L’impianto di atletica leggera tra oggi e domani

Nel corso degli anni sono state numerose le pubblicazioni che hanno cercato di approfondire il tema legato alla corretta progettazione di un impianto di Atletica Leggera, alcune ospitate anche dalla nostra rivista, a testimonianza che anche in un ambito così apparentemente vincolato dal rispetto di regolamenti e normative ci sia spazio per concreti sviluppi creativi.

Pubblicazione cartacea su: Tsport 339
l’Athletic Exploratorium di Odense (Danimarca), Dipartimento di Scienze Motorie e Biomeccanica della University of Southern Denmark; progetto CF Møller Architetti (Google Earth).

I termini, come di consueto, variano intorno alla differenza fra progettare e progettare bene e nel caso di una pista di Atletica la differenza non è di poco conto; il primo aspetto è legato essenzialmente al rispetto formale di quanto previsto per rispondere alle esigenze di omologazione previste dalla Federazione, diverso è il secondo caso dove al rispetto di quanto indicato devono essere aggiunte (opportunamente realizzando o modificando quanto già esistente) correzioni, valutazioni intrinseche, analisi d’uso attuale e futuro dell’impianto, esame dell’utenza principale, risorse gestionali per manutenzione ordinaria e straordinaria, etc.

Non intendendo fare del presente articolo una trattazione troppo specialistica e magari tediosa, mi limiterò ad analizzare i due principali contesti di utilizzo che determinano la prerogativa di ogni complesso sportivo: impianto specialistico e impianto per l’attività di base.

Il primo presenta soluzioni necessariamente formali, legate al rispetto dei modelli ampiamente diffusi e riferibili a schemi regolamentari, mentre il secondo è quello che senza dubbio riveste maggiore interesse, soprattutto per la varietà di soluzioni che può garantire.

L’Exploratorium e altre esperienze

Tsport ha ospitato diversi esempi per il training di base e senza dubbio uno dei più interessanti è il pluripremiato impianto danese di Odense, l’Exploratorium, che con la sua varietà negli andamenti planoaltimetrici ha ispirato una moltitudine di progettisti in tutto il mondo.

Il senso di questa realizzazione, che ha veramente creato una rottura con gli schemi tradizionali del passato, aldilà delle scelte cromatiche sicuramente accattivanti, è stata quella di ripensare l’idea stessa del movimento ora rettilineo ma anche curvilineo, su piani non costanti anzi volutamente artefatti.

A questo bell’esempio sono seguite numerose “ispirazioni” con il medesimo intento di creare spazi divertenti ed innovativi dove svolgere una pratica altrimenti estremamente specialistica nei suoi aspetti peculiari.

Il vero obiettivo di questi impianti non consueti è far svolgere l’attività motoria aerobica in modo sorprendentemente leggero soprattutto a chi non ha buone capacità di adattamento alla fatica cardiomuscolare e teme le lunghe sedute in pista. Gli impianti di base, ovvero i “Playground” come definiti dalla Federazione di Atletica Leggera, sono il vero terreno di sfida creativa dei progettisti: non conta il numero delle corsie, la loro lunghezza, il loro andamento più o meno curvilineo o altimetrico, che siano presenti tutte le pedane o che la lunetta sia più o meno ampia, l’unico elemento qualitativo è la capacità di divertire, di attrarre. A queste strutture outdoor si devono affiancare, necessariamente, spazi indoor utili per proseguire l’attività nelle giornate piovose o nelle stagioni inclementi; essi devono essere dotati di ampie vedute sugli ambiti all’aperto per non far perdere, nemmeno sensitivamente, il contatto con la disciplina regina degli Sport. Gli spazi al chiuso, oltre a dimensioni utili per consentire le prove di velocità e di salti, devono essere opportunamente attrezzate in modo tale da garantire il potenziamento muscoloscheletrico del praticante. In modo divertente. Non già file di dischi e bilancieri olimpionici, ma corde, pertiche, ostacoli per cimentarsi a tempo su percorsi appassionanti. Questo è il futuro degli impianti propedeutici alla disciplina atletica, capirlo e venire incontro a tali esigenze significa conquistare vaste porzioni di nuove leve ed accrescere in prospettiva il peso e la qualità del nostro medagliere olimpico.

(Stefano Longhi è coordinatore della Commissione Impianti Sportivi Fidal)

Questo articolo fa parte dello Speciale Atletica pubblicato su Tsport 339: vedi gli “articoli correlati” nella colonna a destra.