Le origini dell’atletica leggera in Italia

Un rapido excursus sulle scelte fatte nel corso dei decenni per favorire la realizzazione di impianti sportivi dedicati, in particolare, all’atletica leggera.

Pubblicazione cartacea su: Tsport 339
Napoli, campo sportivo del Littoriale (1929), ora Stadio Collana.

Si legge sul n.11 (novembre 1929) dell’influente rivista “Lo Sport fascista” fondata da Lando Ferretti, già presidente del Coni e capo dell’ufficio stampa del Duce, in un articolo firmato Augusto Parboni:

Invogliare il popolo a partecipare a manifestazioni sportive collettive non è cosa facile, sopra tutto in Italia, ove, fino a qualche anno fa, la massa dei lavoratori si manteneva estranea a qualsiasi iniziativa. Tutte le organizzazioni del Dopolavoro tendono a questo scopo: muovere – invogliando all’esercizio fisico con formule adatte – masse considerevoli non d’atleti nel puro senso della parola, ma di giovani che si addestrino in sani esercizi fisici, senza pretendere, come ultimo fine, di battere un record o di vincere una Olimpiade. (…) Da una parte sarà bene studiare sempre più per poter perfezionare il singolo, ma dall’altra non bisogna trascurare la massa dalla quale domani quel singolo potrà essere espresso. Questi sono i due campi di attività sportiva ai quali il Regime, con il CONI e col Dopolavoro, dedica le sue cure e rivolge la sua costante attenzione”.

I “Campi del Littorio”

È questo lo spirito con il quale il regime fascista diede un forte impulso alla creazione degli impianti sportivi in Italia (con scopi, s’immagina, anche politici di controllo delle masse). È del 1928 la nomina del segretario del Partito Augusto Turati a commissario del Coni, organismo che diventava di fatto mero esecutore delle scelte politiche in materia.

Ecco allora la necessità di dotare ogni Comune italiano di adeguate attrezzature sportive. Al di là dei grandi stadi monumentali, è interessante in questa sede rilevare l’iniziativa dei “Campi del Littorio”, promossi attraverso incentivi ai Comuni che potevano aggirare i vincoli di bilancio considerandoli opere di pubblica utilità.

Lo stesso numero della citata rivista proclama, allo scadere dell’ottavo anniversario della “Rivoluzione”, la realizzazione di oltre 400 campi in tutta Italia. Sulla scorta di un progetto-tipo elaborato nel 1927 dall’ing. D’Albora, i Campi del Littorio dovevano contemplare: campo di calcio, pista atletica, pedane per i lanci e i salti, tribune parzialmente coperte per almeno 1.500 spettatori, con sottostanti uffici, magazzini, spogliatoi e palestre. Con riferimento a una proposta di legge del 1919 del deputato Giuseppe De Capitani D’Arzago per l’incremento della educazione fisica, che non aveva avuto seguito, si legge: “Se aspettavamo dall’Italia parlamentaristica e parolaia, il progetto del deputato De Capitani sarebbe ammuffito negli archivi; il fascismo ha fatto sua l’idea e l’ha concretata nei fatti. Si costruisce”.

Di fatto il 28 ottobre del 1929 i quattrocento Campi del Littorio erano tracciati, anche se non sempre completi e agibili: come mostrano le immagini a corredo dell’articolo citato. E d’altra parte molti di questi sono tuttora riconoscibili e spesso anche in uso dopo novant’anni.

La FIDAL era nata nel 1926; ma il primo impianto ufficialmente omologato per l’atletica leggera si fa risalire al 1939, con il collaudo del Campo Sportivo della Società Virtus Bologna Sportiva in Via Valeriani, tuttora esistente (ma non agibile).

I Campi Scuola

Una nuova fase di sviluppo dell’impiantistica atletica è da riferire al programma “un Campo Scuola di atletica leggera per ogni Capoluogo di Provincia”, che negli anni ’60 portò alla realizzazione di una settantina di impianti, fra cui il campo scuola di Grosseto, intitolato al dirigente FIDAL Bruno Zauli, promotore dell’iniziativa.

Un’ultima fase di progresso, stimolata dall’attività di promozione, sia sul piano comunicativo che di formazione tecnica, attuata dalla FIDAL di quegli anni guidata da Primo Nebiolo, portò a un’ulteriore diffusione degli impianti nei Comuni italiani durante gli anni ’80. Anzi, è proprio grazie agli amministratori pubblici che, facendo uso degli allettanti strumenti legislativi di contribuzione dell’epoca, della realizzazione di opere a scomputo degli oneri e della particolare operosità dell’Istituto per il Credito Sportivo e della Cassa Depositi e Prestiti, si è attuata una vera e propria “colonizzazione atletica” dei centri urbani.

Qui si arresta l’espansione dell’impiantistica sportiva per l’atletica leggera, superata negli ultimi decenni da sport più popolari: fino alle novità che segnaliamo da pochi anni a questa parte, e di cui parliamo negli altri articoli che fanno parte dello “Speciale” pubblicato in Tsport 339 (vedi “articoli correlati” nella colonna a lato).

(Una parte delle circostanze storiche riportate sono attinte da scritti di Livio Toschi in “Quaderni della Società Italiana di Storia dello Sport” e di Gianfranco Renzulli in “Spazio Sport” n. 32/2015, oltre che dalla rivista “Lo Sport fascista” n. 11 del novembre 1929).