi il valore del contratto è pari a zero.

Ma l’aspetto più interessante si rileva nella distribuzione territoriale dei bandi pubblicati. Le differenze da regione a regione sono abissali, denotando diverse modalità di comportamento delle Pubbliche Amministrazioni, forse dovute in parte alle leggi regionali che prevedono, come consentiva l’art. 90 della Legge 27 dicembre 2002 n.289, comma 25 (abrogato però dal Decreto Legislativo 28 febbraio 2021, n. 38 in attuazione dell’articolo 7 della legge 8 agosto 2019, n. 86, recante misure in materia di riordino e riforma delle norme di sicurezza per la costruzione e l’esercizio degli impianti sportivi e della normativa in materia di ammodernamento o costruzione di impianti sportivi), specifiche modalità di affidamento delle concessioni.

Qualunque sia il motivo, a fronte di regioni come il Friuli Venezia Giulia o L’Emilia Romagna (con oltre 21 bandi per 10.000 abitanti), troviamo il Veneto, territorialmente limitrofo, che vanta meno di 5 bandi per 10.000 abitanti, al pari di alcune regioni del centro-sud come il Lazio, la Calabria, la Sicilia.

Prima di rifare il punto sulla normativa, verifichiamo anche la durata prevista delle concessioni. Nei casi in cui tale durata è predefinita, una su cinque prevede la possibilità di una proroga al termine del periodo inizialmente indicato.

Considerata anche la durata della proroga, la durata delle concessioni varia da un anno a 30 anni; il termine che ricorre con maggior frequenza è di 5 anni (nel 25% dei casi), seguito da 2 oppure 3 anni.

Il quadro normativo

Delle norme vigenti abbiamo già parlato in passato, mettendo in evidenza, in particolare, le incertezze introdotte dalla cosiddetta riforma dello sport con il decreto legislativo n. 38 del 2021 (rubrica “Sport Consulting”a cura di Donato Foresta).

La Delibera ANAC del 14 dicembre 2016, indica la possibilità di affidare la gestione degli impianti sportivi pubblici mediante procedura selettiva, distinguendo le due casistiche:

– impianti con rilevanza economica, affidabili come concessione di servizi;

– impianti privi di rilevanza economica, la cui gestione è qualificabile come appalto di servizi.

Dui questa distinzione abbiamo parlato su Sport&Impianti nella rubrica “Diritto & Sport” a firma dell’avvocato Valentina Porzia.

Con il Decreto Legislativo n. 38 del 28 febbraio 2021 (“misure in materia di riordino e riforma delle norme di sicurezza per la costruzione e l’esercizio degli impianti sportivi e della normativa in materia di ammodernamento o costruzione di impianti sportivi”), viene introdotta la possibilità, da parte di ASD o SSD senza fini di lucro, di proporre interventi di “rigenerazione, riqualificazione e ammodernamento e la successiva gestione” dell’impianto sportivo, “con la previsione di un utilizzo teso a favorire l’aggregazione e l’inclusione sociale e giovanile” (art. 5).

Se l’ente locale riconosce l’interesse pubblico del progetto, affida direttamente la gestione gratuita dell’impianto all’associazione o alla società sportiva per una durata proporzionalmente corrispondente al valore dell’intervento e comunque non inferiore a cinque anni.

Viene quindi meno, in questo caso, la selezione pubblica, e non sono previsti canoni a favore dell’ente pubblico. Rimane ambigua la natura della rilevanza economica dell’impianto: se il proponente effettua lavori di riqualificazione dovrà rientrare dell’investimento (impianto a rilevanza economica). Gli impianti privi di rilevanza economica dovrebbero dunque seguire le vecchie procedure.

Passando all’articolo 6 del Decreto, “la gestione è affidata in via preferenziale a società e associazioni sportive dilettantistiche, enti di promozione sportiva, discipline sportive associate e federazioni sportive nazionali, sulla base di convenzioni che ne stabiliscono i criteri d’uso e previa determinazione di criteri generali e obiettivi per l’individuazione dei soggetti affidatari”.

In tal caso si applicano le procedure previste dal Codice degli appalti (d.lgs. 36/2023):

– Art. 50, comma 1, lett. B: “…le stazioni appaltanti possono procedere ad affidamento diretto dei servizi di importo inferiore a 140.000,00 €, anche senza consultazione di più operatori economici, assicurando che siano scelti soggetti in possesso di documentate esperienza pregresse idonee all’esecuzione delle prestazioni contrattuali”.

– Art. 17, comma 2: “…in caso di affidamento diretto la stazione appaltante può procedere all’assegnazione dell’appalto specificando l’oggetto dell’affidamento, l’importo, il fornitore, le ragioni della scelta del fornitore, il possesso dei requisiti di carattere generale, nonché il possesso dei requisiti tecnici professionali, ove richiesti”.

Gli enti pubblici, scorrendo i bandi e gli avvisi pubblicati, si destreggiano fra queste norme, citando spesso questi ultimi commi, e procedendo quindi con affidamenti che, rimanendo “sotto soglia”, possono essere diretti e senza procedure di gara.

Vai agli altri articoli dello Speciale: