Speciale Padel: Torino, il padel entra nel Motovelodromo

Breve spunto sul progetto di riqualificazione del Motovelodromo di Torino.

Pubblicazione cartacea su: Tsport 345
motovelodromo torino speciale padel
La nuova pista ciclistica davanti ai campi di padel (foto motovelodromo.it).

Spazi sportivi per la cittadinanza, e dove ricavarli. Potrebbe essere questo (parafrasando il titolo di una recente saga cinematografica fantasy) il concetto che sta guidando la riqualificazione del Motovelodromo di Torino. Un intervento a lungo atteso dal quartiere, e dalla città, e che finalmente si sta concretizzando con l’attuale fase di cantiere, con l’obiettivo di restituire alla zona un rinnovato polo sportivo accessibile a tutti e, allo stesso tempo, riuscendo a conservare e valorizzare un’architettura sportiva storica che rischiava di scomparire.

Sì, perché il Motovelodromo di Torino è a tutti gli effetti l’impianto sportivo più antico del Piemonte fra quelli attualmente in uso (supera di un anno lo Stadio Natale Palli di Casale, 1921). E perderlo per miopie e lungaggini amministrative e progettuali sarebbe stata una grave occasione mancata.

Inaugurato nel maggio 1920, e attualmente intitolato al campione di ciclismo Fausto Coppi, il Motovelodromo è stato luogo dello sport torinese in tanti momenti diversi e per molteplici discipline. E se un secolo fa era nato principalmente per assecondare la grande passione del ciclismo su pista (e in seconda battuta, delle corse motoristiche), a poco più di 100 anni di distanza in suo soccorso è arrivato lo sport che potremmo definire “di gran voga per gli anni ‘20 contemporanei”: il padel.

Schema di progetto.

Infatti, grazie all’intervento della società Padel M2 che ha rilevato la struttura dal Comune, impegnandosi nel progetto di recupero, l’anello di pista che ha visto transitare varie edizioni della Milano-Torino oggi abbraccia uno spazio verde convertito alle architetture trasparenti e regolari del gioco del padel (8 campi), a cui si aggiungono 4 campi da beach volley. E tutto questo grazie a un progetto di recupero (attualmente work in progress, come si dice), firmato dallo studio Baietto Battiato Bianco, che punta a valorizzare le strutture originarie dello stadio in sé, rinnovandone la funzionalità per l’epoca contemporanea: la grande curva parabolica, i locali sottostanti, gli ingressi ad arco e le due piccole tribune laterali, il cui destino si era ormai perso sotto il peso del tempo.

Il Motovelodromo, d’altronde, fu progettato dall’architetto Vittorio Eugenio Ballatore di Rosana, fra i principali esponenti del liberty torinese (di cui si ritrovano alcuni dettagli anche qui), ed è una testimonianza dell’architettura sportiva del primo Novecento che altrimenti – almeno in Piemonte – si è quasi del tutto perduta: a Torino, peraltro, dopo la scomparsa del vecchio Stadio Filadelfia (1926-1998) e le lontane memorie dello Stadium (1911-1946), è davvero l’unica eredità dei primi trent’anni del secolo, ancora esistente.

L’arco trionfale a tre fornici, che regala un accesso aulico e staccato dalla struttura principale; le piccole ma eleganti geometrie delle ringhiere; le doppie modanature dei parapetti e delle scale. In uno spazio incastonato fra la collina torinese e un’ansa del fiume Po, in un quadrante dove le abitazioni del quartiere quasi si affacciano verso l’impianto, il Motovelodromo non era solo un’architettura storica da salvare ma soprattutto un’occasione per riuscire a rinnovare uno spazio sportivo aulico della città. E sul prato dove passò anche il Torino Calcio, la Nazionale Italiana e, addirittura, la band inglese dei Roxy Music, l’intervento che sta prendendo forma riesce a dare un nuovo futuro a questo luogo, ancora una volta in stretto legame con gli abitanti del quartiere e con lo sport.